Per me la vicenda Mentana-Grillo ha rivelato una volta di più quel che sono questi due personaggi. Grillo un buffone demagogo con uscite da pazzo ma anche tanto buon senso pratico quando si parla dei suoi soldi. Mentana (che resta di gran lunga il miglior direttore di telegiornali d’Italia) un accentratore maniacale, cosa che sanno tutti, ma anche un grandissimo paraculo, cosa che invece stona col suo nuovo ruolo da Gianni Morandi versione cazzuta, che blasta invece di abbracciare, eletto castigatore degli webeti da parte degli utenti razionali.
Non so se la sua minaccia di querela fosse credibile, ma il suo passo indietro dopo le imbarazzanti scuse di Grillo non lo è. Mentana i grandi personaggi punta a tenerseli buoni: non farsi calpestare ma anche tenerseli buoni, e si muove sempre su battaglie già vinte. Diversamente non sarebbe lì da trent’anni. E lì vuol dire prima con Craxi, poi dovere la sua carriera (come lui stesso riconosce) a Gianni Letta, poi quindici anni a Mediaset con Berlusconi al potere, poi un po’ antiberlusconiano versione santoriana, poi un po’ grillino, poi antigrillino, poi un po’ renziano, alla fine un po’ antirenziano. Tutto senza mai inimicarsi davvero nessuno di questi grandi.
Entrambi hanno fatto una mossa mediatica: Grillo ha sollevato un polverone che alla fine ha coperto bene la cosiddetta “svolta garantista” del suo movimento, cucita ad personam sulla Raggi. Mentana ha sfruttato l’occasione per personalizzare su di sé un proclama che, se preso seriamente, sarebbe una minaccia per la democrazia tutta, prendersi i riflettori (strano) e confermarsi nel proprio ruolo mediatico.
Per entrambi la querela aveva due svantaggi. Per Grillo: rischiare di perdere obiettivamente una disputa con una “sentenza” (strumento prediletto dei suoi fan) e rimetterci economicamente. Per Mentana: non era una battaglia già vinta; riguardava uno dei grandi protagonisti della scena presente.
E via Mentana al prossimo webete da blastare; e Grillo alla prossima trovata per infinocchiarlo e spremergli voti e soldi. Purché ognuno nel rispetto del ruolo dell’altro.