Martedì sera Re Felipe di Spagna ha fatto diramare un comunicato in cui spiegava che le consultazioni del 25 e 26 Aprile avevano reso chiara l’assenza di una maggioranza nelle Cortes per qualsiasi candidato a Primo Ministro, e che quindi nuove elezioni sarebbero state convocate il 26 di Giugno. Questa è la prima volta nella storia democratica del paese che un’impasse politica non viene risolta con un accordo tra partiti. Inoltre, non vi sono garanzie che nuove elezioni produrranno una maggioranza stabile, in quanto i sondaggi continuano a pronosticare un sostanziale ripetersi dei risultati di Dicembre. In un momento critico per l’area mediterranea, per l’UE e per l’Eurozona, questa è una pessima notizia. Il governo di Rajoy, rimasto per il disbrigo degli affari correnti non ha gli strumenti per promuovere politiche di sviluppo, né può essere considerato rilevante a livello internazionale. In breve, è una situazione che dovrebbe rendere tutti i partner e gli osservatori della Spagna particolarmente cauti.
Il mio uso del condizionale non è casuale. Infatti, l’annuncio non era neanche comparso sul profilo Twitter ufficiale del monarca spagnolo che Renzi si è lanciato nel seguente Tweet:
In sostanza, se si crede a Renzi, l’Italia ha tutto il diritto di atteggiarsi con superiorità verso la Spagna, non già perché abbiamo vinto più Coppe del Mondo di calcio – argomento discutibile ma vero – ma perché siamo migliori sul piano della stabilità e quindi sul piano istituzionale grazie alle riforme che il suo esecutivo ha introdotto. Questa analisi è, inutile dirlo, sbagliata e infantile.
Affermazioni del genere denotano una totale assenza di etichetta istituzionale: quando un’altra grande democrazia è costretta a ricorrere alle urne per superare un’impasse politica, assumere un atteggiamento strafottente e un tono gongolante è semplicemente offensivo e imbarazzante per un Capo di Governo o per qualsiasi politico – basta ricordare la reazione di Giorgio Napolitano e del governo tedesco quando Peer Steinbrück definì Berlusconi e Grillo “due clown”. Lo è doppiamente se la nazione in questione ha buoni rapporti con la propria, se la sua stabilità politica potrebbe essere determinante per il futuro dell’UE e infine se il leader che ha fallito maggiormente nei negoziati è quello stesso Pedro Sánchez delle riunioni in camicia bianca tra giovani leader socialisti che, a star a sentire Renzi, avrebbero cambiato l’Europa e forse il mondo.
Questo genere di commenti inoltre mostra la completa estraniazione tra la narrativa renziana del “abbiamo fatto le riforme, quindi l’italia cresce e quindi siamo al sicuro” e la realtà dei fatti. Per constatare questa alienazione non è necessario entrare nel merito della legge elettorale e della Riforma Costituzionale. Basta notare come né l’una né l’altra promessa panacea siano ancora entrate in funzione. Sì, l’Italicum è legge, ma il corrente Parlamento rimane quello eletto con il Porcellum nell’ormai lontano 2013. Salvo imprevisti, l’Italicum non verrà visto alla prova che nel 2018 e solo allora potrebbe cominciare ad esercitare le sue virtù tanto declamate dalla propaganda renziana. La riforma Costituzionale poi è un altro discorso ancora. Il Premier se ne sarà dimenticato, ma lui stesso aveva chiesto che venisse sottoposta ad un referendum confermativo – in sostanza un plebiscito sulla sua persona, non certo una grande prova di stabilità per un sistema politico – e quindi potrebbe benissimo essere bocciata. Inoltre, anche se venisse approvata, i cambiamenti più importanti, riguardanti il Senato, non sarebbero immediati ma richiederebbero tempo e pazienza prima di entrare in vigore. Passi quindi millantare la debolissima ripresa economica come frutto delle proprie riforme, ma attribuire effetti miracolosi a riforme che ancora non sono entrate in vigore è semplicemente ridicolo.
Infine, un’ultima considerazione. Poniamo pure che tutto vada secondo il Grande Disegno Renziano, che il plebiscito approvi le riforme e che nel 2018 si voti con l’Italicum. Pensare che questo renda l’Italia meglio di altri paesi – che, come, ad esempio, la Germania, godono da decenni di stabilità e affidabilità – sul piano istituzionale è infantile e presuntuoso. Sopratutto se queste riforme sono state approvate da un esecutivo nato grazie a un piccolo golpe interno al PD, che gode di una maggioranza parlamentare prodotta da una legge elettorale cassata dalla Corte Costituzionale, maggioranza litigiosa rinforzata da un gruppo di transfughi parlamentari guidati da Alfano e Verdini. Davvero, non esattamente un pulpito dal quale predicare.