Spiace doversi occupare sempre di lui e delle sue laide smargiassate, ma non si può far finta di niente. È la realtà, col suo cascame di quotidiane abiezioni, ad imporci di farlo. Anche a costo di sembrare ossessionati, di passare per biechi moralisti o di essere incolpati di fare il suo gioco.
Sembra di essere tornati ai tempi di Berlusconi, quando ogni sortita, ogni facezia proferita dal Cavaliere l’indomani occupava le prime pagine dei giornali, diventando argomento di dibattito, e di deplorazione da parte di quelli che lo aborrivano.
Ieri, in una conferenza stampa adibita nei pressi di una celebre spiaggia romagnola, in bermuda e camicia sbottonata (quando si dice: la forma è sostanza), il ministro degli interni ha sciorinato il suo repertorio più stomachevole.
Dapprima ha esordito inveendo contro una ong tedesca concludendo il suo concione con un raffinato: “basta, mi sono rotto le palle!”.
Poi è passato al dileggio di un giornalista, Lo Muzio, che gli chiedeva conto del trattamento riservatogli dalla sua scorta nei giorni passati, dandogli nemmeno troppo velatamente del pedofilo: “Vada in spiaggia a riprendere i bambini, visto che le piacciono tanto”. Per poi aggiungere compiaciuto: “Andiamo insieme in pedalò. Visto che sei maggiorenne, ti posso invitare”.
Per chi non lo sapesse, Valerio Lo Muzio è un giovane (ha 28 anni) e valente giornalista di Repubblica che ha sorpreso e filmato il figlio sedicenne di Salvini intento a scorrazzare sulla moto d’acqua della polizia. Qui la sua testimonianza.
A corredo di questa penosa vicenda, Carlo Verdelli ha vergato questo pregevole editoriale: “Se non fosse l’Italia che stiamo vivendo, se ce la raccontassero da fuori, penseremmo che è soltanto un brutto sogno: il luogo della scena, la carica istituzionale del protagonista, la mancanza di qualsiasi reazione dei presenti a un atto di bullismo e di intimidazione da parte di uno dei più potenti esponenti del governo; in realtà, e di gran lunga, il più potente. Ma non lo è, purtroppo, un brutto sogno”.
Infine, dulcis in fundo, quel tweet orrido scagliato in tarda serata contro una fantomatica zingara di Milano che lo vorrebbe morto. E quell’epiteto, zingaraccia, appioppatole con affettata noncuranza. “Ma vi pare normale che ci sia una zingara di un campo rom abusivo di Milano che va a dire: “Salvini dovrebbe avere un proiettile”? Preparati, Zingaraccia, che arriva la ruspa, amica mia”. Un tweet impregnato del più greve ed esplicito razzismo, passibile di incitamento all’odio nei confronti di una specifica etnia.
Siamo di fronte a qualcosa di inusitato nella storia della Repubblica: un ministro manifestamente indegno, sprovvisto del benché minimo senso dello Stato e del decoro che la sua funzione pubblica comporta; una specie di guappo che con i suoi atteggiamenti, le sue esternazioni, il suo pessimo esempio getta discredito sulle istituzioni e al contempo sdogana le pulsioni e i sentimenti più deteriori. Mi sia consentito di infierire: un personaggio, umanamente e politicamente, spregevole, ributtante.
Quel limite alla decenza, a ciò che in una liberaldemocrazia può essere accettabile, lecito, è stato travalicato da un pezzo. Nell’attesa che le opposizioni si risveglino dal loro dal torpore e che il popolo rinsavisca (attesa che si preannuncia estenuante: l’ultimo sondaggio di D’Alimonte gli attribuisce un consenso intorno al 39%, il più alto mai registrato finora), sarebbe doveroso un intervento del Quirinale al fine di arginare questa deriva morale.
1 comment
se verdelli e i suoi “giornalai” non fossero degli inutili conigli mafiosi, avrebbero pubblicato 2 righe (o +) di quanto mi han causato i carabbinieri 5 anni fa, e per cui sto ancora patendo – nonostante decine di email inviate un po’ a tutti.
ah ma loro se la prendono con il governo. Che, guarda caso, è fatto dagli stessi mafiosi inutili presenti nel popolo…