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Un nuovo tentativo italiano
Ecco, oggi per guardare avanti occorre prima fare i conti con il passato; un tentativo serio di costruzione di un partito liberal-liberista in Italia che non sia chiuso nelle conventicole, e che sappia parlare al paese un linguaggio diverso da quello dei partiti conservatori di destra e di sinistra, deve innanzi tutto accettare l’eredità della prima esperienza liberale, incluso il suo fallimento, ma rilanciando con forza sui suoi pilastri: il liberalismo (di cui il liberismo è il corollario economico) e il patriottismo, inteso come volontà di costruire lo stato degli italiani, in grado di superare la frammentazione e conservarne l’unità politica e culturale.
È inutile pretendere di fondare la politica liberal-liberista italiana rifacendosi ad esperienze di altri paesi (vedi Margaret Thatcher o Ronald Reagan); oppure, tentando un pot-pourri di riformismo- progressismo in salsa socialista, che non ha radici culturali nel liberalismo italiano (men che meno il liberalsocialismo di Rossetti e Rossi, che nasce come esperienza della sinistra antirivoluzionaria).
L’unità politica degli italiani
I liberali, nella politica italiana, sono nati per risolvere il problema dell’unità politica degli italiani, la cui mancata soluzione, pure da parte del fronte antifascista nato il 25 aprile del 1945 che ha governato l’Italia nella cosiddetta Prima Repubblica, rende urgente la ricostituzione del partito distrutto dal crollo del regime liberale post-unitario.
La democrazia cristiana e il partito comunista non torneranno nelle forme in cui li abbiamo conosciuti, anche per il diverso contesto geopolitico internazionale. Mentre la reazione alle pulsioni populiste, eredi delle tradizioni antinazionaliste, che per loro natura tendono a disgregare e a distruggere lo stato, potrà avvenire, da destra, con la riedizione politica del fascismo (in cui ci si stringe attorno alla “purezza” culturale italiana, veicolata dal “sangue”, e si tenta di superare le istanze dei particolarismi e dei localismi, con l’irrigidimento istituzionale e attraverso una maggiore concentrazione di potere, foriere di tensioni distruttrici), oppure, da sinistra, mediante l’estremizzazione dell’esperienza radical- socialista (con lo scioglimento dello stato nella “rappresentanza” di categorie ed istanze e con il multiculturalismo derivante da una immigrazione lasciata al caso e alle pulsioni produttive, che indeboliranno il pilastro culturale dell’unità, e non potranno che risolversi, con istituzioni “liquide”, nella perdita dell’identità come paese e quindi nello scioglimento in una Europa degli stati più forti).
La proposta per un nuovo partito di ispirazione liberale non può che partire dalla constatazione che oggi, nei primi anni 20 del XXI secolo, gli italiani si trovano con gli stessi sentimenti dei loro avi di due secoli prima.
Frustrazione, senso di inadeguatezza finanche rabbia che si sfogano al seguito di leader populisti e in una lotta di tutti contro tutti, di chi non vede un futuro e cerca di arraffare quanto può con quel mix di crudeltà e disperazione che si vedono solo nei momenti di vera tragedia umana. Sentimenti che hanno una causa precisa nell’incapacità delle classi dirigenti di costruire uno stato funzionante, in grado di superare la frammentazione politica, senza però perdere il collante dell’idea di destino comune che deriva dalla tradizione culturale del paese.
Un nuovo partito politico liberal-liberista può quindi nascere se si pone l’obiettivo di superare, attraverso proposte concrete, questo problema storico del paese, conscio degli errori commessi in passato e traendone lezioni per il futuro.
I fondamenti da cui ripartire
Un partito radicato nella tradizione liberale italiana: fondato quindi sulla difesa dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge; sul patriottismo inteso come tensione unitaria del popolo italiano, sia dal punto di vista culturale, sia da quello politico-istituzionale; e, infine, sul liberismo economico come strumento di generazione delle risorse necessarie a sostenere forme sostenibili di protezione sociale per tenere insieme il paese. Liberismo come un elemento strumentale, nella consapevolezza che i padri liberali furono liberisti, ma anche protezionisti e finanche statalisti, attraverso i numerosi “salvataggi” pubblici delle banche, già allora “too big to fail”.
Patriottismo, quindi, come sinonimo di unità culturale, proiettata nel nuovo paese dell’immigrazione, dove il “sangue” e la religione hanno oramai perduto la loro forza di potente collante degli italiani. Unità che presuppone il rifiuto del multiculturalismo, della rappresentanza confessionale o il finanziamento dai paesi di origine; ma che fa perno sulla lingua, sulla storia comune di italiani di prima, seconda e successive generazioni, senza nascondere i drammi e le vergogne, e che si fonda sul patto della mobilità sociale e quindi sulla scuola delle competenze per tutti.
Patriottismo anche però come fondamento dell’unità politica: di un nuovo stato che tenga insieme la diversità senza inciampare nei particolarismi e in cui tutti gli italiani possano riconoscersi. Una sfida che significa necessariamente superare l’architettura istituzionale attuale, senza rinunciare alla democrazia rappresentativa e alle libertà, attraverso una divisione dei poteri “verticale”, chiara e fondata sull’assunzione di responsabilità (ad esempio, mediante il federalismo al livello provinciale, cuore pulsante della vita pubblica italiana, a cui associare un presidenzialismo ed un governo ad elezione diretta, per dare un volto istituzionale alla repubblica federale. Scelta che dovrebbe trovare coerentemente riflesso nella forma federale del partito stesso).
Insomma, un nuovo partito dei liberali e liberisti che nasca per l’urgenza di riprendere il viaggio verso l’unità politica degli italiani, conservandone l’identità culturale e le istituzioni democratiche fondate sull’uguaglianza.
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