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Unione e unicità: l’Inaugural Address di Biden

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Joe Biden è il quarantaseiesimo presidente degli Stati UNITI d’America. No, non è una svista e non ho neanche dimenticato il caps lock attivo: la parola “uniti” è volutamente scritta in grande.

Come ricordava Ronald Reagan nel suo Inaugural Address del 20 gennaio 1981, l’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America è un momento che tutto il mondo aspetta e ammira con grande emozione, percepito alla stregua di un miracolo. Ma non per gli americani che ormai accettano la cerimonia come un atto routinario. Reagan tentò di sottolineare sin da subito l’importanza di quel momento.

Il discorso e il giuramento di Joe Biden e Kamala Harris sono stati ascoltati in tutto il mondo, in Italia è stato trasmesso da molte emittenti. Un giuramento che sa di liberazione da quattro degli anni più bui che l’America si è trovata ad affrontare: quelli dell’amministrazione Trump. Joe Biden è stata la risposta di un’America che non ha perso la propria strada, non ha perso la via della democrazia, un’America non spezzettata, non divisa, in grado di rispondere in maniera resiliente e democratica a quelli che sono i pericoli del populismo.

In questi quattro anni l’America, terra di incontri, di conquiste, di diritti, di libertà, di culture, di etnie e anche di contraddizioni, è stata messa a dura prova da un linguaggio duramente xenofobo, che ha letteralmente spezzato in due il tessuto sociale americano, di cui la massima espressione è quella bandiera delle nazioni confederate sventolata all’interno del Campidoglio.

Joe Biden si pone in netta rottura con questo clima sin da subito. Nel suo Inaugural Address ha snocciolato i temi sui quali maggiormente premerà durante la sua presidenza, ed ha pregato per le quattrocentomila vittime che il virus ha generato. Ma prima di tutto ha battuto forte su un particolare campo semantico: quello dell’unione/unicità. Biden è cosciente del compito che gli spetta: riunire l’America, riavvicinare le fazioni polarizzate politicamente, riunire i cittadini che oggi si trovano a ruggire da lati opposti di una stessa nazione.

Ringrazia il vice-presidente Pence e ricorda l’unicità dell’America, un’unicità che è però perseguibile soltanto attraverso l’unione sociale. Insistendo molto sulla strada che “we as americans have to do togheter”, Joe Biden riesce magistralmente a far confluire il “noi inclusivo” verso una sola parola: l’America.

Joe Biden nel suo discorso si pone come il presidente di tutti gli americani. Egli sottolinea inizialmente come la sua elezione sia legittima. Dice che la democrazia americana è stata messa a dura prova, ma questa è più forte di ogni tentativo di sovvertirla e ha risposto positivamente circa il suo stato di salute, eleggendo un presidente che si pone come il presidente di tutti gli americani, anche quelli che non l’hanno votato.

Cerca dunque legittimazione riproponendo la polemica trumpiana sulla votazione dello scorso novembre, riproponendola in accezione positiva: non c’è stato alcun broglio. Hanno provato a mettere in pericolo la democrazia: la democrazia, alla fine, ha vinto. E il potere democratico risiede proprio nel fatto che sono le persone a scegliere chi deve rappresentare il paese e quale idea di paese si vuole. La sua elezione, dunque, è sintomo di un’America democratica, in salute.

“Oggi celebriamo il trionfo non di un candidato, ma di una causa, la causa della democrazia. Il popolo, la volontà del popolo, è stata ascoltata, e la volontà del popolo è stata tenuta in conto”.

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