Non bastano più sei mesi di lavoro all’anno, non bastano più un quinto dell’importo di ciascun acquisto e un quarto dei proventi di ogni investimento a saziare la fame del dio-stato. Ma, come Moloch tornava invano a promettere opulenza ai Cananei ad ogni nuovo olocausto consumato nel suo ventre, così ogni volta i governi ci giurano che avremo una polizia efficiente, ospedali migliori e una scuola all’altezza non appena avremo versato il prossimo tributo nel calderone dell’erario.
La nuova liturgia – quella della “lotta alla deflazione”- recita che per la nostra futura prosperità occorre distorcere fin sottozero i rendimenti dei nostri titoli di stato e forzare al rialzo i prezzi della nostra spesa. E non importa che la politica di esproprio giunga in tal modo alla sfrontatezza di mutare persino i nostri stessi risparmi in imposte su di noi, al solo scopo di fare finanche dei debiti del governo rendita statale: nessun sacrificio, per quanto estremo, sarà mai l’ultimo.