Il Natale porta con sé un’aria di festa e allegria, sia che si creda alle radici cristiane che lo caratterizzano, sia che se ne condivida solo l’aspetto secolarizzato. Eppure la vicenda che ruota attorno alla nascita di un bambino, Gesù di Nazaret, che ha contribuito a cambiare per sempre le vicende degli uomini, non può essere ignorata.
Essa ci ha accompagnato sin da fanciulli nell’inquadrare il significato delle festività natalizie attraverso la sua storia, quella di un messia nato da una vergine a Betlemme, in una casa decrepita, sotto la luce di una cometa, ricevendo l’adorazione di alcuni magi. Ma se molti avranno già pensato a criticare questa narrativa, dando ciascuno il proprio giudizio, forse conviene prima chiedersi quanto possiamo spingerci ad indagare i fatti che ruotano intorno a Gesù.
Se abbiamo testimonianze più o meno solide, con risultati sicuramente soddisfacenti in termini storici per quanto riguarda la sua esistenza, il suo ministero e la sua morte, il periodo dell’infanzia è talmente caratterizzato da contraddizioni, incoerenze e mancanza di fonti, che descriverlo come controverso è dir poco.
Le uniche narrative che abbiamo a disposizione sulla natività fanno riferimento ai testi ereditati come Vangeli (letteralmente “buona novella”), ma solo a quelli di Luca e Matteo, mentre Marco, il più antico, si limita a citare solo i nomi dei genitori e alcuni fratelli e sorelle (Mc 6,3), senza alcuna descrizione degli anni precedenti al battesimo di Gesù[1]. Il fatto che in Marco (come anche in Giovanni) non ci siano genealogie o discorsi intorno all’infanzia non deve trarre in inganno: per i primi cristiani alcuni aspetti cruciali del messaggio evangelico si collegavano principalmente alla morte e resurrezione di Gesù, mentre l’interesse per la sua famiglia, come anche il suo luogo di nascita, nacque solo in una seconda fase, quando si andava sviluppando la cristologia fra i seguaci del nazareno[2].
Ciò che giustifica l’inserimento di alcuni episodi dell’infanzia in Matteo e Luca allora sono, forse, la curiosità crescente verso la vita del “maestro”, ma in particolar modo l’apologetica e la teologia, che resero necessaria la loro presenza. A questo punto occorre chiedersi: quanto possiamo fare affidamento su Matteo e Luca? Essi sono probabilmente espressione di un genere letterario specifico, ovvero il midrash, che non equivale ad una totale predisposizione alla finzione e all’invenzione, bensì indica «che il testo è una rielaborazione di determinati eventi, presentati secondo una prospettiva biblica»[3].
Inoltre è probabile che inizialmente fossero diffusi solo alcuni richiami a citazioni bibliche scelte, i cosiddetti Testimonia, utilizzati poi dagli autori per dare coerenza alla narrazione e legarla all’Antico Testamento, contribuendo a plasmare l’idea di una profezia messianica di lunga durata sulla nascita di Gesù[4].
Possiamo dunque attribuire qualche parvenza di storicità a questi racconti? Il problema è che non abbiamo altre fonti, soprattutto indipendenti, tali da poter fare delle analisi e compararne i contenuti. Tuttavia se entrambi i vangeli non costituiscono alcuna prova di attendibilità storica, nemmeno si può dire che siano privi di riferimenti storici a priori, infatti potremmo provare a valutarli criticamente per cercare di comprendere alcuni elementi dell’infanzia di Gesù, in particolare riguardo la sua natività.
Se ci inoltriamo su quest’ultima insidiosa strada, ipotizzando una reale storicità desumibile da alcuni fatti narrati, occorrerà sempre tenere a mente che nei due vangeli ci sono «le esigenze della comunità cristiana delle origini, nonché l’erudizione, la cultura, la visione teologica, le finalità pratiche del redattore»[5].
Infine, per via del tempo, praticamente tutti i possibili testimoni oculari dell’infanzia di Gesù non possono essere stati una fonte per Matteo e Luca. Si è pensato a Maria, ma le troppe contraddizioni fra le versioni dei due evangelisti minano alla base la solidità di tale ipotesi, come anche le incongruenze dei riti di purificazione citati quando la famiglia si trova a Gerusalemme (Lc 2, 22), che la screditano come testimone privilegiato del testo lucano[6]. Coscienti di questo discorso, il racconto sulla natività è costituito da alcune tappe che possiamo analizzare per provare ad estrapolarne alcune probabili informazioni:
- il viaggio da Nazaret verso Betlemme motivato da un censimento (Lc 2);
- la nascita di Gesù a Betlemme (Lc 2, Mt 2);
- la comparsa di una stella che avrebbe guidato dei magi ad adorare il bambino, dopo essere passati a Gerusalemme da Re Erode e aver comunicato ad egli la nascita del Messia (Mt 2);
- la fuga in Egitto per sfuggire alla strage dei bambini a Betlemme ad opera di Erode e il successivo ritorno dopo la sua morte in Galilea e non in Giudea (Mt 2).
Partendo dal primo punto, si è speculato notevolmente sugli indizi che Luca avrebbe lasciato nell’identificare il grande censimento del legato di Siria Quirinio con alcuni citati da altre fonti romane. Al tempo di Augusto la Giudea era governata dal Re Erode il Grande, sovrano di uno stato cliente e subordinato al potere romano. Erode rimase in carica fino al 4 a.C., anno in cui morì e il regno fu spartito fra i suoi figli. Archelao ebbe il governo della parte meridionale (compresa la Giudea), Erode Antipa quella settentrionale (con la Galilea) ed Erode Filippo la parte nord-orientale. Nel 6 d. C. Archelao fu destituito ed esiliato in Gallia perciò i suoi territori divennero provincia romana, nello stesso anno in cui Quirinio fece un censimento[7].
Ma, e iniziano i problemi, Gesù a rigor di logica dovrebbe essere già nato. Qui notiamo la prima incongruenza fra Luca e le informazioni a nostra disposizione: se è vero che Gesù nacque sotto il regno di Erode il Grande ne segue che il censimento di Quirinio a cui lui fa riferimento, realizzatosi a circa dieci anni di distanza dagli eventi narrati, sia un dato che porta ad una schiacciante contraddizione.
Alcuni studiosi hanno tentato di argomentare che il censimento in questione coincidesse con quelli regolari (con ciclo di 14 anni) praticati in Egitto, che si sarebbero estesi dal 23 a.C. anche ai territori orientali, ponendo quindi il 10 o 9 a.C. come possibile data. Oppure, ancora, il tentativo di riallacciarlo al censimento riservato solo ai cittadini e menzionato da Augusto[8], datato 8 a.C., che sarebbe stato esteso anche ai provinciali, malgrado l’assenza di alcun riferimento da parte romana vista la sua modesta entità[9].
Eppure queste ipotesi non sembrano convincenti, anche perché a rinforzare la tesi di una inverosimiglianza del racconto lucano contribuiscono le norme generali che un censimento provinciale avrebbe richiesto. Le persone venivano censite nel luogo in cui vivevano o nel capoluogo amministrativo, mentre solo per i beni immobili occorreva che la registrazione avvenisse nei luoghi in cui si trovavano. Dunque, per quanto si possano supporre adattamenti verso usi e costumi locali, risulta poco attendibile la motivazione genealogica che adduce Luca sullo spostamento da Nazaret a Betlemme (in più la presenza di Maria non era obbligatoria)[10]. Al netto di ciò, per noi è importante constatare il dato contenuto nei due vangeli sulla nascita di Gesù sotto Re Erode, che sarebbe avvenuta quindi prima del 4 a.C.
La seconda questione ha dei legami con la prima: se per Luca l’arrivo a Betlemme è motivato dal censimento, in Matteo invece si parte da Betlemme. Entrambi sono costretti a spiegare come la famiglia sia tornata a Nazaret, elaborando due storie dissimili che testimoniano come probabilmente non ci fosse alcuna narrazione concernente l’infanzia di Gesù prima della stesura dei vangeli[11]. Per Luca vengono compiuti tutti i riti, passando per Gerusalemme e infine ritornando a Nazaret. Matteo, invece, narra dei magi, dell’incontro con Erode, del massacro di bambini da lui ordinato e della fuga in Egitto, con il ritorno finale a Nazaret motivato dalla paura verso Archelao (ma stranamente non verso Erode Antipa, a capo della Galilea e figlio del Re) e da un avvertimento in seguito a un sogno (uno di una lunga serie).
L’importanza della nascita a Betlemme è chiaramente cruciale per motivi teologici, ma non possiamo ricavarne nessun dato storico. Infatti il Messia doveva nascere nella città di Davide. Le incongruenze che riscontriamo nelle narrazioni sono state causate da questa forzatura: tenere a tutti i costi fermo il luogo di nascita.
Dalla vicenda dei magi, forse degli astrologi venuti dall’Oriente o dall’Arabia, e il loro incontro con Erode, possiamo apprendere qualcosa in più. Altre fonti discussero di Erode come di un sovrano spregiudicato, che, ormai vicino alla morte, rinchiuse nell’ippodromo di Gerico dei personaggi illustri della Giudea dando l’ordine di ucciderli una volta che egli fosse morto[12].
Ciò rende verosimile sia un evento come la strage dei bambini di Betlemme al di sotto di due anni, che l’atteggiamento del sovrano verso i magi, usati come degli agenti sotto copertura per ottenere informazioni sulla nascita del messia, evento che già la comunità degli esseni aveva profetizzato e con la quale Erode aveva intrattenuto dei rapporti[13].
La presenza dei magi viene posta dagli studiosi come un possibile riferimento alle vicende veterotestamentarie, in cui vi sono casi di personaggi originari dell’Est e dotati di poteri magici come Balaam, insieme alla credenza diffusa che la nascita di uomini degni di nota fosse preceduta da eventi astronomici[14]. Tuttavia se non si hanno riferimenti riguardo ad una ipotetica “strage degli innocenti”, il dato astronomico potrebbe essere d’aiuto. Infatti nel 7 a.C.[15] ci fu una triplice congiunzione fra Giove-Saturno che potrebbe essere stata usata nella redazione del racconto, per far sì che un evento storicamente accaduto coincidesse con la visione teologica di Matteo e la tradizione midrashica. Seguendo questo filo logico, insieme ad altre informazioni su Erode e l’ipotetico arrivo a Gerusalemme dei magi[16], la nascita di Gesù potrebbe essere posta in un periodo tra il 7 a. C. e il 6 a. C.
L’ultimo episodio citato da Matteo sulla fuga in Egitto sembra essere molto simile al racconto di Mosè, rientrando perfettamente in un topos letterario in cui la dinamica persecuzione-fuga è centrale. Infatti la persecuzione verso Gesù operata da Erode sembra simile a quella descritta in Esodo del Faraone contro Mosè[17], in modo tale da rendere la narrazione degli eventi familiare agli ebrei, convalidando la natura straordinaria del nascituro.
In fin dei conti abbiamo a che fare con un racconto che non possiamo prendere sul serio dal punto di vista storico, per il silenzio derivante dalle fonti, il contesto culturale e storico in cui si sono formati i vangeli e le pratiche redazionali degli autori. Insomma non sappiamo nulla.
Tuttavia, alcuni elementi e date in cui inquadrare la natività possono offrirci al massimo dei riferimenti. Possiamo prendere seriamente solo il fatto che Gesù sia nato durante il regno di Erode il Grande e abbia avuto Maria e Giuseppe come genitori e alcuni fratelli[18].
[1] E. Prinzivalli (a cura di), Storia del Cristianesimo. I L’età antica (secoli I-VII), Roma, Carocci, 2015, p. 34.
[2] R. E. Brown, The birth of the Messiah: a commentary on the infancy narratives in Matthew and Luke, New York, Doubleday, 1993, p.28.
[3] G. Firpo, Il problema cronologico della nascita di Gesù, Brescia, Paideia, 1983, p.39.
[4] E. Prinzivalli (a cura di), Storia del Cristianesimo. I L’età antica (secoli I-VII), op. cit., p.35.
[5] G. Firpo, Il problema cronologico della nascita di Gesù, op. cit., p.51.
[6] J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico. I. Le radici del problema e della persona, Brescia, Queriniana, 2006, p. 202.
[7] «Così il distretto di Archelao fu aggiunto a quello dei Siriani, e Quirinio, il console precedente, fu mandato da Cesare a fare un censimento di proprietà in Siria e a vendere la casa di Archelao» in F. Giuseppe, Antichità Giudaiche, libro 17. 354.
[8] Res Gestae, cap. VIII.
[9] G. Firpo, Il problema cronologico della nascita di Gesù, op. cit., p. 124-125.
[10] Ivi, p.150.
[11] R. E. Brown, The birth of the Messiah: a commentary on the infancy narratives in Matthew and Luke, op. cit., p.107.
[12] F. Giuseppe, Antichità Giudaiche, libro 17.178.
[13] Ivi, libro 15. 372.378.
[14] R. E. Brown, The birth of the Messiah: a commentary on the infancy narratives in Matthew and Luke, op. cit., p. 117.
[15] G. Firpo, Il problema cronologico della nascita di Gesù, op. cit., p. 106.
[16] Ivi, p. 104-106.
[17] R. E. Brown, The birth of the Messiah: a commentary on the infancy narratives in Matthew and Luke, op. cit., p. 138.
[18] E. Prinzivalli (a cura di), Storia del Cristianesimo. I L’età antica (secoli I-VII), Roma, Carocci, 2015, p. 35-36.
Leggi anche:
Natale: radici cristiane e origini pagane
2 comments
“Nazaret” -> con l’H
In fondo, chissenefrega dell’infanzia di questa persona: quello che conta (conterebbe) è il messaggio… ovviamente disconosciuto DA OGNI UMANO (di merda)
Un po di chiarezza in una storia velata…
Fatti non parole!