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Giustizia

Le leggi ad personam di B. Vademecum disincantato

Forse non ve ne siete accorti, ma il tema “giustizia” in Italia è stato legato a doppio filo al caso Berlusoni. Due schieramenti contrapposti: chi pensa che Silvio volesse salvare se stesso dai processi rovinando ulteriormente la giustizia contro chi pensa che una parte di magistratura, politicizzata e/o irresponsabile, volesse sovvertire i risultati della democrazia annientando un leader politico in grado di riformarla. Due visioni vere allo stesso tempo, anche se entrambe caricaturali. Quel che resta è la sconfitta di tutti. Di Berlusconi, che ha subito una condanna definitiva; degli antiberlusconiani che vedono comunque il loro nemico fare esattamente ciò che vuole così come ha sempre fatto, senza pagare davvero nessun conto; soprattutto di quelli “in mezzo”. Cioè di quelli come noi, convinti che la guerra Berlusconismo-magistratura fosse lo scontro fra due gravi anomalie del nostro paese, entrambe da superare. Noi che saremmo stati disposti anche a tollerare lo scandalo morale di leggi ad personam se almeno fossero state positive anche per gli altri. Noi che disprezziamo i vari Sallusti e Santanché ma che combattiamo con forza i vari Travaglio e Di Pietro. Noi poveri sinceri garantisti, insomma.

Quello che segue è un bilancio degli innumerevoli tentativi di riforma. Piccola premessa “paraguru”: le responsabilità citate qui sono tante e di tanti. Lungi da me voler arrivare alla conclusione molto italiana “è colpa di tutti, quindi colpa di nessuno”. Ogni peccato ha un autore col suo nome, ciascuno ha le sue responsabilità. Perché se c’è un atteggiamento ancora più italiano del “è colpa di tutti quindi di nessuno” questo è il pensare che sia tutta colpa di un capro espiatorio: Berlusconi per la sinistra, i magistrati per questa caricatura di destra. Le colpe vere sono di un sistema italiano moralmente molto debole, gravemente irresponsabile e soprattutto irriformabile. Sia Berlusconi che la magistratura hanno responsabilità in questo senso, e gravi.

Le leggi smaccatamente ad personam, che hanno favorito Berlusconi-e-basta sono state fatte per lo più nel suo secondo governo, quando in effetti i rapporti con la giustizia erano già molto inaspriti rispetto al ’94. La legge sulle rogatorie del 2001, la Cirami del 2002. Poi il lodo Schifani e il lodo Alfano con in più il legittimo impedimento del 2010. Personalmente (e forse paradossalmente) queste leggi mi interessano meno, perché non hanno inciso davvero sulla giustizia. Su queste si è prodotta la gran parte della letteratura antiberlusconiana ma da ogni parte se ne esce fuori male. Berlusconi di suo ha un passato per cui sarebbe stato impresentabile nella totalità delle democrazie pienamente occidentali, ma la magistratura ha effettuato un accanimento irresponsabile. Cioè: i 34 procedimenti contro Berlusconi (fanno tempo ad aumentare, augurandogli lunga vita) sono un numero ridicolo che ha politicamente aiutato lo stesso B nel suo ruolo di vittima. Uno Stato serio avrebbe fatto emergere quei 5/6 casi davvero rilevanti su cui davvero inchiodare Berlusconi, possibilmente qualcuno anche prima che scendesse in politica promettendo di riformare la magistratura. Discorsi molto diversi sono la legittimità etica dell’agire berlusconiano e l’opportunità di votarlo ai suoi tempi.

Tra le leggi potenzialmente utili (ad personam o no) ce ne sono state in relaltà solo due che vanno ricordate. Il Decreto Biondi del ’94 (forse l’unica stagione liberale di Forza Italia) che si proponeva di limitare l’abuso della custodia cautelare dopo la pesantissima stagione di Mani Pulite. Le reazioni di piazza e della magistratura furono enormi, sconsiderate. Va sottolineato che a cavalcare le stesse piazze furono due partiti “di destra” come Alleanza Nazionale e la Lega Nord, oltre a Scalfaro. La legge Pecorella del 2006 invece si proponeva di avvicinare il nostro sistema a quello di common law, abolendo il ricorso in Appello dell’accusa quando l’imputato viene assolto. La legge fu dichiarata incostituzionale con una formula barocca, e quasi del tutto svuotata. La giustizia è un gioco di equilibri e a nostro avviso, se ben bilanciata, la Legge Pecorella sarebbe un passo avanti, da riproporre previa modifica costituzionale. Ma non ci sarà, perché le resistenze della casta togata sono enormi. Più discutibile la famigerata ex Cirielli (2005). Da un punto di vista teorico poteva essere un grave danno alla giustizia, fatto su misura di Previti, Berlusconi stesso e altri amici. I termini di prescrizione sono stati ridotti per gli incensurati, non in base alla gravità del reato (grave errore, doloso). La formula andrebbe ricalibrata, eppure, come abbiamo già provato a spiegare da queste parti, gli effetti sul numero di prescrizioni (avendo cambiato le modalità di organizzazione dei magistrati) sono stati positivi. In sostanza dal 2005 a oggi le prescrizioni si sono dimezzate, passando da più di 200 mila all’anno a più di 100 mila. Moralmente molto discutibile, ma ciò che ci importa oggi è che, dopo essere ricalibrata in pejus, andrebbe mantenuta.

Per quanto riguarda le leggi importanti, autenticamente berlusconiane, potremmo fermarci qui. Ci sono state altre leggi giuste, fatte però con la sinistra e su modello della benemerita “Bozza Boato“. Ad esempio la riforma dell’articolo 513 («giusto processo») che vietava e vieta di utilizzare a dibattimento, se non confermati in aula, i verbali d’interrogatorio ottenuti dal pm durante le indagini preliminari. È una riforma elementare e che ci ha messo in linea con tutti i paesi di cosiddetta common law, ma che dovette scontrarsi con una bocciatura della Corte Costituzionale prima di essere perfezionata cambiando la Costituzione nel 1999. La lezione non fu imparata se non tardivamente: che la giustizia, in Italia, si può cambiare solo mettendo le mani sulla Costituzione. Ci sono state tante altre leggine ad personam di Berlusconi (che non sempre riguardavano però la giustizia) e anche alcuni clamorosi autogol, ultimo dei quali la legge Severino.

Ma il lato peggiore del berlusconismo sulla giustizia sono state le leggi illiberali che con B non c’entravano nulla (almeno quando furono concepite, vedi legge sulla prostituzione). Appunto le proposte ridicole e ipocrite di strane retate sui viali contro i clienti delle prostitute da strada, l’inasprimento inutile del 41 bis, le leggi vergognose e sfatte sul testamento biologico, l’obbligo di arresto per i sospettati di stupro, dopo una bolla mediatica creata in gran parte dagli stessi telegiornali di Berlusconi (per fortuna bloccato dalla Cassazione nel 2010).

Liberale e garantista per necessità personale, populista e forcaiolo per convenienza politica, la vera eredità negativa di Berlusconi è ciò che non ha fatto. Praticamente tutto l’ultimo tentativo di riforma Alfano, la grande incompiuta. Abbiamo sprecato maggioranze storiche per realizzare la separazione delle carriere, la responsabilità civile dei magistrati, una seria riforma del Csm, capace di porre fine alla cosiddetta “correntocrazia”, una riforma che ponesse fine all’obbligatorietà dell’azione penale. Abbiamo mancato riforme utili come quella sulla pubblicazione delle intercettazioni, quella sui magistrati fuori ruolo, quella sui concorsi. Abbiamo assitito ai più vergognosi insulti alla magistratura (“Via le BR dalle procure”), alla favola (nauseante nella sua ridondanza ossessiva) dei “giudici comunisti”, della condanna per frode fiscale del 3 agosto 2013 inferta da “Magistratura Democratica” (balla spaziale), alla marcetta delle cosiddette amazzoni nel tribunale di Milano e a tutto il carnevale cialtrone e berlusconiano. Abbiamo completamente lasciato da parte, obliata, una riforma della giustizia civile, che avrebbe aiutato tutti, per occuparci sempre di riforme penali viste nella prospettiva di un uomo solo.

Quel che è certo è che Berlusconi, oltre ad essere un unicum, è stato principalmente un’ enorme promessa mancata. Sputtanare il garantismo schiacciandolo sotto la battaglia pro domo sua di un imprenditore border line, in cambio di un leader politico capace di convogliare il populismo più rozzo nello stesso presunto garantismo (anziché come al solito nel forcaiolismo). Indovinate quale metà della promessa è stata mantenuta.

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