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ReferendumSpeaker's Corner

Le leve del potere e l’illusione dei tagli

1215, Londra, Giovanni Plantageneto deve concedere ai baroni del Regno la Magna Charta Libertatum. Ci tengo alla traduzione: Grande Carta delle Libertà (delle libertà, capito?) In essa, tra l’altro, si legge che nessuna tassa potrà essere imposta dal re senza l’approvazione del consiglio reale, cioè di un organo “rappresentativo” della nobiltà. Per la cronaca, e magari anche come contributo a svegliare qualche mente rimbambita, quella Carta vietava che si potesse essere arrestati o costretti all’esilio prima di un regolare e tempestivo processo. 1215. Simbolicamente è la  Magna Charta Libertatum che avvia la rivendicazione e l’applicazione di alcuni principi: 1) se anche sei il re, non puoi fare come ti pare. 2) sei tenuto a garantire ai tuoi sudditi alcuni diritti 3) nello specifico, se vuoi fare qualcosa tipo mettere una tassa o fare una guerra, devi discuterne con un gruppo di persone che rappresenta il punto di vista di coloro che poi a quelle scelte devono soggiacere.

Quasi mille anni fa i sudditi trovarono il modo di mettere limiti al potere dei regnanti mediante l’obbligo di consultare un organo che ci mise molto tempo a diventare realmente efficace e costituzionalizzato, cioè stabile aldilà della volontà del re,  ma che fu quasi da subito chiamato “parlamento“.

Nella rimbecillita Italia del 2020, camuffato dalle peggiori banalità, bugie e cristalline ignoranze, si prova a modificare i meccanismi di bilanciamento tra il presidente del consiglio dei ministri, i capi dei partiti e il parlamento. Quella che Marco Pannella e Roberto Lucifero d’Aprigliano prima di lui chiamavano la “partitocrazia” è in azione da molti anni per limitare, indebolire, fiaccare il ruolo del parlamento, cioè di chi rappresenta i cittadini, in tutti i modi possibili, compreso quello di riempirlo di deficienti o bypassarlo regolarmente con decreti legge, frequenti voti di fiducia  e, ora di moda, decreti del presidente del consiglio dei ministri (DPCM).

Per restare ai tempi recenti, a partire dal Mattarellum, tutte le numerose leggi elettorali via via approvate o proposte hanno sempre previsto in maggiore o minore misura “liste bloccate”, cioè quel meccanismo per cui chi rappresenta i cittadini che votano quel partito (e per il sacrosanto principio costituzionale, tutti i cittadini) lo decide un gruppo sconosciuto e totalmente opaco di persone all’interno del partito medesimo. Giova ricordare che “partito” è il nome di una associazione per cui la Costituzione prevede una legge di regolamentazione che in settanta anni nessuno ha mai trovato il tempo di approvare. Insomma, i rappresentanti dei cittadini in parlamento vengono decisi solo marginalmente dagli elettori e sempre di più dai capi dei partiti, attraverso vari sistemi più o meno opachi.

Il Movimento 5 Stelle, in quest’opera di sottrazione della possibilità di scelta dei rappresentanti, ha toccato vertici di puro virtuosismo. Brandendo il principio che è il cittadino che conta, ha colmato i suoi gruppi parlamentari di persone sostanzialmente raccolte dalla strada, prese dai bar, estratte a caso dai social. Al grido di “Uno vale uno” levato da legioni di fanatici, ha riempito di persone qualunque le istituzioni provocando orgasmi in coloro che credevano che se uno come te ti rappresenta allora farà i tuoi interessi. Naturalmente la stragrandissima maggioranza dei parlamentari del M5s non ha nessuna possibilità di fare davvero gli interessi di chiunque, tranne – magari – in modo sostanzioso e crescente, i propri personali; nel M5S – sorpresa sorpresona – è un piccolo, piccolissimo gruppo di persone a decidere, né più e né meno di quanto non accada negli altri più significativi partiti.

E così un ridotto numero di potenti distribuiti da destra a sinistra, nei partiti di maggioranza e di opposizione, nel governo e nella magistratura, detiene la gran parte delle leve. Non si penserà, infatti, che siano mille rappresentanti dei cittadini/elettori a decidere i fondamenti di politica economica, sanitaria, sociale o della difesa vero? Ovviamente no, ma a qualcuno dei più obbedienti parlamentari (obbedienti ai propri capi, of course) si permetterà di far stanziare un po’ di soldi per le feste della parrocchia o per la tutela del broccolo di provincia.

Per essere ancora più certi di non aver messo in lista per sbaglio un rappresentante dei cittadini/elettori bravo, competente e indipendente, o di non essersi lasciati scappare un senatore autorevole e ascoltato, o per assicurarsi che non ci siano magari piccoli partiti dissonanti in parlamento, ecco il colpo di genio di ridurre il numero di deputati e senatori. Magari tra un paio d’anni si potrà dare ancora una sforbiciata, tanto, una volta passato il principio, la scusa per disfarsi di qualche altra decina di rappresentanti dei cittadini si trova. E così, le oligarchie dei partiti, degli apparati statali e dei governi pro tempore si apprestano a concentrare ulteriormente il potere in sè, allontanandolo, staccandolo, separandolo, ancora di più dal cittadino. Il tutto, sia chiaro, accompagnato dal giubilo e dalle risate a tutta ganascia del cittadino medesimo, impegnato ad inveire all’ora dello spritz contro il magna magna dei politici, che pensa con occhio brillante di punire la casta e invece la rafforza, convinto di suonare e invece è suonato, corre dietro all’osso che gli viene lanciato e si crede il cacciatore, si consegna fischiettando al re.

È desolante il confronto con ragazzi, donne e anziani che in parecchie parti del mondo rischiano la galera e la vita per ottenere di essere rappresentati e di limitare così il potere delle oligarchie. Si prova quasi vergogna al loro cospetto, e se ne hanno, purtroppo, buoni motivi.

1 comment

Dario Greggio 18/08/2020 at 14:40

Io rispondevo sempre “ok i 900 che rubano, ma ci pensi a 3.500.000 di statali che rubano idem o agli evasori?” …

ma ovviamente non è che qualcuno lo capisse.

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