Nessuno in Italia sembra interessarsi con grande impegno alla questione iraniana. Forse perché ciò che sta avvenendo in Iran è paradossalmente troppo “occidentale”, dunque i media mainstream, che per rincorrere quella fetta di seguito anti-occidentale a prescindere, scendono tragicamente a patti con quest’ultima. Un caso molto ambiguo dove una buona fetta di popolazione, quella persiana, portata allo stremo dalla dittatura teocratica degli Ayatollah sente il bisogno di scrollarsi definitivamente di dosso questo infelice periodo di soprusi e sfregio dei diritti fondamentali dell’uomo, come mostra il caso emblematico di Masha Amini che in questo articolo prova a riassumere quanto successo in questi mesi di lotte tra la popolazione e l’ormai anacronistico regime, nella speranza che la sua testimonianza possa fungere da esempio per altri.
Il 18 novembre 2022 i manifestanti hanno distrutto la casa natale dell’Ayatollah Khomeini, capo spirituale e politico della rivoluzione del 1979. Lo hanno fatto per dare un segnale netto: basta con il passato: l’Iran vuole un futuro dove sia un diritto poter esprimere liberalmente la propria opinione e dove le donne vengano rispettate al pari degli uomini. Donne, vita, libertà. Sono questi i 3 principi cardine del movimento rivoluzionario che del Kurdistan iraniano, è diventato un’onda in continua espansione arrivata a sommergere tutto il paese fino alla capitale Teheran.
Proprio il Kurdistan è oggetto di forte attenzione da parte del governo centrale iraniano, che ha intimato ai vicini iracheni di tenere a bada le frange ribelli, pena l’esplicita minaccia di ritorsioni militari oltre-confine. Una situazione molto calda che continua ad auto-alimentarsi, vista anche la grande recessione economica cui è soggetto il paese da tempo, che alimenta lo scontento della popolazione rurale, vera forza motrice della rivoluzione islamica in passato e del regime teocratico oggi.
Qualcosa sta chiaramente cambiando, un forte vento dagli ideali occidentali soffia costante nel paese. Perchè deve essere nascosto o non riceve la giusta attenzione? L’Occidente è fuori moda?
I numeri della rivoluzione
Sono davanti gli occhi di tutti le rappresaglie della polizia religiosa (i guardiani della rivoluzione) nella metro di Teheran, che percuote i cittadini cercando di mantenere il regime del terrore. Sono diventati virali anche i video delle dimostrazioni contro il regime, immortalano manifestanti che bruciano le immagini sacre degli Ayatollah e levano a coloro che per strada mostrano fedeltà al regime i copricapi religiosi.
Justin Trudeau, primo ministro canadese, ha definito il regime iraniano “omicida” arrivando a denunciare 15 mila morti durante le proteste. Diversa è la ricostruzione della CNN in un articolo del 12 novembre dove si stimano 326 morti riportando i dati IHR, ONG norvegese che opera in territorio iraniano. In questo terribile report, che come spiegato sottostima di molto le morti certificando solo quelle riconosciute anche dal regime, sarebbero compresi 43 childrens (ripartiti tra bambini e ragazzi adolescenti) e 25 donne.
La capitale risulta il luogo più colpito, ma anche il confine azero, il Sistan e il Baluchistan sono pesantemente interessati dalla repressione. Almeno 1000 arresti per coinvolgimento nelle proteste, del resto anche il presidente Raisi si era espresso definendole “inopportune e inaccettabili”, tuttavia ciò che trapela dalla cortina di fumo è ancora troppo poco. Le uniche recenti notizie confermate riportano la morte dell’ufficiale d’intelligence dei guardiani della rivoluzione, Bayrami, ucciso nella regione del Kurdistan iraniano come confermato dall profilo ufficiale del governo. La lotta continua, se ne parlerà in Italia?
Un nuovo capitolo recente: Mahabad
Altre 26 vittime vittime si aggiungono ai tristi resoconti delle proteste contro il regime. A Mahabad, città situata al confine azero caratterizzata dalla prevalenza dell’etnia curda, sono partite operazioni militari tutt’ora sono in corso. I reparti sono coinvolti in battaglie di quartiere contro il popolo iraniano.
Sarà sempre più difficile per il regime teocratico controllare le proteste. A volte, la storia si mostra con le stesse vesti del peggior nemico dell’uomo: il tempo. Tutto quello che sembra ormai anacronistico e lotta continuamente contro la sua dimensione storica, è destinato a fare spazio a qualcosa di nuovo, meglio posizionato nel contesto. Questo discorso vale sia per i comuni oggetti di tutti i giorni, ma vale anche per i governi, dove questi si comportano come entità superiori immortali, invece di preoccuparsi a stare al passo con un mondo che si muove, avanza. Non sarà un passaggio semplice, ma sembra che il popolo in rivolta abbia capito che il regime non è immortale, ma la protesta porterà sangue e pianti agli iraniani.
Loro sembrano capirne il prezzo e meriterebbero molta più attenzione da parte dei media italiani ed europei, visto che si tratta di un potenziale passaggio secolare dalla portata difficilmente quantificabile.
Proteste”Mondiali”
Lunedi 21 Novembre è invece andato in scena l’Iran calcistico a Doha. Prima della partita con l’Inghilterra, il capitano Hajsan Hasafi, centrocampista dei greci dell’AEK Athens, ha ricordato nell’intervista pre-partita l’impegno della nazionale iraniana a favore del popolo in rivolta. Nuovi conteggi portano a 50 le vittime di questi giorni a Mahabad, nell’Azerbajgian iraniano e 16 mila gli arresti. Secondo i nuovi dati diffusi da Reuters sarebbero 400 i morti totali.
Ilegame con la popolazione si è visto anche quando i giocatori iraniani sono rimasti in silenzio durante l’inno nazionale “Sorud-e mille e-Iran”, che proclama una vita duratura alla repubblica islamica.
Dunque anche qui, sotto il profilo sportivo, abbiamo molte personalità incredibilmente popolari in Iran che hanno preso una posizione netta, come Azmoun, attaccante del Bayer Leverkusen, fischiato in campo per le sue posizioni anti-governative. E pensare che le nazionali europee fanno fatica a portare una fascia arcobaleno, rischiando delle “pericolosissime” ammonizioni dalle loro federazioni.
Le vere colpe Occidentali
Il tema è scabroso dopo che più di 40 anni fa l’Occidente aiutò indirettamente la rivoluzione islamica a rovesciare il regno degli Scia di Persia, pensando di poter utilizzare la religione come arma contro la monarchia. Ora, al grido della riscoperta non interferenza, ovvero il non immischiarsi nelle faccende di altri popoli che tanto ha segnato il mantra del relativismo culturale, viene paventata dai più ignoranti rampolli new-age il rischio di un “nuovo Afghanistan”, un paese abbandonato a se stesso dall’Occidente che ora sta subendo una pesante repressione, esercitata anzitutto sui diritti delle donne.
Al solito la questione rischia di essere ricondotta in maniera grezza all’Islam. Abbiamo già affrontato il tema scrivendo di come in realtà nei testi sacri della religione il ruolo della donna sia tutt’altro che vilipeso. L’utilizzo politico dell’islam in chiave nazionalista e autoritaria, ovvero l’islamismo, è il vero problema. Abbiamo già osservato in passato come i governi abbiano provato a giustificare politiche restrittive delle libertà personali servendosi della religione come pretesto e invocando un ritorno alla legge islamica, sebbene ciò frequentemente non trovi riscontro nelle antiche leggi dell’Islam e nelle maggiori interpretazioni.
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1 comment
Solite cose: 2 palle sti arabi retrogradi ecc… ci dan fastidio, ecco.
Poi personalmente dopo quel bastardo che ha cercato di fregarmi 3 anni fa comprando la casa, diciamo che per me il caso e chiuso. E poi mi chiamo DARIO :D !!
ps: Ilegame