Forse solo chi possiede una seria formazione umanistica è consapevole di quale profonda parentela spirituale sussista tra i Tedeschi moderni e gli antichi Greci, di quanto la Grecia che abbiamo imparato ad amare sui libri di scuola sia figlia di Schliemann e di Wilamowitz, di Winckelmann e di Jaeger almeno tanto quanto fu figlia di Achille e di Omero, di Fidia e di Platone; di quanto per converso i Ludovico I di Baviera, i Goethe, gli Hegel e i Nietzsche, come li conosciamo noi, non sarebbero neppure concepibili senza l’inesauribile fonte della cultura ellenica. Ma di certo ognuno di noi è ben consapevole di cosa rappresenta invece la Grecia per l’Europa e per l’Occidente intero: la Grecia è la nostra madre spirituale, la culla del pensiero critico e del rigore geometrico-scientifico, ma soprattutto la culla della democrazia e l’avamposto delle eterne battaglie contro il dispotismo asiatico.
Tra noi e la Grecia antica si frappongono però la storia millecinquecentenaria della caduta dell’Impero Romano e della divisione del Mediterraneo in un mondo latino-germanico ad ovest e in un mondo greco-slavo ad est; la frattura tra una cristianità romanica, contaminata dall’arianesimo e quindi più incline al secolarismo e all’individualismo; e una cristianità ortodossa, contaminata dal monofisismo e quindi più incline al cesaropapismo e all’autocrazia, di cui pure l’Atene dei secoli d’oro era stata nemica mortale. La storia dello spirito umano non tracciò questo limes invano se ancora oggi gli unici due stati di fede ortodossa dei diciannove del club dell’Euro, la Grecia e l’isola greca di Cipro, si atteggiano a cavallo di Troia del Cremlino, sedicente erede della teocrazia bizantina e strenuo avversario delle democrazie occidentali; se ancora oggi la Grecia è protagonista di un pericolosissimo tentativo di mutare per sempre l’Unione Monetaria in un caravanserraglio socialista tenuto insieme unicamente dal principio dell’assalto alla diligenza dei Paesi fiscalmente virtuosi.
Chi scrive non crede che a Bruxelles, a Francoforte e a Berlino le menti che decidono del futuro dell’Europa e del suo cuore economico tedesco non misurino la portata di tale dilemma.
Ma ora esse dovranno purtroppo riconoscere che, se lo spirito della Grecia classica vive ancora, esso non dimora più nella Βουλή di Atene. Che tra il sogno illuminista di una Grecia finalmente modernizzata e moralmente all’altezza dell’Euro e la triste realtà dello sporco gioco politico di Tsipras si apre lo stesso abisso che separa l’Ifigenia laica di Goethe dall’Ifigenia tragica di Euripide. Per questo occorre prendere atto, non senza profondo dolore, che, come Agamennone nel mito dovette sacrificare la figlia prediletta perché Troia fosse sconfitta, così l’Europa dovrà rinunciare alla Grecia di Syriza-Anel, se vorrà uscire vincitrice dalle sfide del XXI Secolo.
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