Nel corso del weekend appena trascorso, una buona parte dei media nostrani, soprattutto quei quotidiani che spesso vedono nei Conservatori Britannici un punto di riferimento politico molto importante, da “esportare” nel nostro paese, ha applaudito l’accordo ottenuto da David Cameron a Bruxelles venerdì notte, dopo settimane di intense negoziazioni con le istituzioni europee.
Nonostante questa “vittoria”, è giusto ricordare ai conservatori nostrani come in patria (nel Regno Unito) lo storico accordo strappato da Cameron non è particolarmente piaciuto, né ai cosiddetti europeisti, guidati – in primis – dai Lib-Dem, assieme ai Verdi unico partito ad avere una voce chiara ed omogenea riguardo i rapporti tra Londra e l’Unione Europea, né ai cosiddetti “euro-scettici”, divisi al loro interno in più gruppi molto eterogenei e diversi tra loro.
Secondo quanto riportato da molti telegiornali, quotidiani e programmi radio britannici, l’esito dell’ accordo – per quanto, più o meno, lo si possa condividere – è rimasto, fin da subito, un argomento molto marginale. La notizia più importante, infatti, è arrivata nel primissimo pomeriggio di Sabato, poche ore dopo l’accordo di Bruxelles: il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea si terrà giovedì 23 giugno 2016. Questa era la vera notizia che tutti aspettavano. L’accordo è quindi subito passato in secondo piano.
Questo sentimento comune, è stato espresso chiaramente da Tim Farron ai microfoni della BBC domenica mattina. Il leader dei Lib-Dem, subentrato a Nick Clegg dopo la debacle delle elezioni generali di maggio 2015, ha infatti spiegato molto bene come la vera battaglia politica inizi solo ora, durerà 123 giorni e vedrà contrapposte due visioni geo-politiche, sociali ed economiche totalmente opposte: da una parte coloro che credono che il Regno Unito debba continuare a collaborare e rimanere all’interno del più importante singolo mercato del mondo, co-operando per migliorare le istituzioni europee; dall’altra coloro che invece credono che il Regno Unito debba isolarsi ed allontanarsi sempre di più da molti dei suoi principali partner economici e politici. L’accordo di Cameron risulta quindi essere secondario, la vera partita si gioca adesso.
Oltre al fatto di essere passata in meno di 24 ore da “breaking news” a “notizia secondaria”, la vittoria di Cameron (il quale ha poi subito comunicato in diretta televisiva che farà campagna elettorale per rimanere nell’Unione Europea) è stata subito eclissata dai media britannici dal fatto che ben sei ministri dell’attuale governo Conservatore (John Whittingdale, Theresa Villiers, Michael Gove, Chris Grayling, Iain Duncan Smith e Priti Patel) hanno dichiarato che non sosteranno il loro leader e “combatteranno” per staccarsi dall’Unione Europea.
Durante la giornata di sabato i cinque ministri hanno partecipato al lancio della campagna “Vote Leave” e si sono fatti fotografare davanti a un grosso cartellone con la scritta “Let’s take back control”. Per dirla in termini più semplici, una buona parte del partito conservatore ha quindi deciso di seguire le orme di Nigel Farage e di supportare l’uscita del Regno Unito dall’UE.
Un ulteriore colpo basso per David Cameron è poi arrivato domenica pomeriggio dal suo pupillo preferito, l’attuale Sindaco di Londra e Parlamentare Conservatore: Boris Johnson.
Boris Johnson, politico molto popolare, carismatico e stravagante, ha chiaramente spiegato davanti alle telecamere come l’unica vera soluzione per ottenere quel cambiamento che nemmeno Cameron, nonostante gli sforzi, è riuscito ad ottenere, sia quella di andarsene dall’Unione Europea.
Ad oggi, Boris Johnson è il principale candidato Conservatore pronto a raccogliere le redini del partito al termine di questa legislatura. Così facendo, Johnson ha deciso di abbandonare politicamente il suo “padrino” (il quale sperava fortemente di vedere l’attuale Sindaco di Londra al suo fianco nella battaglia referendaria) e di schierarsi contro di lui.
Per finire, è giusto ricordare come, secondo quanto rilevato da due sondaggi (Sky Data Snap Poll) condotti esclusivamente da Sky News News UK, per oltre il 79% degli intervistati l’accordo raggiunto da David Cameron a Bruxelles non risulta essere particolarmente importante, mentre per il 29% degli intervistati la decisione di Boris Johnson di fare campagna elettorale per abbandonare l’Unione Europea renderebbe più probabile un loro voto in favore di un “Brexit”.
Insomma, il referendum si terrà, come detto, giovedì 23 giugno, ma un primo verdetto lo abbiamo già ricevuto: la tanto celebrata (in Italia) “vittoria di Cameron” sembra essersi trasformata – in questi primi giorni di campagna elettorale – in una vera e propria “vittoria di Pirro”.
La vera sfida, al momento, sembra infatti svolgersi all’interno del Partito Conservatore, un partito completamente diviso ogni volta che il dibattito si concentra sulle relazioni tra Westminster e Bruxelles. Nonostante la sbandierata “libertà di coscienza” e l’ottima performance del Primo Ministro durante la sessione parlamentare di ieri, la divisione all’interno del Partito Conservatore sembra molto più netta e per David Cameron la sfida si sta facendo molto più dura di quel che lui stesso pensava. Secondo quanto riportano tutti i media britannici, il rischio principale per l’attuale Primo Ministro è che, in caso di voto favorevole all’uscita dall’Unione Europea, il Partito Conservatore possa nel giro di poche settimane voltargli definitivamente le spalle e supportare in toto Boris Johnson.
P.s: A seguito di quanto successo nel corso del weekend è giusto ricordare come nella giornata di ieri la Sterlina sia calata in una sola sessione dell’1,4%, raggiungendo quota 1,4135 nei confronti del Dollaro Statunitense, il valore più basso da Marzo 2009.