Estero: modo indeterminato per indicare uno stato straniero o collettivamente l’insieme dei paesi stranieri. La Treccani lo definisce così, se invece lo avessimo chiesto a un italiano negli anni ’90 ci avrebbe detto che è un altro modo per dire “vacanza, divertimento, svago” e se invece lo domandassimo a un italiano nel 2014 risponderebbe con tre semplici parole: “opportunità di lavoro”. Ovunque oggi l’esortazione è sempre quella: andare via. E così fughe di cervelli si alternano a fughe di imprese e di tutto il settore produttivo perché, dicono esasperati da tasse e burocrazia, nel Bel Paese non c’è più niente da fare. Questo dicono i giornali, questo dicono i politici, questo dicono gli intellettuali, questa è solo una faccia della medaglia. Sì, perché all’estero ci si può andare anche rimanendo in Italia.
É questa la scelta di numerosi imprenditori che sfidano i mercati con l’internazionalizzazione delle imprese, individuando quelle attività della filiera produttiva che possono essere meglio affrontate al di là del confine oppure superando la frontiera direttamente per la vendita del prodotto finito. Sono numerose le imprese che, con le storie più strane, riescono a conquistarsi una quota dei mercati globali e a riportare risultati positivi anche durante una congiuntura economica che non lascia molto spazio ai buoni propositi. É il caso della Grillo S.p.a., azienda italianissima che opera nel settore dei macchinari agricoli e che dal 2012 al 2013 ha registrato un aumento dei profitti pari ad oltre il 200%, grazie alla delicata operazione manageriale che è riuscita a portare i propri prodotti anche dall’altra parte del mondo.
È interessante vedere come le quote delle esportazioni maggiori dell’Italia non riguardino il settore alimentare che tanto ci contraddistingue agli occhi degli stranieri ma, come mostra il rapporto ICE 2013-2014, trionfino invece gli articoli in pelle, le calzature e i mobili seguiti dai macchinari e prodotti meccanici che superano, anche se di poco, perfino l’abbigliamento e prodotti tessili. Ma quale dovrebbe essere il vantaggio di occuparsi dell’estero rimanendo in Italia?
Ovviamente la ricetta perfetta in management non esiste e la strada migliore è spesso non unica e corretta solo per la singola impresa che prendiamo in considerazione. Eppure, tralasciando le valutazioni imprescindibili sulle risorse a disposizione, sulla vision aziendale, sulle reali opportunità e la presenza o meno di condizioni idonee, un vantaggio su tutti si può trovare: il Made in Italy.
Dicitura che non rappresenta solo il nome di un brand, il quale si può ottenere anche svolgendo solo parte della produzione nella penisola e delocalizzando il resto fuori (eccezion fatta per la Certificazione 100% Made in Italy che con la L. 166 del 2009 si riferisce a beni esclusivamente fabbricati in Italia) ma che si dovrebbe far portatrice di quella che è la vera qualità, tradizione e passione italiana. Il marchio Made in Italy non si limita ad essere un’etichetta di garanzia, porta racchiuso in sè le critiche degli imprenditori, i folcloristici difetti di un popolo ma anche l’orgoglio e il coraggio di un paese che non abbassa la testa.
Curioso poi notare che tra i principali esportatori non ci sono colossi multinazionali ma si parla ancora una volta di piccola, media e micro impresa italiana, stremata e sfiancata ma che si sforza a trovare una soluzione mentre lo Stato si diletta nel far dilagare tasse che, se la situazione non fosse tragica farebbero sorridere, come quella sull’ombra, sull’esposizione della bandiera italiana o sui gradini.
Come al solito in Italia c’era una volta la PMI che lottava contro il malefico Leviatano, c’era una volta Privato, eroe mandato in esilio dai regnanti, che si batteva contro il drago Pubblico, c’erano una volta i giovani, le imprese e gli italiani…e nonostante tutto, oggi, grazie a chi rimane, ci sono ancora.
1 comment
Chiara voglio farti i miei complimenti in quanto ho letto attentamente tutti i tuoi articoli e sono (quasi) pienamente d’accordo con tutto quello che dici.
Nella vita ho una piccola ditta di costruzioni meccaniche e mi trovo a combattere tutti i giorni con il socio occulto che si preoccupa principalmente di inventare nuove rapine legalizzate; anch’io sono di Bologna e sempre disponibile a scambiare due parole con te.