Anche la festa degli innamorati ha origini non esattamente cristiane: ma che nesso c’è tra Cupido, Luperco e San Valentino?
Seppur intitolata a una figura portatrice di un messaggio di amore come il martire cristiano Valentino da Terni, anche la festa di San Valentino, la festa delle coppie, degli innamorati e dei romantici disperati per eccellenza affonda le proprie radici in un sostrato culturale indubitabilmente precristiano e risalente alla mitologia greco-romana, proprio come il Natale, il Capodanno, l’Epifania e la Candelora.
Solito disclaimer: nella rubrica sulle Origini pagane proviamo a investigare meglio il viaggio e l’evoluzione delle festività nella storia, ma lungi da noi presumere di poter risolvere temi così complessi in articoli così brevi, che non potranno mai considerare ogni elemento storiografico compiutamente. Se ci sono storici all’ascolto, quindi, prendete quest’articolo come uno spunto e commentate per permetterci di migliorare il nostro lavoro!
La festa degli innamorati?
Prima che Papa Gelasio I istituisse tale festività nel 496 d.C. in sostituzione alla precedente ricorrenza romana, continuando l’opera di cristianizzazione socio-culturale attuata sul calendario giuliano, allora in vigore, l’evento consisteva in un popolare rito pagano per la fertilità di cui la Chiesa si appropriò solo in seguito.
Il pontefice, infatti, impose il culto di San Valentino come rimpiazzo all’ormai blasfemo rito per la fertilità e la purificazione (festeggiamenti sfrenati apertamente in contrasto con la morale e l’idea di amore dei cristiani, almeno stando a Plutarco) in onore del dio Lupercus Faunus. Abbreviato in Lupercus e italianizzato in Luperco, egli era nient’altro che una declinazione del dio Fauno, dio della natura selvaggia e degli istinti, e proteggeva il bestiame ovino e caprino dalle aggressioni dei lupi.
A Luperco, nella Roma pagana, era peraltro dedicata la celebrazione dei Lupercali (o Lupercalia che dir si voglia), che si teneva dal 13 al 15 febbraio, ritenuto un mese purificatorio poiché segnava il passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile (determinata anche dall’arrivo del nuovo anno festeggiato il 1° marzo). Il motivo di tale data, infatti, risiede nel fatto che quei giorni contavano il culmine del periodo invernale in cui i lupi famelici predavano gli ovili, e il nome di Lupercus rinvia alla qualità di difensore degli animali.
Questa divinità era letteralmente un fauno cacciatore di ninfe, sposo e fratello di Fauna (una delle tante rappresentazioni femminili di Madre Natura), e in cambio della protezione garantita alle greggi, riscuoteva tributi di cacio e ricotta dai pastori. In seguito, fu associato al dio Pan e al Satiro, anche per il suo carattere profetico e ispiratore di poesie.
Per celebrare il risveglio della natura e scongiurare gli assalti dei lupi, nel IV secolo a.C. i luperci, i sacerdoti di Luperco, istituirono pertanto una godereccia festività atta a propiziarsi dei buoni raccolti e la fecondità delle terre, una “liturgia” che si teneva nei dintorni della grotta sacra a Luperco, ai piedi del Palatino, che, secondo la leggenda della nascita di Roma, avrebbe accolto la lupa che allattò i gemelli Romolo e Remo.
Tra le mille ritualità legate agli animali praticate durante questo festeggiamento, si distinse un particolare gioco di coppia, una sorta di lotteria sessuale alla quale prendevano parte tutti gli adoratori del dio, uomini e donne: le giovani vergini e i giovani aspiranti uomini-lupo riportavano i propri nomi su dei bigliettini, successivamente deposti in due urne. A quel punto, due bambini precedentemente battezzati con il latte pescavano un foglietto per gli uomini e uno per le donne varie volte, designando delle coppie (magari due individui che nemmeno si conoscevano) che avrebbero dovuto convivere in intimità per tutto l’anno, corroborando la fertilità della comunità, previa benedizione divina da parte di Marte, di Romolo, di Pan, di Luperco e delle matrone romane incarnanti la figura mitica della lupa.
«[…] il clou della festa si aveva quando le matrone romane si offrivano, spontaneamente e per strada, alle frustate di un gruppo di giovani nudi, devoti al selvatico Fauno Luperco. Anche le donne in dolce attesa si sottoponevano volentieri al rituale, convinte che avrebbe fatto bene alla nascita del pargolo. In fondo, ad alleviare il dolore bastava lo spettacolo offerto dai corpi di quei baldi giovani, che si facevano strada completamente nudi o, al massimo, con un gonnellino di pelle stretto intorno ai fianchi» scrive Giuliana Gambuzza di Focus.
La Chiesa cattolica giudicò questa pratica sporca, indegna e primordiale, e decise di sostituire il dio Lupercus con un santo martirizzato due secoli prima, Valentino, vescovo di Interamna (oggi Terni), inaugurando la festa degli innamorati, mentre il culto lupercale rimase significativo per i romani almeno fino al V secolo d.C. Purtroppo, con l’avvento del cristianesimo, le divinità pagane furono demonizzate e i Fauni, associati a Satiri e Silvani, mutarono d’un tratto in orribili diavoli, il cui carattere istintivo ed erotico si guadagnò l’astio da parte dei medievali. Per “battezzare” la festa dell’amore, Papa Gelasio I decise di spostarla al 14 febbario – dedicato a San Valentino – facendolo diventare il protettore stesso egli innamorati.
Cupido o San Valentino?
«Esistono però molti Santi di nome Valentino, e, a parte il fatto che tutti furono martiri, non si sa molto di loro» continua ancora la Gambuzzi. «Il primo, nato a Interamna (oggi Terni) nel 176, proteggeva gli innamorati, li guidava verso il matrimonio e li incoraggiava a mettere al mondo dei figli. La letteratura religiosa (e non storica) descrive il santo come guaritore degli epilettici e difensore delle storie d’amore – aggiunge la giornalista – si racconta, per esempio, che abbia messo pace tra due fidanzati che litigavano, offrendo loro una rosa».
Il secondo invece sarebbe stato decapitato a Roma il 14 febbraio del 274 e, mentre per alcune fonti sarebbe lo stesso vescovo di Terni, per altre apparentemente più autorevoli corrisponderebbe a un altro martire cristiano e per altre ancora non sarebbe mai esistito: «[…] si racconta che Valentino sarebbe stato giustiziato perché aveva celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia e il legionario romano Sabino, che invece era pagano. La cerimonia avvenne in fretta, perché la giovane era malata. E i due sposi morirono, insieme, proprio mentre Valentino li benediceva. A chiudere il cerchio della tragedia sarebbe poi intervenuto il martirio del celebrante» chiosa infine l’autrice di Focus.
Ma cosa c’entrano le figure di San Valentino e Cupido, da anni identificate nella stessa persona appositamente per questa consumistica ricorrenza annuale?
Quando Eros, il dio dell’amore divino e del desiderio sessuale nella mitologia greca, giunse in territorio latino, fu denominato Cupido o Amor, rispettivamente dalle accezioni latine di “desiderio” e “amore”. Ma il primo che ridusse tale divinità al santo che si commemora il 14 febbraio fu Geoffrey Chaucer, a cui si può ascrivere anche l’interpretazione della festa come dedicata agli innamorati: l’autore di “Canterbury Tales“, alla fine del ‘300 scrisse infatti il poema in 700 versi “The Parliament of Fowls” (“Il Parlamento degli Uccelli“), in onore delle nozze tra Riccardo II e Anna di Boemia. In questo poema, senza altre basi mitiche, l’autore inglese associa Cupido a San Valentino, che divenne il tramite ultraterreno della dimensione dell’amore cortese.