Con le dimissioni del suo leader storico, Albert Rivera, ieri si è consumata la fine di Ciudadanos, almeno per come lo conoscevamo. Sicuramente un epilogo triste, troppo duro per un partito che in 13 anni di vita ha pagato le decisioni errate degli ultimi mesi. Ma si sa, la politica è “sangue e merda”, e questa, per ora, non è l’eccezione che conferma la regola.
Non bisogna tuttavia dimenticare cosa abbia fatto Ciudadanos dal 2006 ad oggi, ed anzi tanti aspiranti partiti liberali nostrani che da anni viaggiano intorno all’1% dovrebbero prendere nota e cercare di replicarne l’esperienza.
Ciudadanos nasce nel lontano 2005 a Barcellona come piattaforma di discussione. E’ il momento dell’apogeo del nazionalismo catalano, che ancora non chiede l’indipendenza e proprio per questo è appoggiato da diversi settori della popolazione catalana, compresa la maggioranza del PSC (il PSOE catalano). Il 2006 è l’anno dell’approvazione bipartisan dello Statuto di autonomia della Catalogna. Ciudadanos nasce proprio per dire che questo rappresenta una deriva nazionalista —che da li a poco sfocerà nell’indipendentismo come lo conosciamo oggi— e non farà che dividere la società catalana in 2 blocchi impermeabili.
Ciudadanos nasce anche per dire ai grandi partiti che, per colpa delle loro continue cessioni ai nazionalisti, lo Stato sta scomparendo dalla regione ed il sistema di favori e mazzette perpetrato dallo storico presidente della Generalitat Pujol si sta allargando, nonostante in quel momento la presidenza sia in mano al PSC.
Rivera viene eletto presidente del movimento a soli 26 anni nel luglio del 2006. Vengono chiamati pazzi, stupidi, illusi. Prima ignorati e poi sbeffeggiati. Eppure da lì a poco da piattaforma politica passa ad essere partito e si presenta alle elezioni regionali: 3% e 3 deputati.
Nel 2010 aumenta di poco quel 3% e conferma i 3 deputati. Mentre nel 2012 i voti raddoppiano ed arrivano al 7,6%, con 9 deputati.
Durante tutto questo periodo un giovane Rivera affronta Jordi Pujol nel parlamento catalano, lo chiama “Padrino”, ne denuncia la corruzione e la slealtà nei confronti dello Stato centrale. Lo chiamano populista, perché la causa in corso sul sistema mafioso e clientelare aperta nei primi anni del 2000 viene archiviata nel 2005. Ma quando il caso viene riaperto e le prove sono ormai schiaccianti C’s e AR vengono consacrati ad opposizione credibile a questo sistema.
Nel 2013 Ciudadanos decide di fare il salto alla politica nazionale e nel 2014 elegge 2 deputati europei.
Dal 2014 ad oggi è storia conosciuta: nel 2015 stringe un accordo post elettorale con il primo PSOE di Sanchez, ma Podemos non si astiene ed il governo non parte. Nel 2016, dopo nuove elezioni, fa lo stesso con il PP, e complice l’astensione del PSOE, liberatosi di Sanchez, nasce un governo del PP con l’appoggio esterno di Ciudadanos.
Il governo dura 2 anni, nei quali Ciudadanos vota quello con cui è ragionevolmente d’accordo e respinge quello che non concorda: fa Politica, impone le sue idee, e guadagna consenso.
Quella squadra vanta figure di spicco come Luis Garicano, professore di Economia alla LSE, ed altri grandi professionisti in campo economico, giuridico, scientifico. Il partito arancione “attrae talento”, come ama ripetere Rivera, e gli elettori confermano di gradire, elezione dopo elezione.
Addirittura risulta primo partito a fine 2017 in Catalogna quando Ines Arrimadas vince le elezioni. Purtroppo quella vittoria segna l’inizio della fine di Rivera, perché risulta una vittoria di Pirro. La vincitrice non riesce ad imporre la sua agenda, non tenta nemmeno di essere investita presidente: non ce l’avrebbe fatta, ma avrebbe potuto dire di averci provato. Con la sfiducia costruttiva del secondo PSOE di Sanchez con i voti indipendentisti e la sua successiva presidenza, Rivera perde le possibilità di vincere le elezioni (i sondaggi davanti Ciudadanos primo partito) e cominciano gli ammiccamenti alla destra. Nel breve questo non rappresenta un problema, vedasi elezioni in Andalusia e poi il 16% alle elezioni nazionali, ma i votanti moderati proveniente dal centro sinistra hanno iniziato ad allontanarsi. Quelli di destra, invece, alle ultime elezioni di pochi giorni fa sono tornati al PP.
Ciudadanos ha sfidato il bipolarismo, gli ha messo paura, ha portato un nuovo modo di fare politica, ha mantenuto la coerenza, ha sempre combattuto la corruzione. Ha proposto riforme della giustizia, del lavoro, della pubblica amministrazione, di trasparenza, dell’educazione. Ha difeso i diritti civili ogni volta che potuto. È stato per anni un partito serio, costruttivo, pronto a parlare con tutti.
Forse riuscirà a riprendersi se la probabile futura leader Ines Arrimadas tornerá alle origini e non sará la controfigura dell’ultimo Rivera, ma se non ce la facesse non sarebbe giusto ricordare solo gli ultimi anni dimenticando quanto di buono ha fatto nei precedenti. Ciudadanos ha rappresentato una speranza, ha portato milioni di elettori a riavvicinarsi alla politica, ha rappresentato una politica seria e non populista. E tutto questo grazie alla leadership di Rivera, che lascia Congresso e politica a testa alta, tornando a lavorare nel settore privato.