Esteri

La morte di Ciudadanos (e del centro politico spagnolo)

Lo dico con dispiacere, ma anche le ultime speranze di vedere un cambio di rotta sono ormai perse.

Ciudadanos era il partito che a distanza di sei mesi poteva fare patti sia con il Partito Socialista (PSOE) che con il Partito Popolare (PP), come accaduto nel 2016, mettendo davanti a tutto il programma: taglio della spesa improduttiva, aiuti ai più poveri, meno tasse alla classe media, diritti civili e sostegno alla scienza. Era il partito che voleva sfidare il bipartitismo, ma sempre mantenendo atteggiamento costruttivo.

Ed invece negli ultimi mesi ha deciso di buttarsi in una folle gara con il PP per diventare il punto di riferimento dell’area del centro-destra spagnolo. Questo non è di per sé un fatto grave, se non per il fatto che l’ha obbligato a fare accordi anche con la destra estrema, Vox nella fattispecie, partito illiberale, dichiaratamente razzista e con tendenze neo franchiste, che certamente non ha niente a che fare con molti punti programmatici del partito liberale.

Se l’accordo di governo raggiunto in Andalusia dello scorso dicembre aveva un senso, perché dopo 40 anni di governo nella regione più povera di Spagna era necessario un cambio, questa sarebbe dovuta rimanere l’eccezione e non diventare la regola.

Invece dopo le ultime elezioni amministrative locali e regionali il partito arancione ha escluso sempre e comunque accordi con il Partito Socialista, accusandolo di non essere un partito costituzionalista, affermazione piuttosto ridicola.

Il Partito Popolare era e continua ad essere il partito con più casi di corruzione; il partito della rigenerazione democratica non ha nessun problema ad allearcisi in ogni possibile occasione? Gli ultimi accordi con Vox nella comunità e nella città di Madrid, anche se indiretti (dicono che loro hanno fatto un patto con il PP, che a sua volta li ha fatti con Vox) ed al contempo il rifiuto totale di negoziare con il PSOE in diverse comunità ed addirittura al governo del paese, certificano la fine di Ciudadanos come lo conoscevamo.

Da non dimenticare nemmeno quanto successo a Barcellona: il partito di Rivera appoggiava la lista dell’ex Primo Ministro francese Manuel Valls, candidato a sindaco della città. Dopo il voto la scelta era tra investire Ada Colau per un secondo mandato o astenersi, cosa che avrebbe propiziato l’investitura di Ernest Maragall di Esquerra Republicana, partito separatista. Il programma di quest’ultimo prevedeva di fare di Barcellona la capitale dell’immaginaria Repubblica Catalana, espropriare le case sfitte, allontanare turisti ed investimenti stranieri. Ciudadanos, asserendo che Colau e Maragall sono la stessa cosa, ha deciso di astenersi, al contrario di Valls e altri due consiglieri eletti nella sua lista che hanno votato a favore della sindaca. Che sebbene sia un’incapace rappresenta certamente il meno peggio rispetto al candidato di Esquerra.

Il motto dell’ex formazione centrista ultimamamente sembra “tanto peggio, tanto meglio”.

Al momento il centro spagnolo è senza rappresentanza, difatti nemmeno il PSOE può dirsi moderato. I suoi patti in Navarra, nei Paesi Baschi ed in Catalogna con partiti separatisti parlano chiaro. Per non citare gli accordi con Podemos a livello nazionale. Ed è proprio qui che Rivera ha sbagliato: avrebbe potuto influenzare il partito di Sanchez, che ha fatto capire più volte di non escludere a priori un governo congiunto. Ha deciso invece di fare opposizione, per una pura questione di opportunismo politico.

Al momento non sembrano esserci oppositori interni a Ciudadanos, ma la speranza di chi scrive è che vengano fuori al più presto ed affianchino i fondatori, già critici con le ultime mosse. Il paese ne ha bisogno.

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