Secondo una famosa frase attribuita a Friedrich Hayek «se i socialisti capissero l’economia, non sarebbero socialisti». Aggiungerei che solo chi non ha studiato e compreso sufficientemente il pensiero di Karl Marx può continuare a definire se stesso come marxista e comunista.
Una buona prova di ciò è l’esempio del pensatore sloveno Slavoj Zizek, come ha ricordato lui stesso in un suo articolo sul finale imponente e discusso della serie televisiva americana Game of Thrones. Nell’articolo in questione, pubblicato sul sito del giornale britannico Indipendent, il famoso teorico marxista sostiene che il messaggio finale della serie sia sbagliato in quanto rigetterebbe i cambiamenti politici rivoluzionari.
La critica di Zizek si concentra sulla caduta della regina Daenerys Targaryen, la quale dopo aver lottato per anni promuovendo la visione di un mondo migliore, è alfine divenuta una dittatrice sanguinaria. Scrive Zizek: «la regina radicale che voleva più libertà per tutti indipendentemente dalla classe sociale e la razza viene soppressa», e così il passaggio a un ordine sociale nuovo non viene implementato e le cose ritornano alla solita gerarchia. Il messaggio mandato dalla serie con la svolta di Daenerys da liberatore a dittatore sarebbe, secondo Zizek, reazionario, perché implica che le rivoluzioni siano condannate a sfociare nell’autoritarismo. Un’opinione del genere ce la si potrebbe aspettare forse da un semplice ideologo socializzante o liberale, però non da un marxista accademico di fama internazionale, che dovrebbe conoscere bene i punti scientifici delle opere di Marx (anche se lui viene considerato soprattutto uno studioso esperto della filosofia di Hegel).
I due pensatori tedeschi dell’800 avrebbero senz’altro concordato che le rivoluzioni benefiche siano frutto di importanti evoluzioni materiali e intellettuali oggettive e di mutamenti nel corpo della società, quindi non da azioni isolate di monarchi romantici o di piccoli gruppi di persone. Un leader romantico può certamente guidare una rivoluzione, dandole un impulso proprio, ma non può inventarla dal nulla – e in questo caso non potrebbe evitare di cadere nell’autoritarismo, come giustamente hanno rilevato gli sceneggiatori di Game of Thrones.
L’estetica di Westeros e la sua realtà sociale sono ovviamente ispirate per la maggior parte all’Europa medievale, direi però che dal punto di vista dell’analisi teorica esse ricordano piuttosto il Giappone tradizionale. Westeros è un continente insulare dove c’è un’organizzazione sociale esclusivamente dinastica e feudale, che non contiene città indipendenti e centri commerciali e bancari autonomi. Non esiste vale a dire alcun elemento borghese e capitalista primordiale come quelli dell’alto medioevo europeo, che farebbe pensare ad esempio ai comuni dell’Italia rinascimentale. Mancano dunque degli elementi che avrebbero indicato che la società di Westeros porta in se imminenti trasformazioni storiche nel suo ordine politico e sociale.
Una liberazione di schiavi non può essere sostenibile e veramente riuscita se non proviene da certe evoluzioni economiche, tecnologiche e sociali in grado di portare cambiamenti al processo produttivo e quindi un riassestamento consistente nei rapporti di produzione. La schiavitù, come qualsiasi istituzione fondamentale dell’organizzazione sociale, non può essere abolita solo perché qualche leader egemone, rivoluzionario o intellettuale decide così, ma perché si realizza un mutamento conforme nei presupposti e nelle condizioni oggettive, che renda l’istituzione in questione mal funzionante o antiquata, promuovendo forme diverse di organizzazione sociale. La servitù nel mondo reale fu abolita grazie alla crescita accelerativa delle forze di produzione mediante la scienza e la tecnologia, che la resero inutile e improduttiva, come aveva previsto Aristotele già due millenni fa. Prima però che ciò accadesse, la schiavitù era necessaria per il progresso economico e sociale (un marxista come Zizek avrebbe dovuto saperlo, se non altro perché ne parla nei suoi testi lo stesso Marx).
In certe città del continente di Essos, Daenerys ha imposto in modo sanguinario il suo potere e cancellato i regimi oligarchici preesistenti massacrando gli aristocratici. La liberazione degli schiavi che portava avanti in parallelo ha fatto sì che gran parte del pubblico la considerasse come leader rivoluzionaria alfiere della libertà; era in realtà questo suo atteggiamento, che preludeva in modo manifesto alla sua prospettiva autoritaria, dinastica e sanguinaria.
La politica di liberazione di Daenerys Targaryen non seguiva in nessun modo questi presupposti, al contrario rifletteva un approccio volontaristico all’azione politica e al cambiamento sociale, rappresentando una specie di leader che crede di poter agire secondo le proprie visioni idealistiche e imporre il suo volere, ignorando la realtà sociale oggettiva. Un atteggiamento del genere non può avere risultati positivi a lungo termine, e inevitabilmente sfocierà nell’autoritarismo e verso una tendenza punitiva nei confronti della società, nel momento in cui le convinzioni e i desideri del leader confliggano con una realtà sociale che non accetti questi presupposti.
Daenerys inoltre utilizzava una retorica propagandistica della liberazione, come peraltro tantissimi dittatori e leader autoritari hanno fatto nella storia; ma nulla di ciò che ha detto o fatto segnalava l’intenzione di trasformare le strutture politiche e gli strumenti di governo o di ottenere la transizione del sistema socioeconomico verso un altro modello. Anzi, lei distruggeva le strutture gerarchiche delle società senza occuparsi di sostituirle con altre più funzionali, mentre la sua pretesa di conquistare il trono non si basava sul sostegno o per lo meno sulla simpatia popolare, bensì esclusivamente sulla successione dinastica tradizionale. Era convinta che il trono le appartenesse per diritto di nascita come successore della dinastia decaduta dei Targaryen, e nel caso il suo diritto alla successione non venisse rispettato, avrebbe occupato il potere con la violenza, disinteressandosi del fatto che i popoli di Westeros la volessero e la accettassero come loro regina oppure no.
Le evocazioni di Daenerys circa la libertà e la giustizia erano astratte e in nessun modo erano accompagnate dall’emergere di una forma di rule of law e di istituzioni di consultazione politica. Al contrario, lei identificava la giustizia e la libertà come principi a sé stanti, incarnati da lei se stessa attraverso il suo potere svincolato da qualsiasi istituzione. Una tale forma di potere, dove il leader sostiene di rappresentare direttamente il popolo o il dio senza essere eletto né chiedere l’approvazione di nessuno, senza essere sottoposto alla legge o controllato da un corpo politico rappresentativo, corrisponderebbe all’assolutismo teocratico cristiano e islamico. Per quanto riguarda la storia europea contemporanea, la forma di potere di Daenerys richiamerebbe i totalitarismi del secolo XX, quindi è stata ottima la scelta degli sceneggiatori di Got di rivestire con un’estetica chiaramente nazionalsocialista il suo discorso di vittoria nella distrutta King’s Landing.
Zizek continua la sua analisi scrivendo che Game of Thrones si è concluso con il consiglio finale che rigetta la proposta di un’elezione democratica del re. Non ha notato che però il consiglio ha sancito un cambiamento di regime nel momento in cui ha deciso l’abolizione della successione di sangue e che in seguito il re sarebbe stato eletto dai rappresentanti delle casate aristocratiche. Tanto la dialettica hegeliana quanto quella materialista marxista, ma anche l’esperienza storica, avrebbero previsto un’evoluzione sociopolitica di questo tipo, ossia l’apparizione di un sistema politico nuovo e più democratico come prodotto dei contrasti e degli scontri della situazione precedente, che tuttavia avrebbe rapporti di coerenza e continuità con quella precedente. Non sarebbe possibile che una società adottasse il suffragio universale se fino a ieri il suo sistema di governo era la monarchia assoluta.
L’idea di elezioni con la partecipazione del popolo nasce nella mente dell’intellettuale più studioso di Westeros nel momento in cui la classe dirigente nel suo insieme si accorge che la monarchia assoluta dovesse essere abolita e al suo posto dovesse essere istituito un collegio elettorale aristocratico, cioè il primo passo verso una monarchia costituzionale. Quindi la conclusione della serie è perfettamente in linea con il modo in cui secondo Hegel si sviluppa l’autocoscienza dello spirito nella storia.
1 comment
[…] risposto a un articolo del sedicente marxista Slavoj Zizek sul finale della serie Game of Thrones, https://immoderati.it/game-of-thrones-ha-compreso-hegel-e-marx-meglio-di-slavoj-zizek/ mi sento ancora obbligato a spiegare ai vari progressisti e marxisti, non senza sentirmi […]