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Lo pseudopacifista: da tutti colpevoli a tutti innocenti

pseudopacifista - pacifismo

Il dibattito sulla guerra in Ucraina ha riportato in auge la figura dello pseudopacifista o pacifista irragionevole.

Ovviamente allo pseudopacifista in buona fede si sono affiancati putiniani e anti-americani in servizio effettivo permanente. Detto questo lo schema argomentativo non cambia molto ed è imperniato su quattro pilastri argomentativi.

  1. Il primo pilastro è quello delle provocazioni che Putin avrebbe ricevuto. Di solito si esordisce con una dichiarazione solenne di condanna dell’invasione militare della Russia, giusto per mettere le mani avanti. Poi segue un elenco impressionante di giustificazioni, scusanti ed elementi a discarico che contraddicono l’incipit e si risolvono in un sostanziale “Cosa altro poteva fare Putin?”.
  2. Il secondo pilastro degli pseudopacifisti è il richiamo incessante a tutte le altre guerre o tensioni internazionali del passato. La tesi è che le superpotenze fanno da sempre tutte le stesse identiche cose. I riferimenti più citati sono la crisi dei missili cubani, le due guerre del Golfo, gli interventi nell’ex-Jugoslavia e la guerra in Afghanistan. Per brevità non analizzeremo le macroscopiche differenze con quello che sta succedendo in Ucraina e neanche le macroscopiche differenze degli interventi citati tra di loro (alcuni sacrosanti altri più discutibili). Basti sottolineare, però, che solo in Ucraina l’autore dell’intervento militare mira ad annettersi direttamente i territori in cui è intervenuto.
  3. Il terzo pilastro è costituito dalla continua ripetizione acritica dell’aforisma (che fa tanto intellettuale) per cui in guerra la prima vittima è la verità. Noi, quindi, saremmo condannati a conoscere solo una parte della verità. Cioè la parte che ci viene concesso di conoscere a seconda del posizionamento internazionale dello stato in cui viviamo. La cosa sarebbe perfettamente simmetrica: i cittadini russi conoscerebbero metà della verità e noi l’altra metà. Spero non ci sia bisogno di spiegare che questa visione è fallace. Basterebbe sottolineare che in Russia non esiste un prof. Orsini che ogni giorno spiega in TV ai russi le colpe di Putin. D’altronde se esistesse non godrebbe di buona salute.
  4. Il quarto pilastro è presentare la soluzione diplomatica come alternativa alla guerra. È una cosa ovviamente vera ma al contempo di una banalità sconcertante. Un po’ come dire che la guarigione è l’alternativa alla malattia. Noi tutti ci auspichiamo che un malato guarisca, così come ci auspichiamo che si trovi una soluzione diplomatica. Ma non sempre basta la buona volontà dei mediatori perché ciò avvenga. In fondo è proprio questo il sospetto dello pseudopacifista: i mediatori non fanno abbastanza sforzi altrimenti la pace sarebbe a portata di mano. “Ci vuole una forte iniziativa di pace” ripetono di continuo, come se fosse un’idea che non è venuta in mente a nessuno. Purtroppo la soluzione diplomatica (che il mondo sta cercando checché ne dicano gli pseudopacifisti) dipende dall’esistenza di un compromesso minimamente accettabile da ambo le parti. Se questo non c’è viene raggiunto solo quando il protrarsi della guerra costringe a rivedere le pretese di uno o di tutti e due i contendenti.

Il combinato disposto di questi quattro pilastri, cioè la presenza di giustificazioni per tutte le parti in causa, il pensare che certe cose le fanno tutti, il fatto che tutti ignoriamo la verità e la convinzione che la soluzione diplomatica non venga perseguita con sufficiente convinzione, conduce a una perversa visione di colpevolezza diffusa. Lo pseudopacifista rinuncia all’analisi e si rifugia nella semplicistica visione per cui tutte le guerre sono uguali e tutti quelli che vi partecipano, a qualunque titolo, sono colpevoli della guerra stessa e delle sofferenze che causa.

Ecco che Milosevic sarebbe colpevole quanto Clinton, Bin Laden quanto Bush e Putin quanto Zelensky e forse tutti e due lo sono quanto Biden (ché signora mia ho letto che ci sta marciando con questa guerra) e, in ogni caso, chiunque sostenga l’Ucraina non è meglio di loro: tutti guerrafondai e tutti colpevoli.

Lo pseudopacifista si compiace nell’esibire questa sua superiorità morale e questa sua saggezza che si sostanziano nel gridare un effimero “no alla guerra”, che però si traducono in un completo immobilismo operativo. Esattamente come certi fanatici religiosi si limitano a pregare per la guarigione senza fare nulla. In Bosnia è in atto una disumana pulizia etnica? Basta gridare “no alla guerra” e intraprendere una “vera” iniziativa diplomatica e tutto si risolverà. A Bucha hanno massacrato civili inermi? È solo la prova che la guerra fa schifo, quindi gridiamo in coro “no alla guerra” in attesa che la fatina delle favole ci ascolti. Faccio incidentalmente notare che i fatti di Bucha, e altri episodi simili, sono solo un tragico esempio di quello che succederebbe con la resa dell’Ucraina, cioè con la fine formale del conflitto armato che tanto sta a cuore agli pseudopacifisti. Per “normalizzare” un paese così orgoglioso si ricorrerebbe a liste di proscrizione per le quali decine di migliaia di persone sarebbero catturate per essere “rieducate”, incarcerate, torturate o uccise (talvolta tutte queste cose assieme). Certo, tutto avverrebbe senza cadaveri per strada e non scopriremmo mai fosse comuni, non so se questo fatto basterebbe a soddisfare la sete di pace dello pseudopacifista.

Ora, che la guerra sia un’attività odiosa è persino banale dirlo. La guerra è certamente odiosa ma non tutte le guerre sono uguali, non lo sono nelle motivazioni delle parti, nelle cause, nelle modalità con cui vengono combattute e nei fini dei belligeranti.

Inoltre il problema è che se tutti sono colpevoli poi, di fatto, tutti sono innocenti. Non esiste via più breve all’assoluzione generalizzata che quella della colpevolezza di tutti. È lo stesso meccanismo, per esempio, delle pur comprensibili amnistie che si fanno dopo alcune guerre, specie nelle guerre civili: nell’impossibilità di perseguire i reati che tutti (o quasi) hanno commesso si decide di assolvere tutti (o quasi) da quei reati.

Il mantra del “tutti colpevoli” porta a quell’immobilismo di cui si accennava sopra, per cui sarebbe ingiusto prevedere sanzioni solo per alcuni e non per altri, ingiusto schierarsi, ingiusto sostenere una parte, ingiusto immischiarsi in qualsiasi modo perché si rischierebbe di perdere la purezza che deve guidare il vero amante della pace. Se tutti sono colpevoli, appunto, alla fine ci si comporta come se tutti fossero innocenti: nessuno verrà mai osteggiato, contrastato o punito.

Certo, intervenire, in qualunque modo lo si faccia, è molto più complicato e pericoloso che rifugiarsi in un comodissimo atteggiamento equidistante che si limita a un astratto “no alla guerra”. Ma proprio perché le guerre non sono tutte uguali e le parti non sono sempre tutte egualmente colpevoli, non si può predicare per partito preso l’equidistanza, concedendo al massimo un’effimera vicinanza morale.

Chi scrive pensa che in questa guerra una parte abbia tutte (o quasi) le ragioni e l’altra tutte (o quasi) le colpe, che ci sia una vittima e un carnefice, un paese invasore e un paese invaso, un comprensibile desiderio di indipendenza e un intollerabile disegno di dominio, una democrazia che vuole rimanere tale e una dittatura che vuole negare questa democrazia. Sarebbe quindi immorale (oltre che pericoloso per il futuro) stare comodamente sul divano e limitarsi a gridare “no alla guerra”. Persino se dovessimo pagare un prezzo, altrimenti lo pseudopacifismo rischia di diventare il cugino di secondo grado dell’egoismo.

Ecco perché lo pseudopacifista per non sporcarsi le mani rischia di avere la coscienza insanguinata.

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1 comment

Dario+Greggio 12/04/2022 at 20:40

:)

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