La politica è l’arte dell’inganno, come ad esempio semplificare un discorso complesso e raccontare ai propri elettori che esiste un mostro, di nome Amazon, ed è colpa sua se il mondo va a rotoli. Ma la società evade davvero? Oppure il discorso è più complesso?
Mentre tutta Italia era impegnata a guardare alle proposte di Letta e del PD, Amazon ha vinto la battaglia per le tasse contro la Commissione. L’origine della vicenda riguarda i rapporti fra Amazon e il Lussemburgo, che avrebbe riservato un trattamento fiscale agevolato alla compagnia. Per capire al meglio il tutto bisogna partire dal 2006, quando Amazon si dota di una struttura operativa composta da due società lussemburghesi.
La prima è LUX1, società in accomandita semplice che quindi è trasparente, nel senso che, come tutte le società di questo tipo, non subisce una tassazione diretta in quanto il reddito prodotto viene attribuito ai soci, i quali vengono tassati. Questa società è posseduta da entità statunitensi.
Abbiamo poi un’altra società di capitali, chiamata LUX2, che quindi non è trasparente. Significa che i redditi vengono direttamente tassati in capo alla società e non ai soci. Quest’ultima è posseduta dalla società in accomandita semplice LUX1.
Ora, LUX1 ha un accordo con l’ente statunitense. Sulla base di questo accordo LUX1 paga una certa somma per usufruire di tecnologie, dati sui clienti e marchi dell’ente statunitense, sulla base di una somma predeterminata per i costi fissi e una componente variabile per legata allo sviluppo degli asset: per farla semplice, se migliora la tecnologia, allora LUX1 sostiene un costo legato a questo sviluppo, che ovviamente versa nelle casse americane.
Dopo di che LUX1 concede attraverso royalties a LUX2 il diritto di sfruttare questi asset. Infine, LUX2 concede a sua volta questo diritto alle sue controllate, ovvero le società che operano nei vari paesi europei.
Amazon, prima di procedere a questa strutturazione chiede alle autorità del Lussemburgo una verifica del proprio modello, per scongiurare possibili problemi fiscali. Il Lussemburgo non rileva problemi di sorta.
Ora ritorniamo sul ragionamento iniziale, perché quando parliamo di royalties parliamo di un ricavo imponibile per una società e di un costo deducibile per l’altra: LUX2 che paga le tasse in Europa ha una base imponibile ridotta perché appunto ha un costo importante che può portarsi in deduzione. Il ricavo invece di LUX1 non trova tassazione in Europa, in quanto società trasparente, e quindi la tassazione passa in capo ai soci, in questo caso un ente statunitense.
Ora, bisogna anche capire che la royalties non è calcolata liberamente, ma basata su quanto stabilito dalla normativa internazionale, ovvero sulla base del Transactional Net Margin Method
Per comprendere la questione non ci interessa entrare nella metodologia di calcolo di questo strumento, ci interessa sapere che la Commissione ha sollevato dubbi sull’applicabilità del metodo, dubbi che però la Corte dei Conti Europea non ha reputato sufficienti. Secondo la sentenza di qualche giorno fa, non vi sarebbero prove dell’utilizzo incorretto della metodologia di calcolo.
Sul tema ognuno può avere opinioni e soluzioni diverse, il web è ricco di reinventati fiscalisti, e io onestamente non ho la bacchetta magica, però appare evidente che in questo caso Amazon non stia andando contro la legge e che quindi non evada tecnicamente alcuna regola fiscale. C’è da chiarire quindi se si tratta di una situazione di elusione o di lecito risparmio di imposta.
E sono due cose completamente diverse.
Da una parte si ha l’aggiramento di una norma per ottenere un risparmio fiscale indebito, e dall’altra parte si ha una situazione in cui il contribuente usa gli strumenti fiscali a proprio vantaggio perché ne ha diritto.
La mia opinione è che Amazon non stia facendo nulla di sbagliato, d’altronde le imposte vengono “solo” passate da un continente all’altro per quanto riguarda ovviamente quelle sul reddito di impresa. Invece tutte le altre tasse e imposte, come per esempio quelle legate ai contributi o al sostituto di imposta, vengono versate correttamente nei paesi europei.
Come al solito la politica cerca di spiegare un concetto complesso confondendo termini e fatti, e giustamente il cittadino finisce per credere al suo rappresentante. Questa storia ci dimostra ancora una volta che purtroppo la libertà senza conoscenza e coscienza non è nulla.