Tutti sanno che la storia è scritta dai vincitori. Tuttavia, il problema della narrazione è ben più complesso quando la storia è ancora in corso: in questi casi, un ruolo centrale è giocato dalla propaganda. Per quello che riguarda il nostro immaginario collettivo del Medio Oriente, la propaganda USA può fare miracoli e anche farci dimenticare di certi veti sulla pace in Palestina. Dopotutto, chi di noi non ha visto almeno un film in cui il presidente degli Stati Uniti, l’eroico e impavido protagonista, riesce grazie al suo coraggio e alla sua tenacia a sconfiggere il cattivo invasore arabo armato fino ai denti e pronto a uccidere centinaia di poveri innocenti?
È una trama familiare. Una trama talmente radicata nell’immaginario di molti di noi che il solo pensiero che tutto ciò che fanno gli Stati Uniti possa non essere per la pace e il bene dell’umanità sembra ad alcuni un’inconcepibile eresia. Così, finiscono per diventare credibili dichiarazioni come quella dell’Ambasciatore Statunitense alle Nazioni Unite Linda Thomas-Greenfield che, in relazione al conflitto Israelo-Palestinese, ha detto: “gli Stati Uniti hanno lavorato senza sosta attraverso i canali diplomatici per porre una fine a questo conflitto. Perché noi crediamo che Israeliani e Palestinesi abbiano lo stesso diritto di vivere in sicurezza”. Come potrebbe essere altrimenti?
Proviamo a dare uno sguardo agli strenui tentativi statunitensi di porre fine al conflitto. Senza andare troppo indietro nel tempo, il 18 maggio, nella terza telefonata nell’arco dell’ultimo scontro missilistico con il Primo Ministro Israeliano Netanyahu (le cui prospettive di carriera sono magicamente risorte durante il conflitto) il fantasmagorico Presidente Biden ha dato prova dell’impegno verso una risoluzione pacifica. Per questo motivo, ha dichiarato espressamente l’appoggio USA al cessate il fuoco, e per essere sicuro di essere capito bene ha anche approvato la vendita di armi a Israele per 735$ milioni. Le due cose, ovviamente, sono perfettamente coerenti dal momento in cui il supporto era solo per il cessate il fuoco e nessuno ha mai detto di cessare di armarsi. È in parte per questa ragione che gli USA vendono annualmente quasi 4 miliardi di dollari di armi all’alleato mediorientale.
Andando ancora un po’ a ritroso, non è difficile trovare traccia di tanti altri sforzi americani per la pace in Medio Oriente. Basta guardare i dati ufficiali dell’ONU per rendersene conto: dal 1972 gli USA hanno infatti posto il loro veto negativo su almeno 53 risoluzioni delle Nazioni Unite riguardanti il conflitto Israelo-Palestinese. Infatti, è risaputo che i veti USA sulla pace in Palestina sono una strategia perfetta per ottenerla.
Alcuni dei principali sforzi per la pace sono presentati da Al Jazeera. Nel 2018, ad esempio, ci sono state molte proteste per il diritto degli sfollati palestinesi del 1948 (circa 750.000 persone secondo l’ONU) di ritornare alle loro case. Il primo giugno dello stesso anno le Nazioni Unite abbozzarono una risoluzione. Come potete leggere, la bozza conteneva molti punti dalla dubbia moralità, come ad esempio la “condanna di tutti gli atti di violenza contro i civili” e la “riaffermazione del diritto di riunirsi e manifestare pacificamente,” ragion per cui (ovviamente per il bene della pace) gli Stati Uniti posero il loro veto.
Un secondo esempio risale al 2000, quando scoppiarono delle proteste in Israele dopo che il leader dell’opposizione Israeliana Ariel Sharon entrò accompagnato da forze armate nella Moschea di al-Aqsa a Gerusalemme Est (gesto che ricorda molto l’inizio delle proteste palestinesi questo maggio). Ricordiamo, tra l’altro, che secondo gli accordi internazionali Gerusalemme Est dovrebbe essere la capitale del futuro Stato Palestinese e che è occupata dall’esercito Israeliano dal 1967, ovvero dalla Guerra dei Sei Giorni, in cui Israele conquistò militarmente la Cisgiordania, la Striscia di Gaza, il Sinai, e ovviamente Gerusalemme. Le violenze del 2000 portarono a molti morti da entrambe le parti (circa 3000 Palestinesi e 1000 Israeliani) e anche in questo caso le Nazioni Unite abbozzarono una risoluzione contenente punti bizzarri, come l’affermazione della necessità “di Israele, il potere occupante, di rispettare scrupolosamente i suoi obblighi legali e le sue responsabilità in accordo alla Quarta Convenzione di Ginevra”. Data l’assurdità della richiesta, gli Stati Uniti (ovviamente per il bene della pace) posero il veto.
Possiamo solo supporre se e quanto gli Stati Uniti continueranno a prodigarsi per la pace nella regione. Da un lato, è molto probabile che lo faranno dato che Israele è l’alleato chiave in Medio Oriente, specialmente in un periodo in cui i rapporti con la Turchia (la prima forza militare nella regione) si sono deteriorati. Dall’altra parte, è anche vero che un numero crescente di membri progressisti del Congresso Statunitense sembra avere a cuore la situazione palestinese. Assistendo allo svolgersi degli eventi, possiamo solo sperare che gli sforzi senza sosta di porre fine al conflitto si avviino a una fine.