Il governo Draghi di riffa o di raffa si farà, la scelta di Mattarella non lascia grandi margini di manovra ai partiti. Con un profilo della statura dell’ex presidente della BCE non si può giocare, elemosinare provvedimenti spot e imporre la linea. Tuttavia, questo non è chiaro a Giuseppe Conte e all’alleanza sgangherata di cui si è erto a simbolo.
Mi rendo conto che la tesi di questo articolo è forte, ma sono convinto che qualcuno debba pur parlarne. Quando in pochissimi criticavamo il precedente governo per aver affidato a Casalino e Arcuri incarichi eccessivamente rilevanti, vista la scarsa professionalità e l’incredibile impreparazione che li caratterizza, eravamo inascoltati. Da quando è diventato chiaro che Conte non sarebbe stato più capo dell’esecutivo, tutti hanno iniziato a scagliarsi contro gli uomini del Presidente. Anche stavolta provo a giocare d’anticipo.
Nei diciotto mesi di governo, il Partito Democratico ha rinunciato ad avere una linea politica e ha completamente assimilato quella del Movimento 5 Stelle. Convinti di non avere possibilità di sconfiggere le tanto temute destre, la segreteria di Zingaretti ha deciso di rendere il proprio partito populista e ha legittimato il partito più allucinante che la Repubblica abbia mai visto. Così ci siamo ritrovati con restrizioni di diritti e libertà indegne di una democrazia occidentale, una politica economica da far rabbrividire il Venezuela, un meridionalismo neoborbonico inquietante e un progressismo millantato più a parole che nei fatti, visto l’ostracismo nei confronti dell’innovazione, della tecnologia, della ricerca, della scuola. Per non parlare della politica estera, vista la mancata condanna di Trump da parte di Conte per gli assalti a Capitol Hill e il sostegno dei partiti di governo a Maduro, il dittatore del Venezuela. E sono solo due esempi.
Il modello del socialismo irreale ha preso a picconate il poco che restava da salvare, ora toccherà a Draghi fare l’impossibile per ristabilire la decenza. Sono parole forti? Sì, lo sono. Ma qui non si tratta di rendere grande il Paese, ma di non lasciarlo in mano a una banda di scappati di casa.
L’apertura di Conte a Draghi, al di là dell’organizzazione raffazzonata, il tono plebiscitario e il disiteresse completo per le norme anti-Covid, è stata un film horror. La traduzione dell’odioso politichese è stata: “Super Mario va bene, ma serve un governo politico con la maggioranza di prima e possibilmente gli stessi ministri. Lui fa il capo del governo, ma io della coalizione, quindi conto di più anche perché i grillini hanno bisogno me”. Ha aggiunto che tale coalizione, formata da M5S, PD e LeU, si chiamerà “alleanza per lo sviluppo sostenibile“. Acronimo: ASS. No comment. Tra contenuti, forma e contesto, questa posizione è tanto legittima quanto aberrante.
Ma non è finita qui, perché questa pantomima è stata legittimata da Zingaretti-Bettini per avere dei candidati comuni alle elezioni amministrative e costituire un fronte coeso in vista delle prossime elezioni. In sostanza, “dopo aver sfasciato lo Stato centrale è il momento di distruggere le grandi città: così potremo tornare al governo e fare di nuovo tabula rasa.” Il Partito Democratico ha scelto il declino, la decrescita, lo statalismo, il giustizialismo e l’autoritarismo. Pensare di ammantare questo terrificante scenario di europeismo e accusare gli avversari di essere brutti e cattivi, perché le critiche nel merito del centrosinistra queste sono, non può bastare.
Nel nostro sistema politico, fortemente polarizzato e intrinsecamente populista, i partiti più centristi e vicini all’establishment dovrebbero essere punti fermi, che riportano ordine e competenza. Il PD, come Forza Italia del resto, ha scelto la strada opposta. Ha deciso di tradire i propri valori, di consacrarsi alla demagogia e di rinunciare a costruire un’offerta politica seria. Tengo a specificare che molto probabilmente non considererei il sostegno al Partito Democratico nemmeno se fosse guidato in modo differente. Non mi riconosco nei valori socialisti e socialdemocratici, ma ne riconosco la dignità. Ma riconosco l’importanza di avere degli avversari politici preparati, che stimolino la concorrenza e spostino l’asticella in alto. Qui accade il contrario. Più la sinistra diventa guevarista, più la destra diventa sovranista. Il centro boh, forse esiste.
Riservo la conclusione ai tanti militanti e ai pochi dirigenti del PD a cui questo nuovo corso non è proprio digeribile: andatevene. Cari Gori, Nannicini, Quartapelle, non siate complici del declino. Costruite qualcosa di diverso con chi crede nel merito, nel capitalismo, nella libertà, nelle imprese, nella crescita, nella ricerca, nella scuola. É troppo facile rimanere in un partito simile, fare la minoranza che non ottiene nulla, perché un giorno ci sarà il congresso e forse vincerà una mozione diversa. In tutti i partiti ci sono persone di valore, non pensate di bastare voi per rendere il vostro più appetibile rispetto agli altri. Ad oggi il congresso è lontano e questa posizione è minoritaria al punto di essere irrilevante. E l’elettorato è d’accordo. Nei sondaggi di gradimento dei leader, le preferenze dei sostenitori di M5S e PD sono pressoché le medesime. Per esempio, l’ultimo sondaggio di SWG ha messo in chiaro che per gli elettori democratici Conte e Draghi sono ugualmente adeguati a guidare un governo. L’assonanza intellettuale che i vari Roventini, Barca, Travaglio, Scanzi (e la lista potrebbe continuare a lungo) è solo l’ennesimo sintomo di una scelta politica precisa e incondivisibile.
Quanto è nel programma di governo dell’ASS, può solo far male all’Italia e pertanto essa si configura come un grave problema per la democrazia. Per questo è diventato quanto mai urgente opporsi al Partito Democratico, ferendolo, superandolo e svuotandolo, come il resto della sua coalizione. Per riuscirci serve un’offerta politica nuova e radicale, il governo Draghi può essere la migliore occasione possibile.
1 comment
Concordo pienamente con te