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Perché il soffitto non ci crolla in testa?

Coronavirus fidarsi degli esperti

Perché il soffitto non ci crolla in testa mentre dormiamo? Una domanda semplice, a cui però solo pochissimi sanno rispondere nel merito, grazie a competenze specifiche e non comuni. Più che affannarsi a cercare risposte occorre fidarsi degli esperti e delle istituzioni. Lo facciamo sempre, ad esempio ogni volta che entriamo in casa.

La casa nell’immaginario collettivo è il luogo sicuro per eccellenza (nonostante gli episodi di violenza domestica abbiano spesso confermato il contrario). Ognuno di noi si sente protetto all’interno delle quattro mura eppure conosciamo poco le leggi fisiche, le forze, i componenti che ne garantiscono la proverbiale solidità. Quanto devono essere lunghe e larghe le travi? Come sono composti i pilastri portanti? Quanto sono profonde le fondamenta? Chi ha realizzato tutto questo? Chi ha deciso i luoghi e i tempi? Quanto ci ha guadagnato?

Le risposte sono complesse e le persone -io per primo- non le conoscono, non potrebbero nemmeno comprenderle avvicinandosi alla questione improvvisamente durante un’emergenza, come ad esempio un terremoto.

Con i vaccini è la stessa cosa. Non possiamo comprendere tutto e non resta che fidarsi degli esperti e delle istituzioni.

Gli stessi medici vaccinatori non hanno condotto i test personalmente prima di iniziare a somministrare il vaccino. Non ne hanno studiato il meccanismo d’azione durante le fasi di sviluppo, osservandone i punti deboli e contribuendo a migliorarlo. Si fidano. L’importante è fidarsi delle fonti giuste, in questo caso quelle internazionalmente riconosciute, peer reviewed, quelle che da anni per mestiere si occupano di questi temi.

È fondamentale comprendere anzitutto che oggi spesso c’è uno studio capace di dimostrare una tesi ed un altro capace di dimostrare l’esatto opposto. C’è uno studio per tutto. Tra i parametri che conferiscono maggiore significatività, oltre al prestigio dell’istituto che conduce lo studio, si annoverano la numerosità -ovvero quanti casi sono stati coinvolti- e la convergenza delle fonti -ovvero quanti studi indipendenti confermino la stessa tesi-. Senza perderci in dettagli troppo tecnici che non siamo in grado di comprendere, questi due parametri possono essere discriminatori per la maggior parte delle analisi generali.

Scavare nel profondo dei meccanismi biochimici e cellulari che garantiscono il funzionamento di un vaccino non è una cosa semplice, nemmeno per i medici. Da un perché ne scaturisce sempre un altro, in una catena apparentemente senza fine che per essere seguita in profondità richiede conoscenze e competenze via via più rare. Anche il semplice apprendimento di dinamiche già studiate risulta complesso oltre certi limiti. Non è cosa per tutti, non semplicemente perché non tutti sono potenzialmente in grado, ma anche perché vi sono persone che hanno sacrificato la loro intera vita allo studio di determinati fenomeni, partendo a loro volta da conclusioni che le generazioni passate avevano già prodotto. Ergo non si può ripercorrere da zero questo processo nel giro di una manciata di mesi. Nessuno può farlo, men ché meno qualcuno senza esperienza specifica.

Perché due magneti si respingono? Ho assistito ad un’interessante lezione al riguardo: in ultima analisi per lo stesso motivo per cui mentre scrivo le mie dita, spingendo verso il basso, non possono attraversare i tasti che sto battendo. Eppure diamo per scontata la seconda conclusione, ma non la prima. Un dito è composto da diversi tessuti (osseo, cartilagineo…), il più esterno è l’epidermide che è un epitelio pavimentoso cheratinizzato. Lo stato corneo, il più superficiale, è a sua volta composto da elementi cellulari morti e matrice extracellulare, entrambi ricchissimi di proteine come la cheratina. Le proteine sono formate da uno scheletro carbonioso, una catena di atomi di carbonio. Questi sono composti dal nucleo di protoni e neutroni e dagli elettroni, molto più piccoli e leggeri, che gli ruotano attorno. Se il nucleo dell’atomo di carbonio fosse grande come la capocchia di uno spillo, la nube elettronica occuperebbe lo spazio di un’intera stanza. Va da sé che gran parte dello spazio che occupa un atomo è vuoto, eppure quando entra in contatto con lo spazio vuoto occupato da un altro atomo di carbonio, come quello contenuto nei monomeri che compongono il materiale plastico dei tasti del mio macbook, viene respinto. Ciò che causa questa repulsione è un campo magnetico, concettualmente identico a quello di due magneti. I nuclei non si toccano mai, neanche applicando tutta la forza possibile, a meno di voler sostenere che tra il dito e il tasto si verifichi una fusione nucleare. Spingendoci oltre le particelle subatomiche, nei perché dei perché, alla ricerca della causa ultima utile a disegnare una natura rassicurante e prevedibile, arriveremmo ad un punto in cui anche le conoscenze della fisica moderna si fermano e non possono far altro che descrivere l’universo per come lo vediamo, senza definire specifici rapporti di causalità.

Anche i migliori scienziati del mondo, giunti ad un certo limite, devono prendere le cose come sono, fidandosi di quel poco che possono conoscere. E soprattutto i migliori scienziati del mondo ne sono consapevoli.

Produrre un farmaco e distribuirlo su scala mondiale non è cosa facile. Servono competenze all’avanguardia nei campi più disparati: non solo matematica, chimica, biologia, farmacologia e medicina, ma anche epistemologia, sanità pubblica, economia, statistica, informatica, ingegneria gestionale, giurisprudenza. Non si può pretendere di avere un quadro completo, al pari degli esperti, leggendo banalmente i giornali e tenendosi compulsivamente informati su ogni polemica. Nessuna persona può farlo da sé, neanche la più colta e la più intelligente. Nella storia delle scoperte scientifiche l’epoca della logica e del ragionamento individuale si è conclusa nel novecento, oggi le conquiste sono sempre collettive -seppur in diverso grado- e necessitano di strumenti tecnologici e tecno-scientifici estremamente complessi e diversificati. Non resta che capire quel che si può e fidarsi, riconoscendo e apprezzando i propri limiti.

In questo processo di fiducia le istituzioni giocano un ruolo chiave e ad oggi, sia ben chiaro, non l’hanno interpretato al meglio. Tra virologi star, giornalisti sciacalli e politici incompetenti si è condotta una lotta all’ultimo sangue per l’esemplare che meglio è riuscito a perdere la fiducia della cittadinanza. Nondimeno non esistono facili alternative.

Un calcolo molto semplice che ognuno di noi può fare nel valutare i benefici del vaccino è quello sui morti a seguito della vaccinazione vs a seguito della malattia (che si è capito essere una sindrome respiratoria acuta con importante coinvolgimento vascolare) rapportati rispettivamente ai soggetti vaccinati e contagiati, ambedue categorie oggi sufficientemente numerose da consentire studi significativi. Lampante è la differenza, ampia diversi ordini di grandezza, a favore della vaccinazione.

Le cose si fanno ben più complicate volendo spingersi oltre, nell’analisi strutturale dei vettori ad mRNA o del DNA virale, nei meccanismi che consentono trascrizione e traduzione della proteina spike, nel modo in cui questa una volta sintetizzata dai ribosomi viene esposta in superficie, si lega agli anticorpi e ne stimola la produzione da parte dei linfociti, nonché nel modo in cui la catena infiammatoria può provocare coagulazione, trombosi o altro. Troppo complicate per divenire interamente oggetto di una pubblica discussione aperta a chiunque.

In conclusione il vaccino non è certo scevro di rischi, ma il rischio zero non esiste. Il virus è molto contagioso, al punto che nel tempo si presuppone un contagio quasi totale della popolazione nei paesi sviluppati. Ha inoltre una letalità che oscilla, a seconda di diversi parametri, tra l’1% e il 4%. Un trade-off è quindi sempre necessario ed è importante che anche la popolazione generale percepisca chiaramente, oltre ai rischi della vaccinazione, i rischi di gran lunga maggiori a cui la malattia espone in assenza di vaccinazione.

Scegliere di non vaccinarsi temendo il rischio di effetti collaterali, anche legittimamente, equivale a scegliere di oltrepassare a nuoto un fiume in piena temendo che il ponte, appositamente studiato da esperti di diversa estrazione, possa crollare. Alla fine ci fidiamo del ponte. Fidiamoci anche dei vaccini.

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