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Storia di un vetro rotto. Perché voto No.

Il 20 e 21 settembre si terrà il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, e con ogni probabilità vincerà il . Invitandovi a votare “No”, ritengo corretto chiarire subito una mia opinione: dal giorno dopo il referendum *non* vivremo una democrazia mutilata; non ci sarà la fine del parlamentarismo; non ci saranno scompensi e inefficienze tali da dovervi allarmare. Non è questa scadente riforma a essere pericolosa. Certo, non la ritengo neanche migliorativa, anzi, ma ritengo molto più pericoloso della riforma in sé ciò che a questa riforma ha portato.
Un fenomeno che nasce più di 25 anni fa e può essere rappresentato da questo episodio: “Nel 1969, il professor Philip Zimbardo dell’Università di Stanford, condusse un esperimento di psicologia sociale. Prese due auto identiche e le abbandonò per la strada in due posti molto diversi: una nel Bronx, la zona degradata di New York e l’altra a Palo Alto, zona ricca della California. In poche ore l’auto nel Bronx fu saccheggiata e distrutta. L’auto lasciata a Palo Alto, invece, rimase intatta. Sarebbe facile attribuire le cause del crimine alla povertà del quartiere, ma l’esperimento continuò. Quando, dopo una settimana, l’auto di Palo Alto era ancora illesa, i ricercatori decisero di romperle un vetro. Il risultato cambiò. Furti e vandalismo ridussero il veicolo ad un rottame. Come nel Bronx. Perchè il vetro rotto in un’auto abbandonata in un quartiere tranquillo è in grado di innescare un processo criminale? Non è la povertà, ma qualcosa che ha a che fare con il comportamento umano. Un vetro rotto in un’auto abbandonata trasmette un senso di disinteresse e assenza di regole. E ogni nuovo attacco subito dall’auto ribadisce quell’idea. Successivi esperimenti hanno dimostrato che, se dopo aver rotto il vetro di una finestra di un edificio, non viene riparato, verranno presto rotti tutti gli altri.”
Lo studio ha realmente avuto luogo, ma qui mi interessa il suo significato metaforico. Il Parlamento è la nostra istituzione più importante, il vero tempio della nostra democrazia. Mi ha sempre stupito come nella divulgazione della Storia non venga enfatizzato abbastanza l’anti-parlamentarismo di tutte le forze autoritarie, che renderebbe quelle pagine più vicine alla comprensione dei giorni nostri, anziché concentrarsi su manganello, olio di ricino e omicidi politici che fanno apparire le tragedie del passato come lontane fotografie in bianco e nero. In tempi più recenti, in una stagione che è facile far risalire al 1992, molti sassi lanciati da molte mani hanno rotto i vetri del nostro tempio. Se la prima repubblica crollò nell’antipartitismo, la terza è nata dall’antiparlamentarismo e dalla rivolta “anti-casta”. A traghettarci nel nuova fase fu in particolare il Movimento 5 Stelle, forza che vedeva nel superamento della democrazia rappresentativa (in cambio della truffa della “democrazia diretta” dalla Casaleggio) la propria ragione esistenziale. Nel frattempo, con responsabilità anche del giornalismo, il nostro Parlamento era diventato “il palazzo”, gli accordi “inciuci”, la classe politica una “casta” contrapposta ai “cittadini”, gli incarichi pubblici “poltrone”… ma soprattutto, e questo per colpe primarie della “vecchia politica”, i parlamentari erano diventati nei fatti inutili pigia-bottone. In una Repubblica parlamentare, da molti anni il Parlamento viene indicato quasi solo alla stregua di un fastidioso intralcio per l’efficienza dell’esecutivo.
Rotto il vetro, questa retorica è stata accarezzata e nutrita da destra, sinistra e populisti. Non ultima la campagna renziana per il referendum del 2016. Ma i nodi del ritardo italiano e delle nostre storiche resistenze anti-riformiste stavano naturalmente da tutt’altra parte. Tutti i partiti della vecchia “casta” hanno sostenuto a turno, e quasi sempre con giravolte intellettuali, il taglio delle proprie “poltrone”, in una sorta di sindrome di Stoccolma. I leader “progressisti” che pure hanno votato prima contro e poi a favore della riforma perché nascesse il governo che ci troviamo, non ne sanno nemmeno dare ragione. Zingaretti ne parla come una persona truffata; Renzi lascia “libertà di voto per non personalizzare”. Di mezzo la Costituzione. I 5 stelle sono affondati come una lama nella sconcertante mancanza di autoconsiderazione delle forze che affermavano di disprezzare. Solo 14 deputati hanno votato contro alla Camera all’ultima rilettura, e ancora Di Maio parla di riforma ottenuta “contro il palazzo”. Lo farebbe anche se il Parlamento avesse votato all’unanimità: perché quel palazzo è un capro espiatorio fittizio ma necessario per sfogare frustrazioni elettorali. E le altre forze politiche regaleranno un successo politico che verrà incassato da Di Maio nel momento più debole della sua surreale parabola. Migliaia di mani e tutte le forze più rilevanti hanno arato un terreno i cui frutti verranno raccolti da una sola forza politica, che nel frattempo li disprezza.
Come non era la povertà a far sì che l’automobile venisse vandalizzata nel quartiere ricco, così non sono certo il disagio sociale e i costi della politica a imporre lo sfascio della macchina parlamentare (che come abbiamo visto trascende di gran lunga questa scadente riforma). È il nichilismo democratico scaturito da un vetro rotto molti anni fa. Un vetro che è necessario, sfogata la rabbia di chi non vedrà minimamente migliorare le proprie condizioni da questo sfogo, provare a riparare, e difendere dai futuri attacchi. Votare “No” al referendum è il miglior modo per opporsi all’insieme di anti-parlamentarismo, pavidità e inadeguatezza che hanno portato a questa grossolana riforma. E far sentire agli sfascisti e ai pavidi che siedono nel Parlamento che c’è un consistente pezzo di Italia che loro non hanno la capacità e il coraggio di rappresentare; che rispetta le istituzioni molto più di quanto loro rispettino il proprio ruolo. Soprattutto per questo #IoVotoNo

2 comments

Luca Celati 02/09/2020 at 06:02

Non mi è totalmente chiaro quali sarebbero questi piccoli partiti che verrebbero penalizzati dalla riforma ma, ammesso e non concesso che la riforma crei un problema per la democrazia, esiste un’alternativa piu’ semplice – che ovviamente i nostri rappresentanti in parlamento si guardano bene dal considerare e tanto meno proporre: dimezziamo il costo per parlamentare. Con i vari benefici – molti dei quali esenti – che potrano a casa, i parlamentari rimarrebbero comunque una casta iper privilegiata rispetto all’italiano medio.

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Dario Greggio 02/09/2020 at 12:34

Da anni cerco di spiegare che non sono 900 eventuali parassiti a rovinare l’italia, bensì 3.500.000 sicuri parassiti statali (diciamo il 50% di essi) e gli evasori (logico contraltare). Ma nessuno lo capisce…

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