“Ma perché se lei non crede nell’Europa e vuole uscire dall’Euro, siede presso le sue istituzioni e percepisce uno stipendio da europarlamentare?”
Finalmente, mercoledì scorso, Daria Bignardi, nel corso del programma “Le invasioni barbariche” ha messo spalle al muro il buon Matteo Salvini, chiedendo delucidazioni su uno degli aspetti – a mio avviso – più paradossali del curriculum del leader del Carroccio.
Con la naturalezza di colui che ormai ha acquisito una certa dimestichezza con i riflettori – è stato calcolato che compaia in televisione per una media di 45 minuti al giorno – dopo un piccolo attimo di esitazione, il frontman leghista ha risposto con una metafora popolare, per spiegare e difendere la sua posizione, come è giusto fare, con il linguaggio “della gente”.
“Se vivi in un condominio in cui c’è l’amministratore che è un ladro, per farlo cacciare devi partecipare alle assemblee, far sentire la tua voce, impugnare le sue delibere. Solo così potrai cambiare il condominio”.
Peccato che, almeno a giudicare dai toni e dalle stampe sulle sue felpe, a Salvini non importa un fico secco di cambiare il condominio; vorrebbe semplicemente uscirne, per tornare nella sua autarchica capanna dove le bollette si pagano in lire e dove, finalmente, può essere sovrano, lontano dalle tabelle millemisali dei condomini invadenti – in particolare modo quelli tedeschi – che vorrebbero soltanto una gestione più sana delle risorse, nell’interesse di tutto lo stabile ma, soprattutto, nello stesso interesse dei singoli condomini.
Riflettendoci, dunque, la metafora è priva di senso, ma non per questo senza efficacia.
Infatti, senza usare un linguaggio da “burocrate”, ha lanciato un messaggio che è stato immediatamente compreso dal pubblico, relativo ad un problema effettivamente percepito dal medesimo pubblico come tale – un’Europa che si intromette nella vita dei cittadini dei singoli Stati membri, impedendogli di pescare in santa pace le vongole – e ponendo una soluzione semplice – basta euro.
È così che Salvini agisce, pronunciandosi su qualsiasi tema, ed il suo successo risiede proprio nell’individuare le problematiche più vicine alle persone, specie a quelle che risentono maggiormente della crisi economica e del disagio sociale del nostro tempo, applicandovi il medesimo schema:
1. Partire da una situazione particolare:
“Due marocchini di 19 anni salgono sull’autobus a Bassano del Grappa, non pagano il biglietto, insultano l’autista e una poliziotta che interviene, uno dei due ha pure un martello nella giacca.”
2. Porre un problema generale:
“Facciamoli entrare che si integrano
3. Fornire una soluzione semplice:
“… Certo… A CASA!!!””
Chi può dirsi contrario, intimamente, nella propria coscienza?
Uno straniero viene accolto nel nostro Paese, dove peraltro il numero dei cittadini in difficoltà economico-sociale è crescente, si comporta male, commette un reato… che altro trattamento dovrebbe meritare, se non quello dell’espulsione?
Personalmente, sono d’accordo: chiunque riceve ospitalità dal nostro Paese e commette un reato, dopo aver subito un giusto processo e, nel caso sussistano i requisiti, stando in via cautelare in carcere mentre il processo viene celebrato, deve essere espulso.
Qual è il problema allora? La volontà di risolvere il problema generale (l’immigrazione ed il fallimento delle politiche di integrazione) applicando la soluzione ottimale (non si integrano? Tutti a casa!) per la situazione particolare (i due marocchini che non pagano il biglietto e oppongono resistenza al controllore).
Le criticità di questo tipo di impostazione generalizzante sono di due ordini:
1. la soluzione ottimale per la situazione particolare, risulta essere, invece, semplicistica ed irrealizzabile per il problema generale.
2. generalizzando, si omette di discernere tra situazioni di diverso tipo, anche al fine di elaborare soluzioni realmente incisive e utili ad affrontare il problema generale.
Con particolare riguardo all’immigrazione, negare che le politiche dell’integrazione si siano rivelate fallimentari, sarebbe indice di disonestà intellettuale. Un’evidenza lampante ci è stata fornita recentemente dal caso della signora indiana, recatasi nel suo comune di residenza per ottenere la cittadinanza italiana, avendone tutti i requisiti, non è stata neppure in grado di leggere la formula del giuramento.
La soluzione, secondo il modesto parere di scrive, è più articolata e, tra le altre cose, deve necessariamente prevedere che: (i) i flussi migratori siano razionalizzati, controllati e sottratti alla gestione degli scafisti; (ii) la concessione della cittadinanza sia condizionata all’apprendimento della lingua, della storia e delle leggi nostrane; (iii) chiunque riceva ospitalità dal nostro Paese abbia ben chiaro che, commettendo un reato, sarà effettivamente punito ed, in taluni casi espulso – per esempio qualora commetta delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone, o delitti contro la vita e l’incolumità fisica o, ancora, contro la libertà sessuale.
Per il resto, chiunque arrivi in questo Paese, magari fuggendo da scenari di guerra o da luoghi dove i diritti umani sono calpestati, deve essere altrettanto sicuro che, qualora non arrechi danno al nostro Stato né metta in pericolo la sicurezza dei cittadini e sia in grado di sostenersi senza dove ricorrere a mezzi illeciti, è libero di conservare le proprie tradizioni, il proprio modo di vestire, le proprie usanze, nonché, se del caso, di professare la propria religione.
Procedere per semplificazioni e generalizzazioni, nel caso dell’immigrazione, ha determinato soltanto la diffusione di una nuova cultura dell’intolleranza di matrice nazifascista sminuita, peraltro, da alcuni pensatori ed opinionisti o, in altri casi, addirittura legittimata, affermando che, in questo momento storico, il presunto pragmatismo delle soluzioni offerte da Salvini si rivelerebbe comunque efficace e, dunque, auspicabile.
Mi dispiace, ma se è vero che la storia è ciclica ed in grado di impartire insegnamenti, io non riesco a sminuire né a legittimare il fatto che la bacheca pubblica virtuale del leader di un partito che rischia di ottenere il 20% alle prossime politiche ospiti commenti di questo calibro:
Da liberale, ciò che più mi rammarica è constatare che sempre più persone che professavano di riconoscersi dei valori del liberalismo e, dunque, nella libertà dell’individuo e nella necessità di preservarlo dall’affermarsi di ogni totalitarismo – di destra o di sinistra – oggi si schierino a favore di quel catalizzatore di odio e intolleranza che è, in verità, Matteo Salvini.
2 comments
per quanto stimi Salvini al pari dei miei escrementi, questo articolo è scritto malissimo e non inquadra il problema, utile per i “moderati”, quelli che hanno paura di farsi travolgere dalla realtà. E’ un commento populista anche il mio
Grazie per il commento, caro Omiodio. Concordo con l’ultima frase: in effetti, è un commento che riporta un giudizio soggettivo senza fornire un minimo di argomentazione per replicare in modo utile. Se vorrai illuminarmi, dandomi il privilegio di riuscire finalmente a lasciarmi travolgere dalla realtà, te ne sarò grato.