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Inflazione: da domanda o da costi?

Uno dei temi che, con la crisi in Ucraina, si è fatto nuovamente sentire è l’inflazione. Questo fenomeno, molto complesso, può emergere per molteplici cause; che possono essere legate o a fattori d’offerta (parliamo quindi di inflazione da costi) o a fattori di domanda (e parliamo appunto di inflazione da domanda). Con l’articolo di oggi cercheremo di spiegare il fenomeno; cercando di capire come decomporre la componente da costi e la componente da domanda dell’inflazione.

Un po’ di sana “aritmetica monetarista”…

Un buon modo per fare quello che ci siamo proposti è cominciare dall’equazione basilare che vediamo molto spesso nei libri di economia: l’equazione degli scambi.

Questa equazione, nella sua forma più semplice si presenta così:

MV = PY.

Da questa, deduciamo che l’aumento dei prezzi (P) è dato da un aumento di “M” (l’offerta di moneta), da un aumento di “V” (la velocità di circolazione) o da una riduzione di “Y” (il PIL reale).

Per capire come possiamo decomporre il fenomeno che vogliamo analizzare dobbiamo apportare due modifiche: in primo luogo dobbiamo raggruppare “MV” (la spesa aggregata, ossia la domanda) in una variabile che chiameremo “N”; in secondo luogo dobbiamo scorporare la variabile “Y” in una componente “ciclica” (che chiameremo Yt) ed in una di lungo periodo (che indicheremo con Yp). Riscrivendo l’equazione in termini di tassi di crescita (indicati con le stesse lettere, riportate però in minuscolo) possiamo scrivere:

p = n – (yp+ yt)

… e di dati

Definito il modello possiamo utilizzare dei dati per capire l’influenza che le diverse componenti hanno avuto sull’inflazione nell’Area Euro; questo grazie ai dati messi a disposizione dalla Commissione Europea. In primo luogo, per capire l’evoluzione della spesa aggregata, abbiamo costruito un indice dei prezzi che comprendesse le spese per consumi e quelle per investimenti. Dal lato dell’offerta, sempre lavorando su dati messi a disposizione dalla Commissione Europea, abbiamo preso il tasso di crescita del PIL reale, abbiamo estratto il trend temporale grazie a una regressione polinomiale e facendo la differenza tra tasso di crescita del PIL reale ed il suo trend si può ottenere la componente ciclica.

Tutto questo ci restituisce questo grafico, in cui sono riportate le principali componenti dell’inflazione.

Vediamo chiaramente che la domanda (suddivisa in spesa per investimenti e spesa in consumi) è stata (ed è) decisamente un fattore importante nel determinare i prezzi; mentre l’offerta ha avuto un ruolo nel senso che non è riuscita ad adeguarsi in tempo alla domanda. Insomma, il combinato disposto di una domanda in ripresa e di un’offerta che sembra far fatica ad adeguarsi sembra aver determinato un aumento del tasso di crescita del livello dei prezzi.

Tre diversi scenari

Questi sono i dati storici. Come possiamo utilizzare lo stesso approccio per delineare (anche solo a titolo puramente qualitativo) le possibili evoluzioni future? Semplicemente, facendo delle ipotesi sui tassi di crescita delle variabili che ci interessano.

Per questo ho ipotizzato tre scenari: il primo che potremmo definire “business as usual”, un secondo che prevede una decrescita della domanda via diminuzione degli investimenti e una riduzione della crescita; e infine un terzo che prevede una domanda in riduzione via diminuzione dei consumi ed aumento degli investimenti, cosa che comporta un aumento della crescita potenziale e della componente ciclica. I tre scenari li presentiamo nei grafici seguenti.

  • Scenario 1: Business as usual. Nel primo ho supposto un tasso di crescita delle variabili costante, pari alla media del tasso di crescita tra il 1995 ed il 2021. In questo caso, con una crescita sostenuta della domanda (dovuta a politiche monetarie e fiscali espansive) ed una minore crescita dell’offerta, l’inflazione potrebbe ulteriormente salire (come vediamo dal grafico 2).
  • Scenario 2: riduzione degli investimenti e della crescita potenziale: Nel secondo scenario ho supposto una riduzione della domanda via riduzione degli investimenti; che porta però ad una riduzione della crescita potenziale. In questo caso, anche a fronte di un’offerta sostanzialmente invariata, il livello di inflazione si riduce; ma ad un ritmo decisamente lento (per non dire che rimane stabile).
  • Scenario 3: aumento degli investimenti (via riduzione dei consumi) e della crescita potenziale. Nel terzo scenario ho supposto, grazie a una riduzione dei consumi, un aumento degli investimenti e della crescita nel trend di lungo periodo del PIL. In questo caso, con un’offerta in aumento e con la diminuzione di una delle due componenti della domanda, il livello dei prezzi tornerebbe ad un livello compatibile con il target in poco tempo.

Non di sola domanda vive l’economia

Questa breve analisi, per quanto rigorosa, deve essere “presa con le pinze”. L’inflazione, al pari di tutti i fenomeni economici, è un fenomeno complesso; per cui dare una risposta definitiva sul fenomeno è molto difficile. Ad esempio in più questo modello si non tiene conto delle aspettative; un fattore fondamentale quando si parla di inflazione e di politica monetaria.

Di certo, al netto di queste considerazioni, alcune conclusioni possiamo trarle. Lungi dall’essere determinata da un solo fattore,  la scomposizione dell’inflazione ci mostra come tanto la domanda quanto l’offerta sono dei driver importanti del fenomeno inflattivo. In particolare, emerge che un ruolo fondamentale nel controllare l’inflazione lo ha avuto la componente di lungo periodo della crescita, indicata nel grafico dalle barre gialle; fatto, questo, che deve farci riflettere su come la crescita di lungo periodo (determinata – questa sì – da fattori d’offerta), lungi dall’essere qualcosa da cui rifuggire, è invece l’unico modo che abbiamo per migliorare non solo il nostro tenore di vita ma anche quello di chi verrà dopo di noi.

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