Lo confesso: inizialmente provavo un sentimento di stima e ammirazione per Walter Riccardi. Quando venne nominato consulente del ministero della salute, ho pensato: ohibò vuoi vedere che Speranza – un politico di retroguardia proveniente dalla ridotta dei post comunisti di Leu, uno senza arte né parte ma ciononostante assurto alla guida del ministero – ne ha combinata una giusta? Mi sono dovuto ricredere in un amen.
Ricciardi, professore di igiene alla Cattolica, membro del comitato dell’oms nominato dal governo Gentiloni, ex presidente dell’istituto superiore di Sanità (designato da quello Renzi e poi dimessosi in polemica con le politiche del governo Salvini – di Maio), oggi politicamente vicino a Calenda, di cui ha curato il programma sulla sanità (chissà se anche Calenda nel frattempo ha cambiato opinione su di lui), si era messo in mostra a suo tempo per un’intervista rilasciata a La Stampa in cui sparava ad alzo zero contro l’azione del governo. In sintesi, Ricciardi sosteneva che il governo si era mosso tardi e male; che avrebbe dovuto, invece di bloccare i voli provenienti dalla Cina, mettere in quarantena chiunque provenisse da lì, come avevano fatto gli altri omologhi europei (affermazione questa che però non trova riscontro).
Agli esordi dell’epidemia, molti virologi di fama hanno brancolato nel buio e si sono distinti per affermazioni contraddittorie o avventate, poi smentite dai fatti: chi si lanciava in previsioni ardite secondo cui il rischio di diffusione del virus in Italia era inesistente (Burioni), chi discettava del covid come di una “simil influenza”, “del caldo che ci aiuterà” anzi no (Capua) o chi si scagliava contro il terrorismo psicologico alimentato da colleghi e media, derubricandola a banale influenza (Gismondo, la peggiore di tutti).
Ma, senonaltro, tutti questi hanno da subito corretto il tiro; Ricciardi invece ha continuato a inanellare una serie impressionante di gaffes alternate ad errori marchiani.
Inizialmente (salvo poi ravvedersi) il nostro è stato il più strenuo oppositore della strategia dei tamponi a tappeto (teorizzata e applicata con grande successo da Andrea Crisanti, consulente della Regione Veneto). Un’ostilità, quella ai tamponi, inspiegabile e preconcetta, che lo ha portato persino a criticare la strategia della Corea del sud (che aveva un tasso di mortalità dello 0,2 proprio perché ne realizzava un numero così elevato). Ad un certo punto, durante la prima fase dell’epidemia, se ne uscì asserendo che se l’Italia faceva troppi tamponi sarebbe passata l’immagine del nostro paese come untore d’Europa (!) o che l’istituto superiore di sanità avrebbe dovuto verificare i primi casi per via dell’esistenza di fantomatici soggetti “falsi positivi” (?). O, ancora, con dichiarazioni tese a ridimensionare la perniciosità del virus propalando numeri campati in aria o comunque poco attendibili (il 95% dei contagiati guarisce, diceva). Non solo: a più riprese disse che le mascherine per le persone sane “non servono a nulla” – ma se uno è asintomatico e non fa il test come fa a sapere con certezza di esserlo?. Affermazioni assai poco lungimiranti, per usare un eufemismo, ma proferite con la sicumera tipica di certi professori universitari, e su cui mai c’è stato un mea culpa o una quale forma di resipiscenza. Tant’è che persino l’OMS ha dovuto prendere le distanze, con un comunicato perentorio in cui si dichiarava che le sue erano opinioni del tutto personali e non attribuibili all’organizzazione (che pure, va detto, ha le sue colpe).
Ma proseguiamo. Come noto, la Lombardia ha tassi di mortalità e contagi nettamente al di sopra di qualsiasi altra regione italiana. Ebbene, Ricciardi ci ha messo più di due mesi per scoprire “l’esistenza di un caso Lombardia” (dichiarazione di qualche giorno fa). Il sistema di tracciamento da lui studiato non è ancora stato avviato e già si preannuncia come un flop. La app “immuni” dovrebbe servire a isolare e circoscrivere i nuovi contagiati, ma essendo su base volontaria (oltreché in grave ritardo) non potrà mai fungere allo scopo.
Emblematico del personaggio l’uso che fa di Twitter: ivi, il Ricciardi non esprime opinioni, ma lancia moniti o spara sentenze. Ha la smania di twittare articoli a profusione sui Paesi che più sono stati colpiti dal virus perché ne hanno sottovalutato l’impatto. Quasi ne fosse compiaciuto, ha sottolineato qualcuno.
A proposito di Twitter, ha destato l’attenzione e l’indignazione della stampa di destra un video (realizzato da Michael Moore e da lui condiviso) in cui si vedeva un cartonato di Trump preso a calci e pugni da qualche facinoroso. Lo hanno rimbeccato, non a torto, con l’accusa di fare politica: chi ha un ruolo così delicato, dovrebbe evitare sortite così improvvide, era il sottotesto.
In uno dei suoi ultimi tweet, invece, ha stigmatizzato la scelta della Svezia – che scientemente ha deciso di attuare una strategia di contrasto al virus assai blanda senza attuare alcun lockdown: per cercare di dimostrare che lì la mortalità è più alta che da noi, ha adoperato una metodologia di calcolo tutta sua (considerando i morti pro capite per milione di abitante e solo nel corso dell’ultima settima). Ovviamente si sono sprecati i commenti di dileggio da parte degli utenti.
Insomma, l’uomo è fatto così: passa, con nonchalance, da una figuraccia all’altra, incurante delle critiche. Fosse per lui, ma in questo è in buona compagnia con altri suoi colleghi, dovremmo stare tutti trincerati in casa finché la bufera non passa, ovvero non viene trovata una cura.
E infatti, ad abbrivio della riapertura generalizzata di una settimana fa, su ben due quotidiani, Ricciardi intima ai sudditi del Bel Paese che “se i numeri risalgono, chiudiamo!”. “La dittatura dei virologi” è già in fieri.
3 comments
Cerca di concentrarti su qualcosa che già conosci bene, altrimenti sei come me,. Mai io sono essenzialmente un lettore non una guida.
“mai”
““falsi positivi””
è un concetto base per ogni test medico e non solo
se non sai cosa sono è difficile poi prendere sul serio il resto dell’invettiva
non sono fantomatici, ci sono sempre, il loro numero è inversamente proporzionale alla affidabilità dei test
che poi il soggetto in questione abbia argomentato in proposito a sproposito è possibilissimo
l’importante è non imitarlo