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Politica interna

Conservatori e Riformisti. Bene le idee, male i protagonisti

In queste settimane, non senza diffidenza, ho dato uno sguardo annoiato a quelle che erano le mosse di Raffaele Fitto e del manipolo di uomini e donne al suo seguito. Era da un po’ che i fittiani si muovevano in affanno come degli autentici personaggi in cerca di autore dopo la rottura con Berlusconi, consumata sul ring delle elezioni regionali pugliesi.

Che Fitto guardasse ai conservatori britannici lo si sapeva da un bel po’. Risale allo scorso Aprile una sua lettera a David Cameron dove esprime massimo sostegno ai tories per le imminenti elezioni (poi di fatto vinte a sorpresa dagli stessi conservatori). Si è quindi infine arrivati lo scorso 15 Luglio all’annuncio ufficiale del nuovo partito «Conservatori e Riformisti», con tanto di leone nel simbolo, un chiaro riferimento all’omonimo gruppo del Parlamento europeo, capeggiato dai tories e completamente sguarnito di una rappresentanza italiana (fatta eccezione per l’esperienza individuale dell’ex MEP Cristiana Muscardini).

Quello presentato da Fitto e dal suo braccio destro Capezzone (a cui probabilmente va attribuita la paternità della maggior parte delle proposte) è probabilmente uno dei programmi politici più belli dai tempi di Fermare il Declino. C’è tutto quello che un liberal-conservatore (o una qualsiasi persona di buon senso) potrebbe auspicare. Taglio massiccio alla spesa pubblica, abbattimento del cuneo fiscale, riforma delle Regioni, appello per le primarie di centrodestra,  adozione del modello del ticket scolastico, no all’obbligo INPS, presidenzialismo e via discorrendo. A questo va aggiunto uno dei passaggi più significativi del discorso di fondazione del movimento: «Noi non vogliamo essere né con la Merkel né tanto meno con la Le Pen, guardiamo naturalmente a Washington, Londra ed Israele. Mai a Mosca». Insomma una chiara dichiarazione di intenti filo-atlantici come controcanto al centrodestra filo-putiniano.

Terminata la sbornia di emozione, è tuttavia necessario farsi una doccia fredda di sano realismo. Perché se è vero che la prima cosa che va guardata in un movimento sono le sue idee è altrettanto vero che subito dopo bisogna focalizzarsi su chi, di fatto, dovrà poi portarle avanti. E guardando ai protagonisti di questa nuova armata Brancaleone, a partire dal suo leader, il progetto dei Conservatori e Riformisti non appare credibile.

Raffaele Fitto, ex presidente della Regione Puglia, incomincia la sua carriera politica nelle file del CDU di Buttiglione dopo la tragica scomparsa in un incidente stradale del padre Salvatore, politico democristiano, già sindaco di Maglie  e presidente della Regione Puglia. Al di là dell’essere erede della DC meridionale, sicuramente non così politicamente sovrapponibile al liberismo conservatore british, quello che preoccupa di più sono i guai giudiziari in cui è finito in diverse occasioni. Nel 2009 viene infatti rinviato a giudizio per concorso in turbativa d’asta, venendo accusato di aver venduto a prezzo di favore la società Cedis all’imprenditore Brizio Montinari. Di fatto verrà assolto nel 2012. Tuttavia questo non è l’unico caso ad aver riguardato l’ex presidente pugliese. Nel 2006 viene infatti indagato per un finanziamento di mezzo milione, da parte di Tosinvest, alla sua lista «La Puglia prima di tutto». Secondo l’accusa si sarebbe trattato di una tangente per ottenere l’appalto sulla gestione di una serie di residenze sanitarie. Dopo che la Camera nega l’autorizzazione a procedere agli arresti domiciliari nei confronti di Fitto, nel 2013 questo verrà condannato con sentenza di primo grado per i reati di corruzione, finanziamento illecito e abuso d’ufficio. Non ha poi mancato di accompagnarsi a personaggi altrettanto poco limpidi. Alle scorse regionali ha destato scalpore la presenza nella lista «Oltre con Fitto» di tale Massimo Oggiano, finito nella cosiddetta lista degli impresentabili della Commissione Antimafia. L’Oggiano era stato infatti indicato dalla Procura di Brindisi come vicino al clan Marchiato della Sacra Corona Unita. Sebbene di fatto sia stato assolto per i capi a lui imputati, restano le perplessità sui suoi legami con il clan, forse penalmente non rilevanti ma sicuramente discutibili.

E la lista è ancora lunga, basti pensare ad alcuni parlamentari che lo hanno seguito come il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, accusato di aver falsificato numerose tessere in vista del congresso del PDL di Bari che lo incoronò coordinatore locale. O alla senatrice Anna Cinzia Bonfrisco, ex craxiana coinvolta in una storia di tangenti nella città di Verona (poi assolta) e passata agli oneri della cronaca per aver gridato in piena sessione parlamentare «Assassino, criminale. Oggi è il tuo giorno» al senatore D’Ambrosio, ex magistrato. Ma non voglio annoiarvi oltre, vi invito davvero a fare una ricerca su ogni parlamentare che ha seguito Fitto (tranquilli, la lista non è poi così lunga). È impressionante vedere quanti di loro abbiano avuto problemi con la giustizia. Quasi la totalità di questi finisce con un’assoluzione, sia chiaro,  ma l’idea che traspare è quella di una classe politica imperniata di tante, troppe, ambiguità.

Ma soprassedendo su ciò, lecito domandarsi cosa facessero fino all’altro ieri i nuovi compagni di merende dell’ex presidente pugliese. Oggi fan dei tories, ma ieri? Non ricordo, fatta eccezione per qualche iniziativa dell’onorevole Capezzone, particolari battaglie a favore del mercato e delle libertà economica da parte di questi signori. Mi sbaglio? Chiariamoci, che abbiano scelto come riferimento il conservatorismo britannico mi fa piacere (e pure molto), ma resta il dubbio che si tratti di una mera campagna di marketing; il dubbio è che si siano scelti colori e vessilli di un’esperienza vincente come quella di Cameron per meri scopi pubblicitari, quasi si trattasse di un franchising; il dubbio è che si tratti dell’ennesimo specchietto per le allodole e che dietro slogan e programmi accattivanti ci sia il nulla cosmico o, peggio, la continuazione di una politica interessata più al mantenimento di poteri, prebende e poltrone che ad una seria riforma del paese.

Sarei felice di essere smentito dai fatti. Al momento mi sembra che per riformare il centrodestra in un’ottica liberale e conservatrice -e quindi immoderata- serva davvero ben altro.

2 comments

Davide Sguazzardo 31/07/2015 at 15:50

Se lo strumento è buono (da verificare anche lo statuto) , perché non sabotare questa operazione di marketing aderendovi in massa e cambiargli i dirigenti?

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Silvio Turri Bruzzese 31/07/2015 at 18:06

I dubbi espressi dall’autore sono senza dubbio ragionevoli e quindi abbastanza condivisibili; tuttavia, é la prima volta dal 1992 che una formazione di centrodestra proponga un progetto politico non fondato sul carisma, anche economico, del leader e sopratutto legato ad un corpus ideale di stampo europeo e con radici profonde nella storia politica occidentale. Basterebbe solo quello a supportarlo. Purtroppo, dato il sistema politico in cui viviamo, un movimento politico che aspiri ad una rilevanza nazionale deve partire da chi ha già un consenso radicato. Sta tuttavia a chi riempirà le sedi territoriali e proporrà le iniziative concrete renderlo un movimento vero e non di facciata.

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