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Corsivi corsari

Libertà individuale e quattro degenerazioni della democrazia

La democrazia è un’invenzione recente nella Storia dell’uomo; nei secoli ha subito diverse trasformazioni e adattamenti in base agli ambienti geografici, sociali, economici e politici. Secondo Fareed Zakaria (The Future of Freedom), oggi la democrazia è passata dall’essere una forma di governo a uno stile di vita; tuttavia «non ha tenuto il passo con la corsa del capitalismo alla globalizzazione», secondo Colin Crouch (Postdemocrazia) e «muore quando la gente smette di credere che il voto sia importante», ha spiegato Timothy Snyder (The Road to Unfreedom). La democrazia non è imbattibile e neppure perfetta, dunque. Sotto pressione dagli eventi interni ed esterni di diverse nazioni dove prospera formalmente, la democrazia non deve essere data per scontata. Da una parte essa presenta fragilità strutturali, dall’altra è vulnerabile agli attacchi nei confronti delle istituzioni che la sorreggono – dalla stampa a sistema dei checks and balances. Sono quattro le degenerazioni della democrazia: post-democrazia, democrazia imitativa, democrazia illiberale o democrazia giudiziaria. Tutte e quattro indeboliscono il sistema sociale dove la democrazia è applicata e tracciano la strada verso l’autoritarismo, minacciando la libertà individuale.

1) Postdemocrazia. Si tratta, in parte, dello stato in cui vivono alcuni paesi dell’Occidente oggi: dove media e istituzioni si confondono, dove controllo e conoscenza si mischiano. La postdemocrazia è la condizione in cui, secondo Crouch, «anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’interazione tra governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici». Nella postdemocrazia, «la politica e i governi cedono progressivamente terreno cadendo in mano alle élite privilegiate», che un tempo dominavano la vita economica e sociale monopolizzando il pubblico e oggi in parte si sono re-inventate in questo senso.

2) Democrazia imitativa. Si tratta di un tipo di forma governativa molto instabile, di recente costituzione e che intende copiare i modelli che le hanno imposto di diventare tale. Il fatto che un paese di stampo autoritario diventi improvvisamente democratico può sembrare una buona notizia, ma le contraddizioni interne stratificate negli anni continuano a rimanere irrisolte. L’esempio più naturale di questa degenerazione della democrazia è la Russia di Boris Eltsin dei primi anni Novanta. Sconfitta l’URSS, la Federazione Russia ha voluto in fretta diventare una democrazia per imitazione del modello che ha combattuto per anni, quello occidentale. Inevitabilmente questo ha fatto emergere problemi di incompatibilità e un sostanziale rigetto; si spiega anche così dunque il desiderio di molti oggi di un ritorno a forme di governo più piramidali, dirigiste e autoritarie. La democrazia imitativa de-responsabilizza il cittadino perché essa è frutto di un rinnovamento di facciata; è dunque insincera e tipica di un regime che si dà una mano di bianco per celare i propri guasti e inviare segnali positivi agli altri paesi, senza affrontare i problemi di fondo al suo interno.

3) Democrazia illiberale. Definita da Madeleine Albright (Fascism. A Warning) come un sistema incentrato sui presunti bisogni della comunità piuttosto che sui diritti inalienabili dell’individuo. Secondo l’autrice, tale democrazia illiberale è democratica perché rispetta la volontà della maggioranza, ma anche illiberale perché non tiene conto delle preoccupazioni o necessità delle minoranze – e anzi, le calpesta. Nella democrazia illiberale, o democratura, il governo non accetta limitazioni al suo potere da parte delle costituzioni o delle corti di giustizia, tantomeno del parlamento. In tale sistema, le libertà civili sono messe sotto attacco dalle istituzioni stesse, sempre più corrotte, ingorde di denaro pubblico e autoreferenti. Il termine è di moda in questi ultimi anni ed ha come suoi massimi esponenti la Russia di Vladimir Putin, l’Ungheria di Viktor Orbán e la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan dove formalmente il regime è democratico, ma l’esecutivo schiaccia le libertà civili. «La democrazia illiberale promette di aprire gli occhi ai cittadini», scrivono Ivan Krastev e Stephen Holmes (La rivolta antiliberale), ma in realtà fa di tutto per chiuderli loro.

4) Democrazia giudiziaria. Sistema in cui – secondo Angelo Panebianco (Corriere della Sera, 28 gennaio 2019) – «il governo è solo formalmente al posto di comando. Nei fatti, la discrezionalità politica di cui esso gode è quasi nulla. Non c’è decisione politica possibile se essa non ottiene il placet […] delle magistrature.» Si tratta di una democrazia illiberale “plus”: dove il potere giudiziario non è un nemico, ma è un amico del governo e tollera – dietro tornaconto politico e/o monetario – palesi abusi di ogni genere, chiudendo gli occhi sulla necessità di preservare lo Stato di diritto. L’esempio principale è quanto è accaduto in molte para-democrazie dell’America Latina nel secolo scorso, quando alcune di queste prevedevano un governo che otteneva la benedizione dei magistrati che emettevano sentenze politiche dietro giri di corruzione. Commistioni che esistono tutt’oggi e che sono poco tracciabili. Elemento essenziale della democrazia giudiziaria è il panpenalismo, che sempre Panebianco (CdS, 15 aprile 2020) definisce come «la debordante e soffocante presenza del diritto penale in tutti gli ambiti della vita sociale ed economica, a sua volta riflesso della peculiare posizione di forza assunta dalla magistratura inquirente».

Quando si ammala, viene indebolita o attaccata, la democrazia incorre in un processo di erosione. Questa è per molti quasi impercettibile secondo Steven Levitsky e Daniel Ziblatt (How Democracies Die). Basandosi sugli studi di Juan Linz, i due professori di Harvard hanno elaborato quattro segnali pericolosi dati dai leader politici che fanno capire quando la democrazia è sotto attacco e che la discesa negli inferi dell’autoritarismo – tramite una delle quattro degenerazioni illustrate – è prossima. 1) Rifiuto delle regole del giuoco democratico, 2) negazione la legittimità degli avversari, 3) incoraggiamento o tolleranza della violenza o 4) volontà di limitare le libertà civili degli avversari, influenzando i media. Quattro elementi che appartengono a tutti i leader e i partiti demagogico-populisti dell’oggi, tra l’altro. La democrazia è fondata sul pluralismo – che non vuol dire collettivismo. Naturalmente, «le elezioni contengono sempre un elemento aristocratico; se credessimo veramente che tutti i cittadini sono uguali, conferiremmo i mandati per estrazione a sorte», ricorda Jan-Werner Müller (Che cos’è il populismo?). Le quattro forme di degenerazione della democrazia portano volenti o nolenti all’autoritarismo, dunque alla diminuzione e all’estinzione della libertà individuale.

Snyder ha spiegato che l’autoritarismo – che spesso nasce dalle debolezze della democrazia – inizia quando i cittadini non riescono più a distinguere il vero dall’attraente – da qui il discorso sulla disinformazione: crediamo a quello che vogliamo sentirci dire, senza renderci conto che in questo modo si è meno critici, meno liberi. Il che comporta un indebolimento della democrazia. Ancora Levitsky e Ziblatt: «I populisti tendono a negare la legittimità dei partiti stabiliti, attaccandoli come antidemocratici e […] antipatriottici. Dicono agli elettori che il sistema esistente non è realmente una democrazia, ma è stato invece dirottato, corrotto o truccato dall’élite. E promettono di seppellire quell’élite e restituire il potere al “popolo”.» Mentre un nazionalista, secondo Snyder (On Tyranny), dice che «non può succedere qui» – il che è il primo passo verso il disastro –, un patriota dice che «potrebbe accadere qui», ma che verrà fermato. Le quattro forme di degenerazione della democrazia conducono all’autoritarismo e si combattono rafforzando le istituzioni, nonché la libertà che gli effetti delle malattie delle democrazie sottrarrebbero all’individuo.

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