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Il triangolo USA-Cina-Russia e la lezione di Bismarck

Gli Stati Uniti, la Cina e la Russia occupano il podio nella gerarchia delle potenze del pianeta. Triangolo decisivo dei nostri tempi.

L’ America è l’egemone. Costruttore, custode, ma in parte pure revisore dell’attuale sistema internazionale. Caratterizzata da un’ambivalenza nei confronti dell’ordine internazionale.

Poi c’è la Cina, molto più di una «Repubblica Popolare» fondata da un Partito Comunista. Si sente l’erede della Cina Imperiale. Vede sé stessa in ascesa, pronta per sfidare gli Stati Uniti.

Infine c’è la Russia. Lotta per rimanere protagonista a livello mondiale, evitando il declassamento e l’ulteriore perdita di influenza sui vicini.

Quando si parla dei tre giganti, sorgono le seguenti domande: gli Stati Uniti dovrebbero avvicinarsi alla Russia in funzione anticinese? Il rischio di un’alleanza tra russi e cinesi contro l’America è reale?

Sono questioni attualissime, come certificato dal vertice tra Biden e Putin.

La risposta alle domande sopra indicate sembra ovvia: Washington dovrebbe allearsi col nemico più debole contro il più forte. Quindi, avvicinarsi a Mosca contro Pechino.

Si tratta di seguire la lezione di Bismarck. Secondo il grande Statista prussiano-tedesco, in un sistema internazionale formato da cinque Stati è sempre meglio far parte di una coalizione a tre. Per Bismarck si trattava di realizzare una raffinata diplomazia volta a evitare un’intesa tra le altre Potenze europee (specialmente tra Russia, Francia e Gran Bretagna) che avrebbe accerchiato il Reich, costringendolo in caso a combattere una guerra su due fronti. Incubi che si avverarono realmente dopo l’uscita di scena di Bismarck. E la Germania perse infatti entrambe le Guerre mondiali.

Durante la Guerra Fredda, le intuizioni tattiche bismarckiane vennero poi applicate nel triangolo USA-URSS-Cina da un altro Statista tedesco. Questa volta un ebreo bavarese naturalizzato americano: Henry Kissinger. Fu proprio lui, in qualità di Consigliere per la sicurezza nazionale di Nixon nei primi anni ’70, a concepire un’alleanza informale, ma sostanziale dal punto di vista geopolitico, con la Cina di Mao. Pechino e Washington erano state nemiche per 20 anni, ma si ritrovarono ad avere un nemico comune, cioè l’URSS. Così Kissinger e il suo alter ego cinese Zhou Enlai furono lucidissimi nel cogliere i comuni interessi strategici.

L’intesa con la Cina aveva molteplici scopi per Kissinger. Serviva soprattutto per evitare l’egemonia sovietica in Asia, che avrebbe permesso ai sovietici di spostare tutto il peso della loro forza verso l’Europa. Il tutto in un momento difficile per l’America, che si stava ritirando dal Vietnam e doveva fare i conti con i propri travagli interni. Al contrario, la «quasi alleanza» sino-americana avrebbe consentito di contenere meglio l’URSS, rompendo definitivamente l’unità ideologica del mondo comunista. Gli Stati Uniti avrebbero mantenuto l’equilibrio di potere e condotto la competizione strategica – e relativi negoziati – con Mosca da un posizione di forza. Quindi, l’URSS prima o poi avrebbe fatto i conti con le inefficienze del proprio sistema, che ne avrebbero causato il declino.

Anche in quel caso, si trattò di usare la più debole (la Cina) per contenere la vera minaccia (la Russia).

Oggi la situazione è rovesciata. La Cina è diventata un potenza economica e non nasconde le proprie ambizioni geopolitiche. La Russia invece è in netta difficoltà. Qualche successo tattico in Siria e la presa della Crimea non possono certo nascondere l’avanzamento della NATO verso i propri confini. O nemmeno l’aver visto gli ex satelliti est europei diventare gli Stati più filo-americani al mondo.

L’idea di una nuova relazione con la Russia è stata tra l’altro l’obiettivo degli ultimi Presidenti degli Stati Uniti, in particolare Obama e Trump. Ciononostante, le relazioni tra i due Stati, lungi da migliorare, sono peggiorate. Inoltre, soprattutto dopo la crisi ucraina, la Russia ha iniziato a tessere rapporti molto importanti con la Cina. Parlando della sua politica estera, Kissinger evidenziava la necessità per l’America di stare sempre più vicina a russi e cinesi di quanto questi lo fossero tra di loro. Oggi i rapporti degli USA con gli altri due giganti sono al punto più basso degli ultimi decenni, mentre quelli tra Cina e Russia forse non sono mai stati così positivi.

Secondo Brzezinski, Consigliere per la sicurezza nazionale di Carter, un’intesa tra Mosca e Pechino rappresenterebbe una seria minaccia per la sicurezza degli USA.

Dunque, ci sono altre ragioni per cui Washington ancora non ha migliorato i propri rapporti con la Federazione russa.

Primo perché la Russia è una superpotenza nucleare, a prescindere dalla sue intenzioni ha comunque un arsenale che è oggettivamente minaccioso.

C’è anche una motivazione che si potrebbe definire burocratica. Infatti, tutti i principali apparati militari e di intelligence sono nati nel contesto di un confronto strategico contro la Russia. L’establishment strategico e politico, ma pure l’opinione pubblica, sono quindi abituati a vedere nella Russia un nemico.

Inoltre, non sono in pochi quelli che pensano che comunque un’alleanza tra Pechino e Mosca non possa avere successo. I due son divisi da forti rivalità storiche, alcune zone della Russia sono state strappate ai cinesi attraverso i trattati iniqui. Se la Cina dovesse affermarsi come superpotenza geopolitica, la Russia avrebbe uno sfidante alle porte di casa che considera alcune province russe come storicamente appartenenti all’Impero cinese (come la città di Vladivostok). L’ultima volta che cinesi e russi son stati alleati, entrambi comunisti, l’hanno finita a spararsi sul fiume Ussuri. O ancora, Xi e Putin affrontano gli americani in due regioni diverse, difficilmente collegabili. Il primo nell’indo-pacifico, l’altro in est Europa e nell’artico (dove pure Pechino cerca di penetrare). Quindi sarebbe difficile rendersi utili all’altro.

Poi, il Governo russo ha messo in campo azioni offensive nei confronti dell’Occidente (specie contro membri NATO), come attacchi cibernetici. Il che conferma che ci sono degli interessi strategici in contrapposizione. Specie in Europa.

L’ avanzata della Nato in est Europa è vista come una minaccia esistenziale dai russi. Ma, in modo speculare, la Russia minaccia seriamente i Paesi est europei alleati degli americani, che son totalmente pro-USA in quanto anti-russi.

Per questo risulta difficile la riedizione, uguale ma rovesciata, della diplomazia di Kissinger descritta prima. Le circostanze in Asia negli anni ’70 erano molto diverse da come lo sono oggi in Europa. La rete di alleanze americane in estremo oriente era molto meno strutturata rispetto a come lo è ancora oggi nel continente europeo ed era sempre immaginata principalmente per contenere la Russia sovietica, non tanto la Cina maoista.

Nel continente europeo gli USA hanno strutturato la propria presenza, i propri assets militari e la sua sfera di influenza sempre contro Mosca. Non sarebbe per nulla facile presentare la Russia come un partner da un giorno all’altro. Non bisogna neppure dimenticare che la NATO non nasce solo contro i russi, ma pure per evitare la riemersione di potenze europee tendenzialmente egemoniche. “Americans in, russians out, germans down” fu il principio su cui si basava l’istituzione della NATO, enunciato il primo segretario generale Lord Ismay. E ci son almeno due Stati europei, Francia e Germania, che hanno mostrato un politica con decisi caratteri anti-atlantisti. Spesso per far affari con Cina e Russia.

Quindi, paradossalmente, una Russia totalmente riabilitata diplomaticamente potrebbe comunque portare avanti una politica in aperto contrasto con l’America, minando la NATO. E non è un pericolo troppo esagerato. Dato lo storico opportunismo dei russi in politica estera, è da mettere in conto.

In definitiva, un’intesa strategica tra Washington e Mosca contro Pechino sembra molto difficile. Ciò non toglie che spingere ancor di più la Russia nelle braccia cinesi non è nell’interesse degli Usa né degli Stati europei. O ancora, per quanto i russi siano in una certa misura una minaccia per gli Stati dell’Europa orientale, senza il pericolo rappresentato dalla Russia quegli stessi Stati sarebbero così filo-americani? Oppure inizierebbero a coltivare proprie ambizioni? Siamo poi così sicuri che se la continua riduzione di sfera di influenza russa dovesse continuare fino al crollo della Russia così come la conosciamo oggi, o ad un suo forte ridimensionamento, ciò sarebbe nell’interesse americano?

Dato che non in pochi in Europa davano per spacciata la NATO all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica, figuriamoci cosa potrebbe succedere con la fine della Russia. Inoltre, per quanto sia stata problematica a livello internazionale, la Russia ha comunque svolto un ruolo storicamente importante nel mantenere l’equilibrio di potere in momenti decisivi della storia, quando il pericolo dell’egemonia di un unico Stato in Europa era divenuto probabile. Come nel caso della Francia napoleonica e della Germania nel 1900. L’indizio migliore riguardo a come potrebbe nascere una cooperazione strategica tra Russia e USA arriva dalle dinamiche tra Impero Britannico (Potenza atlantica marittima come gli Stati Uniti) e Impero Russo. I due, dopo essere stati rivali per tutto il XIX secolo, si allearono prima della Grande Guerra a seguito dell’emersione di una grande Potenza al centro dell’Europa, cioè la Germania. Quindi nel futuro tale sviluppo potrebbe nascere o dall’emersione di uno Stato forte nel continente europeo, oppure dall’ulteriore rafforzamento della Cina con una sua conseguente maggiore capacità di proiezione globale.

Il tracollo della Russia aprirebbe un buco di potere ingestibile, che potrebbe avvantaggiare Pechino, poi comporterebbe rischi seri riguardanti la gestione dell’arsenale nucleare russo. Certo, non si deve cedere ad ogni azione di Mosca, ma cercare di usare altri Stati anti-occidentali (come la Turchia in Siria, Libia e Ucraina) per colpire di più i russi potrebbe essere una scelta con conseguenze negative nel medio periodo.

Pur se sarà difficile una relazione distesa, un rapporto stabile, basato sul riconoscimento di una sfera di influenza russa laddove tale influenza esiste ancora, sembra necessario. Per evitare che Russia e Cina stiano troppo vicine tra di loro e per limitare le tensioni in Ucraina e in altri territori.

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