In un mese circa di crisi di governo, di incontri, di tweet, di post, di conversioni e di riconversioni – da tutte le sponde, padri spirituali e capicorrente compresi – tra le telecronache compulsive è spuntata da più parti l’idea che stessimo assistendo alla nascita del nuovo centrosinistra.
La suggestione di un nuovo bipolarismo con un polo di democratici e populisti normalizzati contrapposto a un centrodestra a trazione leghista-nazionalista scalda i cuori dei nostalgici del vecchio bipolarismo della seconda repubblica – uno schema e una stagione per molti versi incompiuti – e di certo offre una semplificazione per i media che la raccontano e per il popolo che se ne nutre.
In realtà, come sempre, la questione è più complessa. Pensare che la nascita di un’alleanza in chiave anti Salvini – che ricorda tanto il collante antiberlusconiano – sia il preludio di una stabile intesa politica o, per i più entusiasti, una specie di compromesso storico è alquanto bislacco. Per tutto il resto, saranno i fatti a dare delle risposte, ma sia chiaro che le premesse non sono rose e fiori.
L’accordo M5S-Pd ha il merito oggettivo di aver messo fine al peggior governo della storia repubblicana, ma non ci si illuda più di tanto perché le grandi questioni del Paese sono tutte lì e solo un ingenuo potrebbe pensare che ci sia una visione condivisa e un programma equilibrato per affrontarle.
Piuttosto, il Conte bis è la rappresentazione plastica del situazionismo politico all’italiana ed è molto probabile che, anche senza contratto, come per l’esecutivo gialloverde, anche in quello giallorosso le diverse esigenze dei partner di governo troveranno sfogo nella richiesta di maggiore flessibilità e nella creazione di nuovo debito. È tutto già evidente nel programma dei 29 punti.
Se anche l’abbassamento dello spread rende l’operazione flessibilità meno costosa e se, allo stesso tempo, ci fosse la compiacenza dei vertici europei, già soddisfatti di aver limitato il danno maggiore, non si sarebbe risolto un tubo: l’Italia rimarrebbe il grande malato, il bimbo viziato tra i grandi dell’Europa, incapace di intervenire strutturalmente sul proprio deficit e di realizzare riforme con un orizzonte temporale di 15/20 anni, piuttosto che di un’elezione.
Tornando a chi crede nella nascita di una nuova stagione del bipolarismo, è utile far notare che il centrosinistra grillino-democratico è benedetto dall’intesa sul taglio dei parlamentari e da una quasi certa nuova legge elettorale proporzionale: non proprio il miglior sistema per una dialettica centrosinistra vs centrodestra. Inoltre, non è sufficiente pensare all’aritmetica dell’emiciclo parlamentare.
Chi scrive condivide la necessità di un’agenda alternativa al sovranismo nazionalista, oltre a essere pienamente consapevole che una compagine di governo passa attraverso la sintesi e il compromesso. Tuttavia, in tal senso, l’accrocco M5S-Pd non è un passo avanti, semmai solo uno di lato perché rappresenta un cedimento all’egemonia populista e alla ricetta del tutto e subito.
La prossima vera alternativa andrà costruita con basi diverse e più solide. Il mondo liberal-democratico del nostro Paese continua a essere sottorappresentato, così come le sue istanze. L’opposizione al governo giallorosso costituisce l’ennesima opportunità per rafforzare un centro liberale, democratico, aperto, europeista e atlantista, le cui parole d’ordine siano libertà, talento, sviluppo e sostenibilità. È una sfida che non serve ai liberali, ma a tutto il Paese, perché il futuro va oltre le contraddizioni del situazionismo grillino-democratico.