Il dato europeo, non solo spagnolo, è l’affermazione di forze populiste che non si fanno ingabbiare dal voto utile, dato che si sentono equidistanti ed “equischifati” da tutti gli altri schieramenti.
Ma prima dobbiamo porci un’altra domanda: i sistemi elettorali devono garantire la governabilità? Devono garantire la rappresentatività? L’inseguimento di questi due obiettivi è da sempre la chimera di chi si cimenta in qualunque sistema elettorale, col raggiungimento dell’una che va ad inficiare completamente l’altra. Ma perché una legge dovrebbe garantire e assicurare per forza una rappresentanza, o un governo stabile o tutte e due le cose a gente che vota neanche con la pancia, ma direttamente col sedere? Perché non pensare ad una rappresentanza e ad una governabilità che si raggiungono attraverso la responsabilità?
Avrai rappresentanza se voti partiti sensati, avrai un governo stabile se voti gente che vuole andare al governo e non in parlamento a far casino. Una visione liberale contempla la responsabilizzazione dell’individuo e la limitazione del campo di intervento statale, quindi applichiamola anche al sistema elettorale: dobbiamo cercare un sistema che obblighi gli elettori ad essere pragmatici, o di pagare pegno per le proprie velleità, e al tempo stesso richieda il minor numero possibile di promesse e di illusioni da campagna elettorale, che poi dovranno tramutarsi in interventi statali.
La ricerca arriva subito al risultato: il maggioritario all’inglese. Gli estremismi, i voti di protesta e i voti a casaccio sono tenuti ai margini, chi vota sa che deve votare un partito serio altrimenti non elegge nessuno (oggi in Italia un 4% di matti sparsi per il Paese può mandare in parlamento chi vuole, nel Regno Unito servono cifre più alte o una improbabile concentrazione di pazzi in alcuni territori) e dato che per vincere basta un voto in più degli avversari, non serve fare coalizioni che superino il 50% (ovviamente, bisogna che ci siano più di due partiti in lizza, oppure averne due ma con una bassa percentuale di votanti come negli USA, così gli elettori da accontentare con favori vari sono sempre pochi).
La divisione in collegi uninominali, poi, limita ulteriormente la propaganda elettorale perché solo alcuni collegi saranno davvero contesi, mentre gli altri saranno già sicuri per una fazione o per l’altra. Oggi invece il ballottaggio a due candidati è problematico, costringe chi va al secondo turno a contendersi con promesse di ogni tipo le alleanze o gli elettori di altri partiti pur di raggiungere una soglia di consenso elevata (più del 50%), cosa che in passato significava il “corteggiamento” degli elettori di centro da parte dei due maggiori partiti di destra e di sinistra, quindi una spinta alla moderazione ed al pragmatismo.
Oggi invece il vero bacino da cui attingere è quello populista, quando non lo si ritrova direttamente come competitore al secondo turno, producendo una spinta verso l’estremismo cialtrone. La situazione ideale sarebbe quella di un partito conservatore, uno progressista ed uno liberale equidistante fra questi, ma oggi il rischio è che al posto del partito liberale ci sia quello populista e forse è anche questo ad ostacolare la nascita di importanti forze davvero liberali in Europa.
Se la tendenza dei populisti è di intaccare sia le libertà economiche sia quelle civili, per i liberali diventa a quel punto più conveniente allearsi coi conservatori (che almeno difendono le libertà economiche) o coi progressisti (che almeno difendono le libertà civili), piuttosto che disperdere il voto e facilitare la vittoria dei più autoritari, a meno che non ci sia un sistema piuttosto proporzionale, almeno in parte avulso alle logiche del voto utile come è accaduto per Ciudadanos in Spagna, anche se poi non ha più i pregi del maggioritario.
Ma questa situazione potrebbe non durare, potrebbero formarsi due nuovi schieramenti, quello populista e quello riformista nel solco dei vari governi di larghe intese e dell’attuale maggioranza nel Parlamento Europeo, oppure si tornerà al sistema tradizionale, con appunto la possibilità di formare una terza forza di stampo liberale. Ma nelle prime due opzioni, quelle del protrarsi della situazione attuale o dei due nuovi schieramenti, come possono i liberali mantenersi influenti e non farsi fagocitare? Potrebbe essere utile considerare un sistema di tipo americano, sempre basato sul maggioritario ma con una netta separazione fra esecutivo e legislativo: avere un Parlamento che non deve votare la fiducia al Governo ma solo le leggi di volta in volta presentate, la scelta locale dei candidati e l’elezione uninominale dei parlamentari, che creano quindi un rapporto diretto ed individuale con gli elettori, permette una certa indipendenza degli eletti. I liberali e i libertari possono così ritagliarsi un proprio spazio autonomo all’interno dello schieramento scelto, senza annacquare troppo le proprie idee. Si veda il caso dei libertarian all’interno del partito repubblicano americano.
In questa fase, una riforma elettorale e costituzionale che parli inglese è del tutto necessaria.