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Economia & Finanza

Crowdfunding: c’è grande confusione sotto il cielo – Parte II

In questa parte ci occupiamo delle tipologie di crowdfunding più diffuse, ovvero donation-based e reward-based. Il donation-based crowdfunding è utilizzato da organizzazioni no profit per sostenere le proprie cause e non prevede ricompense per i donatori se non ringraziamenti. Il reward based crowdfunding, invece, viene utilizzato per finanziare progetti, idee, eventi e in alcuni casi anche progetti personali e prevede delle ricompense, i c.d. perk, articolate su più livelli di contributo, da pochi euro a decine, centinaia, migliaia. Normalmente in una campagna è buona cosa prevedere tra i sei e gli otto perk. L’ultimo aggiornamento (maggio 2014) dell’analisi delle piattaforme di crowdfunding italiane di Daniela Castrataro e Ivana Pais contava 20 piattaforme reward-based, 7 donation-based e 10 ibride con modello reward-based + donation-based, che è la combinazione più frequente rispetto a quelle con equity o lending). Le piattaforme si distinguono poi in “all or nothing” e “take it all”: nel primo caso affinché il progetto sia finanziato occorre raggiungere l’obiettivo economico prefissato mentre nel secondo caso si riceve comunque l’importo raccolto durante la campagna anche se l’obiettivo non viene raggiunto.

Bisogna tenere presente che il crowdfunding non è un modo facile per ottenere finanziamenti laddove non si abbia accesso ad altri canali. Non basta creare una campagna sulla piattaforma e attendere che i soldi arrivino: una campagna va progettata, seguita, promossa e monitorata. Il successo non può prescindere dalla considerazione di quattro elementi fondamentali: obiettivo/target di raccolta e tempi, motivazione e racconto, ricompense e, last but not least, la community.

Un’applicazione innovativa delle tipologie di crowdfunding che stiamo trattando è quella in ambito politico. Il  crowdfunding politico, il cui primo esempio mondiale è la campagna elettorale di Barack Obama nel 2008, si sta diffondendo anche in Europa.

Nel 2013 Antonio Costa, già sindaco di Lisbona, ha scelto lo strumento del crowdfunding per la campagna elettorale del suo secondo mandato intitolata Juntos fazemos Lisboa, invitando soprattutto i giovani al voto. La raccolta fondi, realizzata attraverso la piattaforma portoghese ppl si è conclusa con successo il 26 Luglio 2013. In Italia il primo episodio di crowdfunding politico è il progetto Luoghi Ideali di Fabrizio Barca finanziato attraverso la piattaforma Shinynote. Alle ultime elezioni europee Thomas Bastianel, candidato nella lista Scelta Europea per la circoscrizione Nordest ha creato una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Kapipal per finanziare la campagna elettorale all’insegna della trasparenza, rendendo pubbliche  tutte le spese. si è invece appena conclusa la campagna A flight for democracy lanciata da membri e simpatizzanti di Syriza in Inghilterra per finanziare il viaggio per tornare in Grecia e votare alle elezioni del 25 Gennaio. Diverso è il caso di Podemos che con l’hashtag #sinbancosepuede ha lanciato una campagna di social lending (sul modello di Terzo Valore di Banca prossima piuttosto che del crowdfunding su piattaforma di cui abbiamo finora parlato) attraverso Fiare Banca Etica, la succursale spagnola dell’italiana Banca Popolare Etica, nata nel 2005 quando la Fondazione Fiare, operante in Spagna dal 2003 nell’ambito della finanza etica ha firmato un contratto di agenzia con Banca Etica. Sin bancos dunque? Non proprio.

Dopo questo breve excursus internazionale sul crowdfunding politico ritorniamo in Italia per ricordare che anche nel caso del crowdfunding (donation-based e reward-based) lo #statoladro veglia su di noi e pertanto dobbiamo rispettare alcuni piccoli accorgimenti per non incappare in spiacevoli sorprese. Come si devono considerare i fondi raccolti? Nel caso del modello donation puro si applica il regime della donazione. Se per la donazione sono previste ricompense, e qui parliamo del reward-based crowdfunding, è da verificare l’entità delle ricompensa ma qualora si tratti semplicemente di un gadget, rientrano nella fattispecie della donazione modale. Se invece si tratta di reward crowdfunding e la ricompensa corrisponde al valore dell’importo versato siamo in presenza di pre-vendita e pertanto dovrà essere emessa fattura e versata l’IVA. Qui poi la situazione si complica ulteriormente in ragione della natura giuridica del soggetto che propone la campagna, che uno sia un’associazione, con o senza partita IVA, un’impresa, un libero professionista con partita IVA, un privato senza partita IVA.  Occorre dunque fare attenzione a questi aspetti in fase di pianificazione della campagna.

Nella prossima parte parleremo invece dell’equity crowdfunding, che a differenza di donation-based e reward-based non hanno una regolamentazione ad hoc, è l’unica tipologia per la quale abbiamo regole precise, stabilite dalla delibera Consob del 26 giugno 2013 n. 1859.

 

Vedi anche Crowdfunding: c’è grande confusione sotto il cielo – Parte I

2 comments

Paolo 21/08/2015 at 21:43

Buongiorno dottoressa,
In rete non ho trovato spiegazioni esaustive sul regime fiscale su piattaforme crowdfunding.
Nel caso di kickstarter, un privato che avviasse una iniziativa singola, dovrebbe aprire una p.iva prima della campagna o comunque anche dopo ? Potrebbe affrontare la campagna solo da privato ? Che regime fiscale dovrebbe affrontare ? Esiste un tetto massimo indicativo ?(ho letto su un forum che una fiscalizzazione si rende necessaria quando vengono superati i 180.000 euro, è corretta come informazione ?) puo essere regolamentata la singola campagna con un F23 ?

Grazie mille.

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Diana Severati 24/08/2015 at 00:31

Grazie per la domanda. Kickstarter rientra nella tipologia di piattaforme di crowdfunding reward based, per le quali, a differenza dell’equity crowdfunding non esiste una disciplina ad hoc. Come procedere? In questo articolo ho parlato del criterio generale da seguire: http://www.dianaseverati.com/?q=node/52. Per quanto riguarda la necessità di aprire o meno la partita iva per una campagna, la risposta in linea di massima è no. Restano poi al singolo tutte le valutazioni di convenienza circa l’opportunità di farlo qualora si intendesse eventualmente avviare un’attività ma è una questione non strettamente connessa alla campagna. Per quanto riguarda la campagna è invece importante, come anche ricordato nell’articolo sopra citato, considerare se i perk (le ricompense previste per i partecipanti) costituiscano o meno una prevendita oppure siano semplicemente gadget di valore simbolico e comunque limitato ed inferiore alla donazione. Nel primo caso la questione potrebbe essere un po’ più complessa ma non esistono regolo specifiche in materia di reward crowdfunding e molto labile talvolta è il confine tra donazione modale e prevendita che risulta difficile determinarlo ai fini dell’applicazione dell’adeguato regime. Con riferimento al presunto limite di 180.000,00 euro, in quale contesto ha trovato l’informazione? Potrebbe trattarsi forse di confusione con il limite di euro 1.800.000,00 annui realtivo all’equity crowdfunding? Suggerisco infine, qualora intenda avviare una campagna, di considerare bene in fase di pianificaziine la tipologia di progetto da proporre, per poi muoversi di conseguenza, magari facendosi supportare da un commercialista per gli aspetti di cui sopra.

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