La montagna nazionalista di Salvini ha partorito il suo topolino, l’idea di tornare alla leva obbligatoria. Anche se i topolini, come vedremo, possono portare delle malattie molto pericolose.
Sorvolando sull’assurdità militare di una simile proposta, in un’epoca in cui la difesa è caratterizzata dall’impiego di tecnologie molto sofisticate che richiedono mani esperte più che dal numero di soldati impiegati, sorvolando pure sui costi – chi paga per mantenere tutti quei soldati? -, credo valga la pena guardare alle radici di questa proposta così anacronistica e illiberale.
Dagli interventi di Salvini e dei suoi sostenitori si coglie una visione della leva militare come di un qualcosa di “educativo“, come se servisse a “raddrizzare” i giovani di oggi – “ci vorrebbe un bell’anno di leva militare per tizio” uno dei commenti più ricorrenti – la vecchia idea trombona che si diventi veri uomini solo con le divise, i fucili e le marce.
Come se i giovani di oggi, grazie alla globalizzazione, non avessero davanti mille possibilità di esperienze molto più formative, molto più utili per il loro futuro e forse anche più dure e “correttive” della leva militare.
Ma qui l’idea di fondo è che i corpi e le vite dei giovani debbano essere a disposizione dello Stato e non lo Stato uno strumento a disposizione delle nuove generazioni. L’idea statalista e nazionalista per la quale è lo Stato a plasmare e indirizzare gli individui, invece di essere gli individui a decidere cosa debba essere lo Stato.
Qui non stiamo parlando di bambini, ma di persone adulte che lo Stato dovrebbe “educare” come vuole lui, cancellando la libertà, il valore e la responsabilità del “farsi da sé”. Se questa mentalità si applica oggi per la leva militare, domani si potrebbe estendere a qualsiasi altro ambito, lo Stato potrebbe volerci “raddrizzare” su qualunque aspetto della nostra vita.
Una volta la leva aveva motivazioni pratiche, di reale difesa della nazione, mentre adesso avrebbe soltanto motivazioni ideologiche e questo la rende molto più pericolosa per la nostra libertà. Se io voglio aiutare la mia comunità decido io come, dove, quanto, come e con chi farlo, non lo decide lo Stato o il Salvini di turno per me, nessuno può arrogarsi il diritto di sequestrarmi per un anno della mia vita.
Una cosa positiva, tuttavia, si è vista: a leggere i commenti su Facebook alcuni supporter di Salvini non hanno gradito la proposta. Nazionalisti sì, statalisti pure, populisti soprattutto, ma a fare il servizio militare ci vadano gli altri.
Come diceva Milton Friedman, un autore che forse Salvini dovrebbe leggere, nel suo libro “Capitalismo e Libertà”:
“Per l’uomo libero il suo Paese è l’insieme degli individui che lo compongono, non un’entità che li trascende […] L’uomo libero non si chiede né cosa il suo Paese può fare per lui, né cosa lui può fare per il suo Paese, semmai si chiede: Cosa possiamo fare io e i miei concittadini tramite lo Stato?… Ed a questo interrogativo egli ne affiancherà un altro: Come possiamo impedire che una nostra creazione, vale a dire lo Stato, diventi una specie di mostro di Frankenstein mirante a distruggere quelle stesse libertà che dovrebbe proteggere?”.
1 comment
Caro Pierpalo : condivido integralmente il tuo scritto. La proposta leghista è anacronistica, paternalistica, illiberale, e non saprei quanti altri aggettivi usare.
L’educazione delle giovani generazioni è un elemento fondamentale per una società civile, ma si realizza a partire dalla famiglia e dalla scuola, sino alla maggiore età, che è stabilita in 18 anni. Punto. Sono questi 18 anni di tutela quelli in cui dare ai giovani una formazione civile e responsabile. Ma il servizio militare obbligatorio !!!!!
E se anche fosse servizio civile, visto come contributo di tutti noi al sociale, forse questo concetto andrebbe sviluppato ed organizzato ed esteso a tutta la società e non soltanto ai giovanissimi, non in forma occasionale ma in forma strutturale.
Se ogni cittadino dovesse dedicare un giorno al mese del suo tempo al servizio civile non retribuito forse diventeremmo finalmente un vero paese civile.