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Decreto anti-rave: male la prima

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Di quanto il sedicente decreto “anti-rave” instauri una fattispecie di reato potenzialmente estendibile ad una serie di situazioni che con i rave nulla hanno a che fare si è già scritto molto. Invece, ci si è soffermati poco sulle singolari rassicurazioni giunte dal governo.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio prova a mettere una pezza sulla norma commentando che “la sua formulazione complessa è sottoposta al vaglio del Parlamento, al quale è devoluta la funzione di approvarla o modificarla”. Con queste dichiarazioni, Nordio ha lasciato già intendere la necessità di dover aggiustare il tiro e tradendo anche insofferenza nei confronti del collega di governo Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, che secondo il Foglio non l’avrebbe nemmeno consultato durante la problematica stesura. Eppure Nordio nell’intento di rassicurare la platea, composta anche da amici giuristi che hanno drizzato le antenne, pecca intenzionalmente di superficialità sostenendo che la norma “non incide, né potrebbe incidere minimamente sui sacrosanti diritti della libera espressione del pensiero e della libera riunione”. Non sta infatti al governo verificare il reato in sede di processo, bensì alla magistratura come previsto dalla più elementare separazione dei poteri secondo Montesquieu.

È inoltre ovvio che qualsiasi articolo del codice penale resta valido ben oltre la data di scioglimento del governo (che in Italia in media dura 14 mesi) e venga richiamato per ogni accusato non dall’esecutivo bensì dal tribunale, che emette la sentenza sulla base di ciò che nella norma c’è scritto e non delle interviste rilasciate magari 10 anni prima da qualche esponente di governo, per quanto illustre. Nello specifico, prima ancora della sentenza, una norma con maglie così larghe, che indica il reato di potenziale pericolo per l’ordine pubblico, resterà alla mercé dei prefetti o peggio dei procuratori, indipendentemente da chi sia il Presidente del Consiglio.

Anche la presidente Giorgia Meloni si è affrettata ad assicurare che “non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso“, una precisazione anzitutto abbastanza goffa, come se questa potesse essere una delle normali facoltà esercitabili dal governo. Fa specie udirlo proprio da lei che insieme al suo partito si è spesa, anche legittimamente, contro alcune delle restrizioni imposte dal governo Conte. Fu infatti il leader dei 5 stelle a sdoganare durante la pandemia il concetto, si fece già notare all’epoca, molto problematico delle concessioni che sfruttando l’emergenza sovvertiva il naturale ordine dei sistemi democratici in cui tutto è consentito salvo ciò che è vietato con quello tipico degli autoritarismi dove tutto è vietato salvo ciò che è concesso. Fu proprio durante l’emergenza che vennero attuate in Italia alcune misure straordinarie volte a contrastare il covid non sempre strettamente correlate con la tutela della salute pubblica, come il divieto di praticare attività da soli all’aria aperta o lo sbarco di 9 velivoli militari russi a pratica di mare.

Una precisazione, quella di Meloni, che nella sua seconda parte denuncia implicitamente l’altra grande criticità di questa norma ovvero la sovrapponibilità a fattispecie di reato già ampiamente previste ed applicaibli nel caso emblematico del rave di Modena. Proprio la Premier precisa infatti che “è giusto perseguire coloro che -spesso arrivati da tutta Europa- partecipano ai rave illegali nei quali vengono occupate abusivamente aree private o pubbliche, senza rispettare nessuna norma di sicurezza e, per di più, favorendo spaccio e uso di droghe”. Ma solo in questa frase si possono già riscontrare almeno 4 violazioni del codice penale, stando strettissimi.

Pur di vendere l’immagine di un governo operoso e attento al tema della sicurezza ad un elettorato che stenta a capire la differenza tra potere legislativo e giudiziario si è raffazzonata in una notte una norma severa, che prevede fino a 6 anni di carcere contro i 5 dell’omicidio colposo, inutile laddove servirebbe, e discrezionalmente applicabile anche laddove non previsto. Un pasticcio per cui non possiamo che augurarci lo stralcio parlamentare auspiacato dal guardasigilli. Per usare le parole di Elena Bonetti (Italia Viva) decisamente “male la prima“.

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