Sono tra coloro che accolsero l’elezione di Mattarella alla Presidenza della Repubblica con una certa soddisfazione (il modo con cui si arrivò alla sua elezione fu giustamente definito come un capolavoro politico realizzato da Renzi). Finora, a parte alcune sue sortite contro l’austerity e sull’immigrazione, che reputo inappropriate e sbagliate nel merito, non ho cambiato opinione e continuo ad apprezzare il modo in cui Mattarella sta esercitando il suo ruolo: in maniera rigorosa e sobria, così distante dall’attivismo debordante cui ci aveva abituato Napolitano.
Se devo riconoscergli un difetto, esso sta nell’eccesso di discrezione, talché mi pare fin troppo remissivo, in particolare nei confronti del Premier smargiasso (che negli ultimi tempi approfittando del fatto che gli italiani erano distratti dai festeggiamenti natalizi ha posto la Rai sotto il diretto controllo dell’esecutivo, cosa che nessuno prima di lui, nemmeno Berlusconi, era riuscito a fare). È evidente tuttavia che i due non si sopportano, anche se finora l’attrito non è mai sfociato in un conflitto istituzionale né tantomeno è diventato plateale.
Lo evinco dal fatto che nel suo discorso di fine anno – un discorso che nei toni era quanto di più distante dallo stucchevole ottimismo di maniera sfoggiato in ogni occasione possibile da Renzi – Mattarella non ha mai menzionato il Presidente del Consiglio né il governo. E poi dalla risposta chiaramente provocatoria di Matteo Renzi, il quale ha dichiarato di aver apprezzato il discorso di Mattarella in particolare la parte riguardante “i bambini”.
Di solito i discorsi presidenziali di fine anno, che si esplicano in lunga sfilza di banalità e auspici proferiti dai Presidenti della Repubblica in carica, sono tediosi e tutt’altro che memorabili.
Al contrario, quello di Mattarella è stato un discorso inusuale, tutto improntato ad un bilancio della condizione sociale di un paese ancora stremato dopo otto anni di recessione.
Due i passaggi che più mi hanno colpito. Il primo è quello in cui Mattarella sostiene la necessità di accogliere solo chi ha diritto e di respingere, rimpatriandoli, i clandestini. Un’ovvietà che non risulta tale se pronunciata da chi siede ai vertici delle istituzioni di un un paese in cui prevalgono buonismo e lassismo nella gestione dei flussi.
Ma ciò che più ho apprezzato è la parte dedicata all’evasione fiscale. A mia memoria mai un Presidente della Repubblica aveva usato in quest’occasione parole così nette contro gli evasori fiscali, ossia nei confronti di milioni di connazionali.
Mattarella, citando un rapporto del Centro studi della Confindustria, ha dichiarato che l’evasione fiscale è “un elemento che ostacola le prospettive di crescita”, che “gli evasori danneggiano la comunità nazionale e i cittadini onesti”, concludendo che “le tasse e le imposte sarebbero decisamente più basse se tutti le pagassero”.
Qualcuno ha giustamente contestato la veridicità dell’ultima asserzione.
È vero, non esiste nessuna correlazione tra diminuzione della tassazione ed entità dell’evasione giacché la pressione fiscale dipende non dal gettito riscosso annualmente ma dal livello della spesa pubblica.
Se, come in Italia, lo stato è inefficiente e spende male i soldi dei suoi cittadini, non è aumentando il gettito che si inverte la tendenza.
Lo stato italiano è come un adulto indisciplinato, di corporatura pingue ma tendente all’obesità, che necessita di una dieta ferrea; se gli si aumentano le porzioni di cibo, senza imporgli una dieta, non si fa altro che accrescerne l’ingordigia, e sicuramente, così facendo, di sua sponte non dimagrirà mai.
Dunque lo slogan “pagare tutti per pagare meno” di solito è – almeno in Italia – nient’altro che uno slogan, vuota retorica (va però riconosciuto che non sempre è così: ad esempio con la discutibile modifica dell’esazione del canone attraverso la bolletta elettrica implementata dal governo, una parte dei proventi è stata utilizzata per ridurre, seppur di poco, la quota che i cittadini-sudditi devono sborsare per usufruire del servizio televisivo).
Certamente, se tutti le tasse le pagassero, il sistema fiscale risulterebbe meno squilibrato, non gravando solo sui contribuenti che già lo fanno.
Detto questo, va sfatato un altro frusto mito ripetuto in continuazione da chi evade o fiancheggia gli evasori. Non corrisponde al vero che l’evasione fiscale dipende dalla pressione fiscale (che in Italia, va ricordato, è a livelli elevatissimi, soprattutto nei confronti delle Imprese, dei contribuenti onesti o di chi, volente o nolente, non può evadere).
Se si diminuisse la pressione fiscale reale di 5-6 punti percentuali, la quota di sommerso rimarrebbe la stessa. Non è la tassazione, ma la slealtà dei contribuenti nei confronti del fisco la causa di un evasione che nel nostro Paese è un fenomeno di massa apparentemente inestirpabile. L’evasione è un tratto atavico e costante nella storia d’Italia e affonda le sue radici nello scarso senso etico e civile degli Italiani e nell’inefficienza della pubblica amministrazione.
Chi esalta gli evasori fiscali e strepita in continuazione contro lo “stato ladro” (in primis Oscar Giannino e tanti liberisti alle vongole, berlusconiani ecc), lo fa esclusivamente per giustificare in modo surrettizio l’evasione.
A lorsignori va rammentato che la necessità ineludibile di ridurre la pressione fiscale non può mai giustificare l’evasione!
Le tasse si pagano tutte, fino all’ultimo centesimo, dopodiché si ha pieno diritto a lamentarsi del fisco vessatorio o di come i propri soldi vengono impiegati per servizi scadenti, tenendo però bene a mente ciò che diceva un certo Lord Beveridge, e cioè che la lealtà fiscale è il prerequisito essenziale del welfare state, altrimenti lo stato sociale non può funzionare.
Chi non lo fa – diversi milioni di italiani – non va trattato con compiacenza, quasi fosse un eroe, ma alla stregua di un ladro, poiché perpetra un furto a danno della collettività; andrebbe perseguito penalmente, non blandito come fa l’attuale governo (attraverso condoni – la voluntary disclosure -, innalzamento dei limiti all’uso del contante, aumento delle soglie di non punibilità, solo per citare alcuni dei principali provvedimenti).
L’evasione e la corruzione sono piaghe che vanno contrastate con risolutezza fino a che non verranno debellate, se vogliamo diventare davvero un paese moderno e civile; al contempo, come seguitiamo a ripetere invano, va ridotta in modo consistente la tassazione (non sulla proprietà immobiliare ma sul lavoro) mediante tagli altrettanto corposi alla spesa corrente.
8 comments
Sono d’accordo Elia. Discorso chiaro, non tanto in rapporto a quello del Presidente della Repubblica, che non ho ascoltato e sul quale quindi non mi pronuncio, quanto sull’evasione fiscale che venendo giustificata come forma di difesa dal fisco opprimente (e una forma di difesa anche lo è) giustifica tuttavia la pratica dell’evasione fiscale a prescindere, come stile di vita indipendente dalla pressione fiscale in sè.
Troppi amici turboliberisti che ormai sconfinanno apertamente nell’anarchismo si sono fatti paladini dell’evasione fiscale come forma di lotta contro uno Stato opprimente che vorrebbero azzerare, diemticando che azzerare lo Stato significa azzerare la società in sè, e con questa anche ogni possibile esercizio del pensiero liberale, in economia ed altrove, perchè una NON società altro non è che un coacervo indistinto di individui in cui vale soltanto la legge del più forte, imposta con la forza, quindi anche con le armi.
Altra cosa è immaginare uno Stato leggero, che eserciti con forza il suo ruolo, ma solo quello, senza invadere sfere di competenza che non sono sue, come fanno invece gli stati moderni, a partire dal nostro.
Non e´ vero che “Se si diminuisse la pressione fiscale reale di 5-6 punti percentuali, la quota di sommerso rimarrebbe la stessa. Non è la tassazione, ma la slealtà dei contribuenti nei confronti del fisco la causa di un evasione che nel nostro Paese è un fenomeno di massa apparentemente inestirpabile”
E´ proprio vero il contrario: ovunque la pressione fiscale aumenta l ´economia sommersa aumenta come ben documentato a partire anche dai paradisiaci paesi scandinavi. Basta ricorrere a probabilmente il massimo esperto mondiale in argomento
http://www.economics.uni-linz.ac.at/members/Schneider/files/publications/JEL.pdf
Concordo.
Buon discorso quello di Mattarella anche se pieno di ovvietà e con qualche elemento di novità (ad esempio il ruolo del lavoro svolto dagli immigrati).
Sembrava però di essere davanti ad una tazza di tè con biscotti in una casa inglese alle cinque di pomeriggio (tralasciando l’opportunità di mostrare sullo sfondo una Natività). Il mondo là fuori è un altro. Poi, speriamo tutti in un governo migliore che governi senza compromessi e nel potere dei big-data che inchiodino una volta per tutte gli evasori alle loro responsabilità.
Dire che pagare le tasse sia dovuto e’ talmente ovvio da sfiorare il banale . Ora un Presidente piu’ che banale deve tracciare delle priorità .Bene , allora parafrasando la situazione direi che Mattarella se fosse un industriale che prepara un piano produttivo sarebbe un pessimo industriale . Supponiamo che in un azienda dove si produce formaggio esista un problema di produttivita’ con operai in parte cialtroni ( il contribuente e gli evasori per la parte cialtrona ) e degli schifosi topi ( i burocrati di Stato) che si mangiano parte della produzione . A mio parere non puoi pretendere di aumentare la produttività dei tuoi operai se prima non ha pulito la fabbrica , altrimenti trovi la produzione infestata da batteri ( la corruzione ) e a livello di mercato ti trovi spiazzato dalla concorrenza ( altri paesi ) . Chiaro il concetto. Quindi l’evasione sarà una bufala finche’ al primo posto non metteremo la messa in mora con benservito a calci nel sedere , dei boiardi di Stato .
Il discorso è che alcune tasse da pagare sono necessarie per far funzionare uno Stato e i suoi servizi minimi.
Detto comunque da Mattarella e da chi lo difende fa sorridere, quando non pensavo minimamente a ridursi lo stipendio e i costi dell’istituzione che occupano.
“Se si diminuisse la pressione fiscale reale di 5-6 punti percentuali, la quota di sommerso rimarrebbe la stessa” FALSO
[…] di Elia Dall’Aglio su “Immoderati” […]