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Giustizia

Dichiarazione dei diritti in Internet: se ne può fare a meno!

dich dirittiUna apposita commissione parlamentare, fortemente voluta dal Presidente della Camera Boldrini e tra i cui membri spicca Stefano Rodotà, ha recentemente partorito la prima bozza della Dichiarazione dei Diritti di Internet (sono aperte le consultazioni!). Un documento estremamente ambizioso che mira, nelle intenzioni dei suoi redattori, a porsi come modello da adottare anche a livello europeo e/o internazionale. Un documento, me lo consentirete, del tutto inutile e di cui avremmo volentieri fatto a meno. Le ragioni per cui non vedo con favore questo documento sono le più diverse.

Intanto, dal punto di vista metodologico, è un documento che è stato concepito in maniera frettolosa, in poche sedute (ne conto 3 o 4, non di più). E’ un documento che viene sottoposto a una consultazione pubblica, senza tuttavia che vi sia stata una adeguata sensibilizzazione della popolazione su temi talora anche complicati – viene, salvo variazioni in corso delle modalità di consultazione, affidato un argomento tecnico e che richiede competenze al giudizio del quivis de populo.

E’ un documento aggiornato dal punto di vista tecnologico, ininfluente dal punto di vista della sua forza giuridica. E ciò nonostante ambisce a porsi come un documento di rango costituzionale o addirittura sovra-costituzionale, non si capisce bene.

Poi, da un punto di vista più specificamente contenutistico, è un documento a tratti confuso, nel quale vengono mischiati e confusi diritti e principi (come se fossero la stessa cosa). E’ un documento altresì impreciso, laddove tratta della neutralità della rete come se si trattasse solamente di un problema di contenuti e non di un problema di competizione tra imprese nel mondo dei servizi Internet.

E’ un documento inoltre che non ha, in my humble opinion, una precisa collocazione nel sistema delle fonti…oserei definirla una Carta in cerca di identità.

Il termine utilizzato, “Dichiarazione”, è un termine assai solenne. Ne dovremmo dedurre che si debba trattare quantomeno di una fonte sovraordinata alla legge ordinaria. Il problema è che appunto si tratta di una mera ipotesi di chi scrive, dove diavolo debba collocarsi non è chiaro, come verrà approvata nemmeno. Se si pensa a un documento di rango costituzionale, una domanda sia consentita: perché allora non inserire direttamente i diritti in costituzione? Una proposta in tal senso era venuta tempo fa da chi proponeva ad esempio l’introduzione di un articolo 21 bis in Costituzione. L’ipotesi è naufragata allora, mi si farà notare. Vero: ma ci siamo chiesti perché?

Quale che sia la collocazione, il rango normativo di questo documento, occorre interrogarsi sulla necessità di avere una solenne dichiarazione dei diritti in Internet. Forse che Internet abbia determinato la nascita di nuovi diritti che pertanto necessitano di formale proclamazione? Spiacente di deludervi, nulla di tutto questo. I diritti che la Carta/Dichiarazione si propone di tutelare sono tutti diritti che già trovano altrove un loro riconoscimento e una loro tutela. Dichiararli non serve a nulla, oltre ad essere estremamente tardivo. Il legislatore italiano arriva in questo caso tardi, dopo importanti interventi di normazione e giurisprudenziali a livello comunitario. In molti casi arriva addirittura dopo se stesso, arrivando di fatto a replicare previsioni normative nazionali già esistenti.

La Carta dei diritti è una compilazione di diritti già esistenti e ampiamente riconosciuti, non ha ad avviso di chi scrive alcuna forza giuridica.

E arrivo dunque alla domanda fondamentale: ma c’è davvero bisogno di una Carta dei Diritti di Internet? Meglio: Internet ha davvero bisogno di una carta dei diritti?

La risposta è chiaramente no.

Per due ordini di ragioni almeno.

In primo luogo la convinzione personale di chi scrive è che non sia sempre necessario e opportuno codificare, specie in un campo così mutevole e incostante, come quello delle nuove tecnologie.

In secondo luogo la constatazione che a Internet, per la sua peculiare natura, non possa essere applicato un modello di regolazione accentrata.

Concludendo, ritengo di sottoscrivere parola per parola le seguenti considerazioni di Carlo Lottieri: aleggia [nella carta, n.d.r.] uno spirito da Grande Fratello che preoccupa assai più di quanto non faccia la stessa anarchia della rete. In tal senso, il documento è assai chiaro quando chiede un governo globale dell’universo di Internet. L’esistenza di qualche bandito, ancora una volta, è invocata per esigere che qualcun altro s’impadronisca di tutto. Perché quando si afferma che «la costituzione di autorità nazionali e sovranazionali è indispensabile per garantire effettivamente il rispetto dei criteri indicati», ci si orienta verso un mondo in cui pochi regolatori potranno imporre la propria idea di ciò che è giusto fare o non fare, dire o non dire. 

EDOARDO COLZANI

2 comments

imbianchino brescia 30/01/2015 at 15:30

L’argomento studiato in questo articolo è indubbiamente
interessante, congratulazioni a chi ha scritto
daimbianchino brescia

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Rivoluzione Liberale Che fine ha fatto la Carta dei diritti di Internet? - Rivoluzione Liberale 08/07/2016 at 02:48

[…] siano pervenuti 300 commenti e 10 proposte). Avevo già avuto modo altrove, sul blog de “Gli Immoderati”, di esprimere il mio giudizio negativo sull’iniziativa e non posso che prendere atto, con […]

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