Additati come stolti e poco lungimiranti “quelli che hanno fatto il variabile“ stanno in realtà ancora vincendo la scommessa contro il tasso fisso. Coloro che hanno stipulato un mutuo con tasso variabile e si sono visti raddoppiare la rata hanno di contro risparmiato moltissimo negli anni precedenti, grazie a rate più contenute. Non solo, ma anche prospetticamente, da ora ai prossimi 30 anni, si prevede spenderanno complessivamente molto meno di coloro che hanno più prudenzialmente optato per un tasso fisso.
A conferma di questo i futures sui tassi di interesse stimano una flessione già nel corso del 2024 e non è un caso che oggi il fisso (TAEG ~4%) costi meno del variabile (TAEG ~4,8%): le banche sono infatti perfettamente consce che sul lungo periodo un ribasso dei tassi, che condurrà il variabile al di sotto del fisso, sia pressoché inevitabile.
La politica nelle ultime settimane ci ha spesso parlato di famiglie in difficoltà a causa dell’aumento dei tassi di interesse imposto dalla BCE, nel goffo tentativo di giustificare un intervento statale a sostegno di quella che viene propinata come un’emergenza nazionale. Il quadro è però meno tragico di quanto i proclami possano far pensare: anzitutto in Italia solo il 20% delle case di proprietà è gravato da un’ipoteca. Nonostante poi l’acquisto di un’abitazione sia sostenuto da un mutuo circa una volta su due, solo il 10% delle famiglie sceglie un mutuo a tasso variabile. Il restante 90% ha sempre preferito il fisso, con un importante aumento del variabile con cap (limite massimo di variazione del tasso) nel 2022, che tutela il firmatario da ampi rialzi.
In sostanza su circa 20 milioni di prime case solo 3,5 milioni hanno un’ipoteca e solo 350 mila ne hanno una associata ad un mutuo a tasso variabile. Non è poi assolutamente scontato che una rata raddoppiata, seppur momentaneamente onerosa, abbia automaticamente condotto ogni famiglia in una situazione di difficoltà o inadempienza conclamata: la larga maggioranza è oggi in grado di adempiere ai propri oneri, consapevole che i sacrifici di oggi ripagheranno un domani più del tasso fisso.
Infine, anche qualora si accumulino ritardi nei pagamenti, non è detto che la colpa sia automaticamente da imputare al tasso variabile: complice l’inflazione galoppante molte situazioni di sofferenza si sarebbero purtroppo verificate anche con il tasso fisso. Non sarebbe quindi una diminuzione dei tassi, oggi più che mai pericolosa, a togliere magicamente chiunque dall’impasse.
È proprio l’inflazione la vera minaccia alle famiglie, che negli scorsi due anni hanno visto il loro stipendio eroso di più del 10%. Il rialzo dei tassi era inevitabile e va perseguito con determinazione, seppur come spesso detto occorra contrastare con politiche adeguate e non sempre di facile attuazione anche le singole componenti dell’inflazione. Di contro un aiuto di Stato per i mutui potrebbe invece concorrere all’aumento dei prezzi degli immobili e ad una ulteriore svalutazione della moneta.
Come già detto coloro che hanno un mutuo a tasso variabile potranno vantare un costo totale del credito nettamente inferiore rispetto al tasso fisso. Se momentaneamente si trovano in situazione di difficoltà spesso hanno già rimborsato una quota considerevole del capitale: vendendo l’immobile estinguerebbero il mutuo, cancellerebbero l’ipoteca e disporrebbero comunque di un cospicuo anticipo per stipulare un nuovo mutuo di importo minore, magari a tasso fisso.
Un ubiquitario sostegno a spese dei contribuenti oltre che di dubbia efficacia sarebbe anche fuori luogo per queste persone, non tanto perché sono state stolte ma al contrario perché hanno compiuto nella maggioranza dei casi una scelta finanziaria remunerativa, si trovano già in posizione di vantaggio rispetto alla maggior parte delle famiglie. Un generico aiuto per i mutui a tasso variabile su qualsiasi tipo di immobile con la scusa della “casa degli italiani da salvare” avvantaggerebbe ulteriormente ed ingiustificatamente persone abbienti e senza particolari difficoltà, che magari hanno scelto una casa troppo costosa rispetto alle proprie possibilità ma che sono tranquillamente in grado di permettersene un’altra.
Occorre infine ricordare che per le famiglie che faticano a pagare la rata del mutuo sono possibili rinegoziazione e surroga oltre all’accesso ad un sostegno specifico, il fondo Gasparrini, che consente la sospensione del rimborso del capitale e l’ammortamento del 50% degli interessi del periodo di sospensione a carico dello Stato. Tale fondo, già a regime da anni, può eventualmente essere ampliato e reso più accessibile, ma rappresenta di per sé uno strumento importante e di comprovata efficacia.
Occorre quindi affrontare con pragmatismo la questione abitativa, senza dimenticare le fasce più deboli ed esposte al rischio di insolvenza ma senza nemmeno scadere in facili proclami politici, che fanno di tutta l’erba un fascio e che, come già accaduto con il Superbonus 110, servendosi dello spauracchio delle famiglie italiane in crisi finirebbero per promulgare provvedimenti a maglie larghissime, atti ad arricchire indebitamente una fetta di cittadinanza priva di reali ed impellenti necessità, come al solito a spese di tutti.
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