Boccia, Misiani, Provenzano, Meloni sono solo alcune delle figure politiche che nelle ultime ore stanno attaccando il Governo Draghi per essersi rivolto a McKinsey, gigante della consulenza aziendale, ed aver stipulato con esso un contratto avente per oggetto alcune attività del Recovery Plan che andrà presentato entro il 30 aprile.
Da ex consulente aziendale, l’obiezione che mi viene da fare è che i personaggi della politica che tanto si stanno scaldando forse non hanno chiaro il significato di alcuni termini dell’incarico a McKinsey.
Questa non comprensione del significato della terminologia, e dunque del lavoro che è stato affidato alla società di consulenza, genera frasi di accusa che hanno come unico effetto quello di sottolineare l’ignoranza di chi le pronuncia.
Andiamo a leggere la nota del MEF:
“L’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next Generation” già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano. Il contratto con McKinsey ha un valore di 25mila euro +IVA ed è stato affidato ai sensi dell’art. 36, comma 2, del Codice degli Appalti, ovvero dei cosiddetti contratti diretti “sotto soglia”. Le informazioni relative al contratto saranno rese pubbliche, come avviene per tutti gli altri contratti del genere, nel rispetto della normativa sulla trasparenza”.
Partiamo dall’inizio.
“Elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next Generation” già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea” significa che i consulenti di McKinsey andranno ad analizzare, spulciare e sintetizzare i piani di investimento fatti da altri Stati dell’Unione Europea, in modo da consegnare al Governo un confronto con i principali attori europei, magari rappresentato sinteticamente con l’ausilio di indicatori o KPI.
Nel mondo economico-finanziario il confronto di realtà aziendali, o in questo caso di soggetti-Paese, simili oppure operanti in un ecosistema confrontabile, è una metodologia di analisi utilizzata a supporto della decisione strategica.
Non è assolutamente nulla di losco o di vergognoso, né tantomeno inventato da Draghi.
Quindi frasi come quella proveniente da Francesco Boccia: «Con tutto il rispetto per McKinsey, se le notizie uscite oggi fossero vere, sarebbe abbastanza grave» sono decisamente fuori luogo, a meno che l’ex ministro non intenda che “grave” sia l’utilizzo di una metodologia di analisi insegnata nelle università e utilizzata abitualmente nella prassi professionale.
Ma andiamo avanti.
“Supporto tecnico-operativo di project-management”.
Per spiegare cosa è il project management ai politici italiani, chiediamo di venire in nostro aiuto al famigerato PMBOK del Project Management Institute: una sorta di manuale che viene utilizzato come libro di testo per la preparazione della certificazione internazionale PMP e per approfondire e studiare le tecniche applicate dai Project Manager o, più in generale, da qualunche manager formato che si occupi di gestire e coordinare una progettualità.
A pagina 13 del PMBOK possiamo trovare la definizione della disciplina.
Cito testualmente:
“Un project management efficace aiuta individui, gruppi e organizzazioni pubbliche e private a:
- Soddisfare obiettivi aziendali;
- Rispettare le aspettative degli stakeholder;
- Essere più prevedibili;
- Aumentare le possibilità di successo;
- Fornire i prodotti giusti nei tempi giusti;
- Risolvere problemi e questioni;
- Rispondere ai rischi in modo tempestivo;
- Ottimizzare l’uso delle risorse dell’organizzazione;
- Identificare, recuperare o terminare progetti destinati all’insuccesso;
- Gestire i vincoli ( es. qualità, schedulazione, costi, risorse)
- Bilanciare l’influenza dei vincoli sul progetto;
- Gestire il cambiamento in modo migliore.”
Chiarito quindi, dalla prima generica frase introduttiva, che l’ambito di applicazione è sia pubblico che privato, ricordo anche che la pubblica amministrazione utilizza abitualmente società di consulenza per i più svariati compiti. Principalmente hanno incarichi nella PA le blasonate “big four” della consulenza Deloitte, KPMG, PwC e E&Y e le “big three” McKinsey, Bain & Company e Boston Consulting.
Le società di consulenza affiancano da sempre AD, CFO e più genericamente il management di aziende private o della pubblica amministrazione, per innumerevoli attività al fine di ottimizzarne l’efficienza. Pensate che questo è così equivoco e sospetto che tutte le società di consulenza nel loro sito Internet sfoggiano una sezione apposita dedicata alla gestione dei temi riguardanti il settore pubblico.
Questo non significa che i consulenti si sostituiscono al potere decisionale degli AD, CFO, ministri o manager, ma piuttosto che svolgono attività di analisi, controllo e monitoraggio su temi per cui sono stati incaricati, al fine di fornire alle figure direzionali strumenti e supporto per decisioni strategiche, operative o riorganizzative.
Giuseppe Provenzano che tuona (su Twitter) dicendo: “Un giorno trapela che Draghi “il Recovery se lo scrive da solo”, e va bè. Oggi che invece ci lavora McKinsey.” non ha semplicemente capito la differenza fra “decidere cosa scrivere” e “fare delle attività di supporto” per agevolare una scrittura efficace ed efficiente del Recovery Plan.
Con la comprensione del concetto di “consulenza” sembra aver problemi anche il Fatto Quotidiano che se ne esce con titoli tipo: “Rispunta la “task force” ma questa volta a pagamento.”
Le task force di Conte hanno avuto un ruolo operativo decisionale e di indirizzo.
Quindi la mia domanda è, anche qui, la medesima: avete capito cosa fanno le società di consulenza? Riusciamo a distinguere la gestione operativa di un progetto dalla governance dello stesso?
Ignoranza o malafede?
Lascio a voi decidere. Però concludo con un’ultima osservazione.
La bolgia di politici che urla allo scandalo ha attivato giornalisti, si è scatenata sui social, ha rilasciato interviste a chiunque e addirittura ha invocato l’intervento del Parlamento (come ha fatto il deputato di LeU, Stefano Fassina).
In sintesi questo gruppo di persone ha impiegato una mole di tempo, energie e lavoro (sottraendoli ad altre attività) decisamente sproporzionati per un contratto che ha come importo totale 25.000 Euro + IVA.
Questo va contro alcuni principi del project management come ad esempio la valutazione del costo-opportunità.
Quindi, forse, piuttosto che indignarsi per la scoperta dell’acqua calda, e cioè che i consulenti che “fanno cose strane” esistono e lavorano per la pubblica amministrazione, consiglierei ai politici italiani proprio una consulenza professionale, di project management, di comunicazione e soprattutto di utilizzo dei social.
1 comment
Patetico: questo articolo presuppone che non esista una cosina nota come conflitto d’interessi,che un consulente ha ,soprattutto se le sue indicazioni vengono seguite pediiseequamrnte(ed è propabile che il delinquente a palazzo Chigi lo faccia):1)Potrebbero consigliare cose che giovi agli interessi del consulente,oppure a qualcuno in contatto con lui2)Potrebbe consigliare cose che giovano ad attori economici per cui il consulente lavora (magari con parcelle più alte)
A prescindere dal caso concreto il sospetto è non solo legittimo ,ma doveroso