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Il caso Astrazeneca e l’inadeguatezza del giornalismo italiano

Da ieri mattina circola la notizia della sospensione, di durata 14 giorni, del vaccino Astrazeneca in Danimarca. Nel paese sono stati riscontrati alcuni casi di gravi coaguli di sangue in pazienti che avevano ricevuto il vaccino di Oxford.

Nei giorni scorsi anche altri paesi hanno sospeso la vaccinazione di dosi derivanti da un singolo lotto, il lotto numero ABV5300. Queste misure sono state disposte dopo che, a inizio marzo, un’infermiera è morta di trombosi multiple 10 giorni dopo la vaccinazione, mentre un’altra è stata ospedalizzata per delle embolie polmonari. In entrambi i casi, si tratta di dosi provenienti dal lotto ABV5300 (specifichiamo che ogni lotto contiene un milione di dosi).

Come al solito, quando si valutano questi report, non bisogna commettere l’antico errore del post hoc, ergo propter hoc: il fatto che un evento segua un altro non significa che il primo sia la causa del secondo. Bisogna fare tutti gli accertamenti del caso, e infatti il ministro della salute danese, Søren Brostrøm, ha già specificato che la decisione della Danimarca è solo una sospensione momentanea per motivi precauzionali. Non si tratta di una rinuncia al vaccino di Astrazeneca.

In ogni caso, L’EMA si è pronunciata sul lotto ABV5300 già il 10 marzo, scrivendo chiaramente che per ora non c’era alcun evidenza di un legame tra i vaccini e i casi segnalati di trombosi. Nella giornata di ieri l’agenzia europea ha sostanzialmente ribadito il suo giudizio. Nonostante questo, l’EMA ha avviato un’ulteriore indagine di verifica di cui avremo contezza nei prossimi giorni.

Per avere un quadro chiaro bisogna ottenere informazioni precise sulla composizione dei lotti e sui pazienti cui è stata somministrata una dose del lotto incriminato (numero, tempistiche, condizione clinica del paziente prima della somministrazione ecc.). Non solo: le autorità sanitarie devono anche verificare che i casi di trombosi rientrino, per numero di segnalazioni, nella media delle casistiche annuali. Se si verifica una discrepanza significativa (ripeto significativa, non una lieve oscillazione) fra i casi annuali e quelli attuali, allora vuol dire che può esserci un elemento disturbatore. 

Da qualche ora sappiamo che anche l’AIFA ha bloccato un lotto destinato all’Italia, ma si tratta di un lotto diverso rispetto a quello menzionato prima: non c’entra nulla con il caso della Danimarca e dell’Austria. Questa decisione è stata presa in seguito alla morte di un militare italiano a Siracusa, deceduto dopo la vaccinazione. Anche per questo lotto, il ABV2856, l’AIFA scrive che “non è stato stabilito alcun nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino e tali eventi”. Quindi il fatto che il militare si fosse prima vaccinato non è di per sé un elemento sufficiente a stabilire un nesso tra il decesso e la vaccinazione.

Ma i vaccini Astrazeneca sono così preoccupanti? Attualmente, i dati ci suggeriscono l’opposto. In Inghilterra milioni di persone hanno già ricevuto il vaccino Astrazeneca e, stando a un report di fine febbraio della MHRA (l’agenzia inglese di controllo dei farmaci), su 6.9 milioni di vaccinazioni si sono verificati solo 105 casi di anafilassi e nessun decesso.  Se invece si è interessati al panorama italiano e si vuole leggere un report sulle segnalazioni di casi anomali da vaccini, esiste una sezione dedicata dell’AIFA che si aggiorna periodicamente. Anche in questo caso si scoprirà che i dati sono piuttosto confortanti. Un episodio che dovrebbe farci riflettere, paradossalmente, sull’efficacia dei nostri sistemi di report e di vigilanza, è diventato un motivo per dubitare senza se e senza ma del lavoro delle case farmaceutiche.

L’intera questione scoppiata attorno ad Astrazeneca, in realtà, è molto semplice da risolvere: bisogna aspettare le indagini sui lotti sospetti e vedere cosa esce fuori. Le fasi di produzione e distribuzione dei vaccini sono iper-controllate, ma a volte ci possono essere rari casi di contaminazioni dei lotti, perciò è giustissimo che i paesi prendano precauzioni al riguardo.

Ciò che non è giusto è osservare il modo in cui i giornali italiani affrontano temi tanto delicati. Nelle primissime ore dopo la news dalla Danimarca, ANSA.it pubblica un link dal titolo “Covid: la Danimarca sospende uso vaccino Astrazeneca”; il tutto senza mettere né in didascalia né nel testo un accenno alle indagini in corso. L’effetto sui lettori più frettolosi è presto detto: il vaccino causa la trombosi e Astrazeneca è l’apoteosi del male. E lo stesso tipo di superficialità è stata esibita da altre agenzie e testate italiane.

Magari tra qualche giorno potremmo scoprire che ci sono davvero problemi in un lotto, o magari finirà tutto in un nulla di fatto. In ogni caso un simile esempio di giornalismo sciatto e sensazionalistico non può convivere quel sano principio di cautela che viene richiesto per trattare argomenti di salute pubblica.

Anche perché vorremmo ricordare che abbiamo centinaia di migliaia di persone che sono in attesa di fare la prima o la seconda dose di Astrazeneca: non sarebbe così strano se molta gente, presa da un terrore infondato, annullasse gli appuntamenti per la seconda dose, o non si presentasse nemmeno per fare la prima.

Davvero pensiamo che trattare con superficialità certi argomenti non abbia delle pesanti ricadute sociali?

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