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Terra piatta: dagli albori alla Flat Earth Society

Dopo aver affrontato la moderna teoria della Terra piatta e il suo movimento complottistico, cerchiamo di capire da dove provenga questa visione pseudoscientifica della realtà, facendo un excursus sull’idea della Terra piatta nella storia, dall’antichità ad oggi.

Dall’Oriente antico all’Occidente classico

Nell’antica Cina si ipotizzava che la Terra fosse piatta e quadrata e i cieli una sfera avvolgente, una credenza indiscussa fino all’introduzione dell’astronomia europea ad opera dei monaci gesuiti nel XVII secolo. In India, invece, si pensava al mondo come a quattro continenti circondati da un grande oceano, disposti come i petali di un fiore intorno ad un’altura centrale, il monte Meru.

Una visione, questa, condivisa sostanzialmente anche dalla cosmologia buddhista, che intendeva la Terra come un disco piatto coperto da un oceano e circondato da montagne, con i continenti attorno a un monte centrale, perno della volta celeste e fulcro della rotazione di SoleLuna e astri; quando il Sole si occultava dietro il monte Sumeru si passava dal dì alla notte. Secondo tale cosmologia, inoltre, esistevano infiniti mondi analoghi, ma per l’idea della Terra sferica in India bisognerà aspettare il periodo vedico, nel VI secolo a.C., con gli scritti Shatapatha BrahmanaAitareya Brahmana e il commentario sanscrito Vishnu Purana.

Mentre poi nella cosmografia mesopotamica il mondo era descritto come un disco piatto galleggiante nell’oceano, ci è dato sapere che i primordi del dibattito fra i terrapiattisti della prima ora e gli “sfericisti” (o “terrasferisti”) sono saldamente ancorati al substrato filosofico-scientifico della Grecia antica, tanto che addirittura, insieme al cartografo Ecateo di Mileto, anche il presocratico Anassimandro se ne occupò, concependola come un cilindro estremamente corto, che si approssima al piano, ipotizzando peraltro che questa Terra cilindrica potesse ospitare abitanti, detti antipodi, sia da un lato che dall’altro, con i due “mondi” separati dalle pareti del cilindro terrestre. E fu proprio da questo concetto che partirono le speculazioni sulla sfericità del nostro pianeta, di cui il primo promotore noto sembra essere Talete di Mileto.

Nonostante si pensi che Pitagora prediligesse una Terra sferica poiché osservò la sfericità degli altri corpi celesti, i pitagorici pare fossero convinti sostenitori della Terra piana. Ampia è la rilevanza assunta dalla forma del mondo nell’antichità greca, tanto che, in un continuo conflitto ideologico, abbiamo non solo sostenitori della Terra piatta e della Terra sferica, ma anche di altre forme, come il suddetto cilindro e, plot twist, l’inaspettato dodecaedro (Platone pare favorire la Terra dodecaedrica sia nel Timeo che nel Fedone).

Ma a sentire la testimonianza di Teofrasto riportata da Diogene LaerzioParmenide avrebbe definitivamente sdoganato la sfericità della Terra, idea maneggiata anche da Aristotele nell’omonimo sistema geocentrico, poiché tale schema isotropo elimina il problema di un mezzo che sostenga la Terra, un interrogativo di eredità presocratica. L’allievo di Platone, fortunatamente, riportò le prime evidenze scientifiche a sostegno della sfericità nel 340 a.C. nello scritto De coelo, (passaggi a cui Stephen Hawking dedica intere pagine nel suo libro Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo) adducendo come prova la forma dell’ombra che, durante le eclissi di Luna, la Terra proietta sul satellite naturale. Aristotele fu seguito a ruota da Eratostene, che misurò con strabiliante precisione la circonferenza terrestre.

Ormai acquisita dall’intero Occidente, sappiamo da Plinio il Vecchio che la nozione di Terra sferica si consolidò col passare del tempo, tanto che fu Tolomeo, l’altro fautore del sistema aristotelico-tolemaico, a disegnare mappe tenendo conto della sfericità e a ideare il sistema di latitudine e longitudine, fondando l’intera astronomia successiva (almeno fino a Galileo).

Il Medioevo cristiano e islamico

La sfericità del nostro mondo fu convinzione comune tra gli studiosi musulmani, i quali la utilizzarono per calcolare la distanza più breve tra un dato punto sulla Terra e La Mecca con l’ausilio della trigonometria sferica, determinando la direzione verso cui pregare, tutt’ora fondamentale nella funzione liturgica islamica. Ciò è conforme ad alcune moderne traduzioni del Corano, in cui si legge che «Egli creò la Terra a forma di uovo» (79:30), contraddicendo altri passaggi come: «e poi ha spianato la Terra», che sembrano virare verso un’idea molto blanda di Terra piatta.

Nella tarda antichità, agli albori della teologia cristiana, la conoscenza della sfericità della terra era ormai assodata. Ma mentre Sant’Agostino dibatteva sulla natura degli antipodi e descriveva la Terra come un globo, alcuni autori cristiani continuarono a opporsi alla certezza della Terra sferica.

La convinzione dilagante che nel periodo medievale prosperasse la concezione piana della Terra è una diceria infondata diffusasi negli ultimi due secoli dalle idee illuministe e positiviste, ma è innegabile la permanenza della piattezza terrestre in alcuni e rarissimi autori del primo Medioevo come il mercante, cartografo e monaco egiziano Cosma Indicopleuste, che nella sua Topografia Cristiana adoperò argomentazioni teologiche a favore della Terra piatta, da lui vista come un parallelogramma circondato da quattro oceani.

Se poi da un lato Lattanzio, convertitosi tardi al Cristianesimo, polemizzava perché convinto che l’esistenza degli antipodi contraddicesse la gravità, dall’altro cominciò a imporsi la scuola letteralista antiochena, che enfatizzava l’interpretazione letterale della Bibbia per compensare le esagerate interpretazioni allegoriche dei teologi alessandrini. Da annoverare il fondatore Diodoro di Tarso, che difendeva, almeno stando alla critica di Fozio, la versione piana della Terra in base alle Sacre Scritture, ma anche il suo discepolo San Giovanni Crisostomo, che si rifaceva ad alcuni passaggi biblici riguardo una Terra poggiata sulle acque o sul vuoto grazie a un miracolo. Lo stesso San Basilio Magno considerava irrilevante a livello teologico la forma della Terra, nonostante le indicazioni delle Scritture.

«La Terra è piatta e il Sole non passa al di sotto di essa di notte, ma si sposta attraverso le zone settentrionali come se fosse nascosto da un muro» scriveva l’antagonista di San Giovanni Crisostomo, l’altro letteralista Severiano, vescovo di Gabala in Siria, basandosi sulla Genesi.

Due idee in continuo conflitto insomma: aldilà dei letteralisti, infatti, i più importanti trattati dell’Alto Medioevo sostenevano ancora la sfericità della Terra, come Macrobio che, nel commentario Somnium Scipionis di Cicerone, definisce il nostro mondo come “globus terrae”, un globo al centro delle sfere celesti con gli antipodi sommi protagonisti. Un modello condiviso anche dal filosofo cristiano Severino Boezio nel suo De consolatione philosophiae, dove anche il cosmo diviene sferico.

Sfericisti medievali dalle teorie strampalate furono invece il vescovo Virgilio di Salisburgo, perseguitato da papa Zaccaria (e poi prosciolto) perché divulgatore della peccaminosa dottrina della Terra sferica, il monaco Beda il Venerabile, che nel suo trattato di cronologia e computo De temporum ratione promosse la sfericità giustificando la differente durata del giorno con «[la] rotondezza della Terra, per la quale, non senza ragione, è chiamata nelle Sacre Scritture e nell’ordinaria letteratura “sfera del mondo”. Essa è, infatti, come una sfera nel mezzo dell’intero universo». Ma anche il teologo e arcivescovo cattolico Sant’Isidoro di Siviglia, che in Etimologie tramandava un’imprecisata Terra “rotonda”, non riferendosi tuttavia ad una forma discoidale piatta, come chiarificato in De natura rerum, mentre rifiutò l’esistenza degli antipodi.

Secondo alcuni recenti studi, «sin dall’ottavo secolo, nessun cosmografo degno di nota ha mai messo in dubbio la sfericità della Terra», ma è impossibile appurare l’opinione della popolazione di allora per un problema, in fondo, così irrilevante per la vita pubblica.

«Le scienze si distinguono per il diverso metodo che esse usano. L’astronomo ed il fisico possono entrambi provare la stessa tesi – che la terra, per esempio, è sferica: l’astronomo lo dimostra con l’ausilio della matematica, il fisico lo prova attraverso la natura della materia» scriveva Tommaso d’Aquino nella sua Summa theologiae, le cui tesi si basano proprio su un’analogia con la Terra sferica, tesi consolidatasi nel pieno Medioevo grazie all’incursione dell’astronomia araba, che eliminò ogni dubbio sulla forma del nostro pianeta, tanto che persino nelle università medievali venivano avanzate molte prove a favore della sfericità e la diffusione di testi scritti in volgare conferma che tale forma della Terra era conoscenza condivisa anche al di fuori degli ambienti accademici.

La stessa Divina Commedia di Dante, un’opera in volgare, appoggia chiaramente questa tesi, come pure l’Elucidarium di Onorio Augustodunense, un importante manuale per l’istruzione del basso clero, mentre le esplorazioni spagnole e portoghesi in AfricaAmerica e Asia e la circumnavigazione del mondo di Ferdinando Magellano fornirono la prova definitiva della forma sferica della Terra. Una delle sue dimostrazioni era che, durante la navigazione, si osservava che quando una nave si allontanava e raggiungeva l’orizzonte, se ne vedeva scomparire prima lo scafo, poi i ponti più alti e infine l’alberatura, mentre i medesimi elementi comparivano in ordine inverso se la nave si avvicinava alla costa del mare aperto: con i viaggi intorno a isole e continenti dei secoli XV e XVI all’epoca delle grandi esplorazioni geografiche per mare, si capì che questi fenomeni sono dovuti alla curvatura terrestre.

L’opinione della scienza

Nei secoli successivi, grazie ai progressi negli studi astronomici, fisici e matematici, gli scienziati si resero addirittura conto che una forma perfettamente sferica era incompatibile con gli effetti del moto di rotazione del nostro pianeta e con le irregolarità (altopiani, rilievi e depressioni) della superficie terrestre.

Verso la fine del XVII secolo, Newton intuì per primo che la Terra ruota intorno a un asse immaginario, appunto l’asse di rotazione terrestre, che passa per il suo centro e ne “buca” la superficie in due punti opposti, i poli geografici. Ruotando, la Terra sviluppa una grande forza centrifuga diretta dall’asse di rotazione verso l’esterno, massima in corrispondenza dell’equatore e massimamente minore ai poli: da ciò Newton dedusse che il nostro pianeta doveva presentare uno schiacciamento in corrispondenza delle zone polari e un rigonfiamento nelle zone equatoriali, più distanti dall’asse.

Successivi studi hanno confermato l’idea di Newton e le recenti osservazioni da satellite hanno permesso di rilevare che la lunghezza del raggio equatoriale è leggermente maggiore di quella del raggio polare: il solido geometrico che ha questa forma è chiamato ellissoide di rotazione e si ottiene facendo ruotare un’ellisse di 180° intorno a uno dei suoi assi; nel caso della Terra, tale asse è quello minore, cioè quello congiungente i due poli.

A diffondere nell’immaginario collettivo il mendacio della Terra piatta come credenza comune prima dell’età delle esplorazioni fu la pubblicazione del libro La vita e i viaggi di Cristoforo Colombo di Washington Irving nel 1828, anche perché era propria dell’Ottocento la concezione del Medioevo come età buia, che non fece che fomentare simili fanfaluche. Ma sarà poi l’età contemporanea a serbare i più intriganti e impensabili sviluppi della teoria della Terra piatta, precorritrice del modello che conosciamo oggi.

I ripensamenti della modernità

L’ellissoide di rotazione rappresenterebbe la forma reale della Terra se la superficie terrestre fosse uniformemente liscia e le masse rocciose fossero distribuite su di essa in modo omogeneo. Siccome la superficie presenta molte irregolarità, la forma della Terra non è riferibile ad alcun solido geometrico. Nel 1873, il geofisico tedesco Johann Listing ha suggerito, per questa forma singolare, il nome di geoide, non trattandosi né di un ellissoide né di una sfera.

Il geoide è una rappresentazione astratta della superficie terrestre, un solido ideale approssimativamente sferico, la cui superficie coincide con il livello medio dei mari e le quote medie dei rilievi e delle depressioni: la sua superficie è perpendicolare in ogni suo punto alla direzione del filo a piombo, cioè alla forza di gravità. L’ellissoide di rotazione, poi divenuto nel 1908 l’ellissoide di rotazione internazionale, è il solido reale che corrisponde al geoide e le misure di tale modello sono state confermate dalle più recenti rilevazioni compiute dai satelliti artificiali.

Innumerevoli testi riproducono un’incisione, stilisticamente cinquecentesca, raffigurante un uomo che si affaccia dal firmamento di una Terra piana per scrutare le sfere celesti, ma di tale xilografia nessuna traccia fino alla pubblicazione de L’Atmosphère: Météorologie Populaire di Camille Flammarion nel 1888, dove si fa esplicito riferimento alla Terra piatta in un aneddoto in cui un missionario racconta di aver raggiunto il punto di interfaccia tra terra e cielo, forse legato a Voltaire. L’originale della xilografia sarebbe decorato con un bordo ornamentale che consente agli esperti di datare l’incisione all’Ottocento, anche perché nelle pubblicazioni in cui è datata al Cinquecento la cornice risulta assente (la più logica deduzione è che fosse stato proprio Flammarion a commissionare la stampa).

L’incisione di Flammarion “Terra piatta” dal libro L’atmosphère: météorologie populaire (p. 163) di Flammarion del 1888

Ma appena dieci anni dopo tale pubblicazione, Joshua Slocum, circumnavigando il globo, entrò in contatto, nella Repubblica del Transvaal, con un sacerdote boero che gli propinò un opuscolo dimostrativo (o presunto tale) sulla Terra piatta, visione peraltro accettata dal presidente della nazione.

A fare scalpore sempre in quegli anni, poi, si aggiunse la mappa di Gleason del 1892, tutt’ora una delle prove dei terrapiattisti a sostegno della loro teoria, che approssima i continenti su una mappa tonda, riportando la dicitura “as it is“, quasi a voler dire che la Terra viene rappresentata esattamente com’è nella realtà. Tale prova fa discutere ancora oggi il reale intento del cartografo nel riportare quelle parole.

Ma solo ora cominciamo ad avvicinarci alla teoria odierna, con William Carpenter nel 1885, pubblicò in proprio il libro One hundreds proofs the Earth is not a Globe, e una di queste fantomatiche prove ci è già familiare e gli fu riferita dagli aeronauti: così come a terra, alle grandi altezze raggiunte con palloni aerostatici, la  curvatura terrestre era impercettibile, dunque improbabile; ma allora non si potevano raggiungere altezze sufficienti a notare la curvatura con le mongolfiere. Questo era appena l’inizio di quel puzzle che è ora il terrapiattismo, la maggior parte del quale sarà assemblato già nel XIX secolo da Samuel Birley Rowbotham.

Le origini della Flat Earth Society

Per gli amici Parallax, almeno questo pare fosse il suo pseudonimo, lo scienziato inglese Rowbotham, che soleva dibattere in pubblico insieme ai propri seguaci con noti scienziati dell’epoca, pubblicò nel 1849 Zetetic Astronomy: Earth Not a Globe, in cui non solo partorì l’aggettivo “zetetica” in riferimento al carattere indagatore della sua astronomia, ma riportò anche i suoi risultati in merito agli esperimenti di misura della curvatura superficiale di diversi laghi per dimostrarne la piattezza, opinando che le navi spariscono all’orizzonte per un gioco prospettico.

Da opuscolo di 16 pagine appena, Rowbotham finì per stamparne una seconda edizione nel 1865 e una terza nel 1881, arrivando a 430 pagine in cui riversò l’intero modello da lui elaborato: la Terra come un disco piano, con il polo nord al centro e il sud a fungere da cornice. Et voilà: alla sua morte, i suoi sostenitori fondarono la società Universal Zetetic Society (e la rivista ad essa legata, The Earth Not a Globe Review), che perdurò fino al primo Novecento, quando la Grande Guerra ne determinò il declino e le prime battute d’arresto.

L’impatto delle teorie di Rowbotham si spinse fino alla Christian Catholic Apostolic Church negli Stati Uniti, comunità religiosa fondata e guidata dal predicatore John Alexander Dowie, che accolse le tesi terrapianiste. Il suo luogotenente Wilbur Glenn Voliva, anch’egli sostenitore della Terra piatta, sostituì Dowie nel 1906 e sfidò i “miscredenti” a confutare la teoria, con un premio in palio di 5.000 dollari, mentre faceva propaganda tramite una radio privata e promuoveva l’insegnamento dell’astronomia zetetica nella scuola della comunità.

Nel 1956, Samuel Shenton, membro della Royal Astronomical Society, diede alla luce la Flat Earth Society, come eredità della defunta Universal Zetetic Society. Ma in quegli anni la NASA rilasciò le prime fotografie della Terra sferica vista dallo spazio, suscitando le reazioni negative di Shenton e dando origine alla convinzione che il programma spaziale fosse tutta una montatura per manipolare l’opinione pubblica. Fu anche dal cospirazionismo di Shenton che si diffusero i dubbi sull’allunaggio dell’Apollo 11, il che avvantaggiò l’associazione in fatto di iscrizioni e visibilità, arrivando a contare migliaia di membri.

Shenton morì nel 1971, lasciando il posto al texano Charles Kenneth Johnson, da lui designato. Sotto di lui la Società ampliò i propri orizzonti, arricchendo il modello di Rowbotham con gli apporti dei sostenitori delle pseudoscienze e il contrasto con la scienza ufficiale. Johnson analizzò studi pro e contro la Terra piatta e scrisse su Science Digest nel 1980 a proposito del complotto: «L’idea di un globo rotante è una cospirazione fallace contro cui Mosè e Colombo si batterono» scriveva. Ma la rivista si trovò a dover affrontare e replicare alle contestazioni all’articolo: «Se la Terra è una sfera, allora la superficie di una grande massa d’acqua deve essere curva. Johnson ha controllato le superfici dei laghi Tahoe e Salton senza trovare alcuna curvatura».

Nel 1995 un incendio distrusse la sede della società, un rifugio nel Mojave, mentre il 19 marzo 2001 Johnson venne a mancare, lasciando gli iscritti senza una guida. Nel 2004, dunque, fu fondata una nuova Flat Earth Society (non direttamente collegata a quella di Charles K. Johnson).

Nel suo Inventing the Flat Earth: Columbus and Modern HistoriansJeffrey Russell, professore di storia all’Università della California, ritiene la teoria della Terra piatta una favola usata per criticare le società pre-moderne, specie quelle medievali in Europa. Tutti i medievisti sono d’accordo con Russell che la “Terra piatta medievale” sia un’invenzione del XIX secolo e che i pochi conosciuti sostenitori della piattezza della Terra costituiscano solamente una minoranza.

La moderna Associazione della Terra Piatta, declinatasi oltreoceano in una sorta di movimento, è ora radicata nei social media e comprende migliaia di fan e promotori, gli stessi che sputano sentenze e sparano a zero sulla scienza online, per diffondere teorie che di scientifico hanno ben poco. Almeno secondo noi “schiavi del complotto”.

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