Ieri per la quinta serata consecutiva il centro di Barcellona è stato teatro di una guerriglia urbana. Questa mattina diversi punti del centro della città erano irriconoscibili, e solo il gran lavoro della nettezza urbana aiutata dai cittadini sta ristabilendo l’ordine.
Sono stati bruciati cassonetti, vandalizzati negozi, distrutti marciapiedi per fabbricare pietre da tirare alla polizia. Fortunatamente non ci sono stati feriti gravi, solo un poliziotto che in ogni caso non è in pericolo di vita.
Il tutto dopo l’ennesima manifestazione pacifica del popolo indipendentista durante tutta la giornata di venerdi.
Ieri, infatti, circa 500 mila persone, venute da tutta la regione, hanno sfilato per le strade del capoluogo catalano per protestare contro la sentenza del Tribunale Supremo che ha condannato diversi leader indipendentisti alla prigione (detta sentenza sarà tema di un articolo che pubblicherò nei prossimi giorni). I disordini che ieri hanno avuto il loro apice non devono in nessun modo criminalizzare un movimento che è sempre stato pacifico, ma non devono neppure essere marginalizzati come se non ne fossero una conseguenza.
“El procés” (processo – indipendentista – in catalano) è entrato nella fase della frustrazione, e la violenza che pochi stanno esercitando è il risultato di tale sentimento. Per 7 anni i politici independentisti hanno fatto credere ai loro sostenitori che l’indipendenza sarebbe stata facilmente raggiungibile, che se non l’avesse concessa la Spagna sarebbero intervenute UE e/o comunità internazionale. Ed invece, com’era logico che accadesse, nessuno stato ha supportato una causa che ha molto di sentimentale, ma ben poco di concreto.
La Catalogna gode infatti di un’autonomia con pochi eguali per una regione (sanità, scuola, materie penitenziarie sono competenze regionali), non è certamente un territorio oppresso ed è parte di una delle nazioni che, indici internazionali alla mano, è tra le più democratiche, garantiste ed attente ai diritti civili del mondo. Non stiamo parlando del Kosovo o di una Repubblica della ex Jugoslavia.
L’attuale Presidente della Generalitat Quim Torra sta brillando per la sua inadeguatezza. Solo pochi mesi fa avava infatti invitato i gruppi violenti ad aumentare la pressione e solo giovedì, al terzo giorno di disordini, ha condannato le violenze. Ciò non ha impedito al suo stesso governo di ordinare al corpo di polizia regionale di reprimere le proteste.
Siamo davanti ad un personaggio che da una parte giustifica ed anima la popolazione alla violenza, e dall’altra manda la polizia che lui stesso controlla a reprimere tale violenza. Come risultato da entrambi le parti (partiti indipendentisti e non) si stanno chiedendo le sue dimissioni.