Giovedì sera accendo la televisione e mi imbatto in un dibattito, chez Formigli, tra Landini, Cottarelli, un’imprenditrice del Bresciano. E subitaneamente trasecolo.
Un Landini al solito infervorato e logorroico subissa gli ascoltatori con un profluvio di sinistri luoghi comuni, sesquipedali bestialità ai quali nessuno in studio pare in grado di replicare a dovere.
Vediamo questo filotto di corbellerie inanellate dal nostro giovedì scorso.
Landini esordisce con un peana rivolto al governo amico. Mai si era vista una così larga comunanza di vedute e di intenti tra un governo e il maggior sindacato del Paese: a riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che questo è il governo più statalista e a sinistra della storia repubblicana. Sostiene Landini, con una sintassi periclitante (da far concorrenza a Di Maio), che i problemi c’erano anche prima del Covid e che il governo si è trovato in una situazione inusitata, mai vista prima (della serie viete banalità).
A questo punto interviene l’imprenditrice lamentando una situazione insostenibile per la sua azienda a causa del combinato disposto di crisi economica e moratoria sui licenziamenti: a domanda diretta del conduttore risponde che lei, qualora fosse stato possibile, avrebbe fatto ampiamente ricorso ai licenziamenti. Critica il reddito di cittadinanza, che, rappresenta per molti un formidabile disincentivo a lavorare, l’uso distorto e continuativo della cassa integrazione, chiede di farla finita con le politiche di assistenzialismo, si appella allo Stato affinché aiuti le imprese molto più di quanto non abbia fatto finora. Ineccepibile.
Per Landini è come se un torero gli avesse agitato un drappo rosso; e difatti si imbufalisce. Il linguaggio del corpo è emblematico: braccia conserte, sguardo furente, narici che sbuffano, la vena del collo che pulsa. Sostiene che la cassa integrazione non è un sussidio – e tutti gli vanno dietro, compresa la giornalista della redazione, che in teoria dovrebbe fare fact checking – “perché eviti i licenziamenti” (!) ed è finanziata sia dallo Stato che dalle imprese. Vien da chiedersi allora cosa sia un sussidio nella testa di Landini.
Ed ecco arrivare le supercazzole. “È il momento che gli imprenditori si assumano le loro responsabilità, con la solidarietà (a quando una bella tassa?), facendo formazione ai lavoratori e riqualificandoli (ma non era compito dello Stato?). “Non raccontiamoci storie che non esistono: nei 100 miliardi ci sono anche forme di finanziamento alle imprese sotto forma di sgravi contributivi, sotto altre forme e tutto il resto” (sic! Peccato siano a tempo o vincolate a chi assume a tempo indeterminato oppure si tratti delle solite, fallimentari, decontribuzioni per le imprese del sud, ma questo Landini si guarda bene dal dirlo).
Ma proseguiamo con le elucubrazioni landiniane. “È il momento di fare le scuole, di fare le infrastrutture materiali” (?) e poi un evergreen: “È il momento anche di combattere l’evasione fiscale, andare anche a prendere i soldi dove sono” (qui, per la verità, ci saremmo aspettati da lui un riferimento alla sempreverde patrimoniale, ma siamo sicuri sia solo una banale dimenticanza).
Finalmente arriva l’immancabile intemerata contro il neoliberismo che affligge l’Italia. “È sbagliato il modello sociale e produttivo che c’era prima del Covid!“. C’è una grande voglia di Stato, chiosa Formigli. “Assolutamente sì“, risponde stentoreo Landini. Preso dalla foga, il sindacalista a capo della CGIL dapprima afferma che lo Stato non debba fare l’imprenditore, ma è solo un attimo di smarrimento, ché subito corregge il tiro in modo tranciante: “Lo Stato deve entrare in TIM attraverso CDP, le imprese devono essere a controllo pubblico: è lo Stato imprenditore, che fa il suo mestiere, perché il mercato non è stato in grado di risolvere i problemi!”. Ora, da noi il pubblico intermedia il 60% del pil, le imprese sono oberate di tasse e adempimenti burocratici, siamo l’unico paese al mondo in cui attualmente vengono impediti i licenziamenti: dove stia la dittatura del mercato, l’applicazione del laissez faire di cui ciarla Landini resta un mistero; né si capisce quali problemi sociali avrebbe dovuto risolvere il mercato, ma tant’è…
Nel caso non fosse chiara l’antifona, Landini ribadisce più volte il concetto e sciorina alcune perle: “è una balla che lo Stato sia nemico delle imprese”, “la sanità lombarda non è affatto eccellente perché ha privatizzato (qui sembra sottendere – e l’accusa è gravissima – che il maggior numero di morti in Lombardia derivi da una gestione privatistica della sanità); privatizzazioni che “sono state un disastro” (quali? Ancora stiamo aspettando i 18 miliardi di privatizzazioni in tre anni annunciate e mai realizzate dal precedente governo), non è vero che il mercato si autoregola (lui pare rimasto fermo ancora alla mano invisibile di Adam Smith).
Il povero Cottarelli prova a opporre qualche argomento di buon senso: il compito dello Stato è di far funzionare bene comparti come sanità, istruzione, giustizia, non di sostituirsi alle imprese. Ma non fa in tempo a concludere il ragionamento che viene interrotto e investito dalla logorrea di un Landini collerico. Cottarelli, fin troppo accomodante con il suo interlocutore, appare intimidito, quasi impotente, spesso balbetta. Alla fine, con voce strozzata, l’economista cremonese deve capitolare con una frase in pieno stile doroteo: “Bisogna discutere sulle cose su cui siamo d’accordo, non su quelle poche che ci vedono in disaccordo.” Mah.
Infine, Landini si scaglia contro la contrattazione decentrata. Il conduttore prova a farlo ragione sul fatto che i contratti nazionali dovrebbero remunerare maggiormente i lavoratori più esposti alla possibilità di contagio, incorporando una sorta di premio di rischio (la proposta non è peregrina, visto che è stata lanciata su Repubblica da Tito Boeri). Inconcepibile per lui, che da quell’orecchio proprio non ci sente. Secondo lui nessuno si deve ammalare sul posto di lavoro. Punto.
Infine, in un afflato ambientalista, fuoriesce la Greta Thunberg che è in lui allorché vaneggia di un fantomatico “nuovo modello di sviluppo” da instaurare nell’epoca post Covid. Una formula retorica vacua, usata sovente dagli anticapitalisti, e che riecheggia un po’ il sol dell’avvenire vagheggiato per decenni dai comunisti d’antan. Secondo la sua visione, la pandemia sarebbe nientedimeno che “il frutto di un modello che ha sfruttato la natura, che ha sfruttato l’ambiente e che ha determinato determinate condizioni (parole sue). Il capitalismo come fonte di ogni male, persino del Covid.
Anni fa Gianpaolo Pansa coniò per Fausto Bertinotti il nomignolo di “parolaio rosso”. Una definizione che si attaglia alla perfezione anche a Maurizio Landini, il quale ricorda quei mastini dalla stazza imponente, dominanti per natura; guai a farli inalberare che è un attimo che ti saltano addosso e ti azzannano al collo.
3 comments
:D
in sostanza Landini è un dirigista e vuole che sia lo stato ha guidare l’economia che controlli . ma in questo non vedo nulla di nuovo è un socialdemocratico che ora si sente galvanizzato dal governo amico. la ricetta che propone è medesima da anni, è la stessa che esponeva quando rappresentava la Fiom . il paragone con il parolaio rosso per definizione potrebbe anche reggere, ossia con Bertinotti, comunque ricordo che alla così detta sinistra radicale ha fatto più male che altro, infatti, la distrutta quindi Landini potrebbe fare altrettanto con il sindacato che rappresenta. non è un caso che i comunisti veri non sopportino ne Landini e nemmeno Bertinotti. quindi alla lunga questi personaggi danneggiano la propria parte politica in questo caso parliamo di lavoro dipendente. poi se volete possiamo chiamarlo anche delirio di Landini, ma le sue ricette danneggiano proprio quelli che dovrebbero esserne i beneficiari. la sua entrata in politica paventata più volte avrà questi effetti ne sono certo, sempre che conveniate con il mio pensiero.
Elia Dall’Aglio
“Milanese, sono liberalconservatore in politica, ma liberista (di sinistra) in economia; e soprattutto anticonformista. Aspirante giornalista.” Con questa premessa ,come diceva piú di mezzo secolo fá una colorita pubblicità sul dentifricio ( tempi di Adam Smith ,quasi) “con quel sorriso puoi dire quello che vuoi ” !
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Infatti : “””Un Landini al solito infervorato e logorroico subissa gli ascoltatori con un profluvio di sinistri luoghi comuni, sesquipedali bestialità ai quali nessuno in studio pare in grado di replicare a dovere…. esordisce con un peana con una sintassi periclitante.. è come se un torero gli avesse agitato un drappo rosso; e difatti si imbufalisce. Il linguaggio del corpo è emblematico: braccia conserte, sguardo furente, narici che sbuffano, la vena del collo che pulsa..fuoriesce la Greta Thunberg che è in lui allorché vaneggia di un fantomatico “nuovo modello di sviluppo” da instaurare nell’epoca post Covid.”””—- ORA PERO` solo in due punti lei non si é contraddetto : 1)È rimasto “trasecolato .2) In “studio nessuno era in grado di rispondere” PERCHÈ NON CI PROVI TU , LIVE ?
Sull´ultima esternazione si é sbrodato ,non nel linguaggio contorto, ma nel merito . Perché non ha capito niente del Maurizio e la imprenditrice, della Greta e, quel che é peggio, del mondo in cui tu vivrai, piú a lungo di me e di Landini . Lo Ascolti piuttosto , anche Bertnotti ,era troppo avanti , oggi dovrebbe alzare la voce come Landini.