Politica interna

Generazione, se la sveglia alla politica la danno gli Under 30

In Italia com’è noto i giovani, questa categoria anagrafica oltre che dello spirito, vengono trattati a pesci in faccia. Per i grandi partiti, gli Under 30 storicamente sono una riserva indiana, buona da spremere quando serve per poi dirgli ‘adesso state al posto vostro perché a decidere siamo noi adulti’. Bello, eh?

I grandi fanno politica, quella che ormai, finiti i tempi di Kohl e di Mitterrand, sembra aver perso la pi maiuscola, mentre i piccoli quando va bene fanno la giovanile, una specie di serie B dove non dare fastidio ai manovratori. E se uno prova a obiettare qualcosa, l’accusa è ‘giovanilismo‘!

Per i quarantenni alla prova del Governo, poi, che giovani non lo sono più da tempo, i fratelli più piccoli rappresentano nell’ordine: un gruppo da blandire con reddito di cittadinanza, concorsoni pubblici e bonus elettorali. O più semplicemente generazioni da sotterrare, perché in Italia, un Paese vecchio fermo e stanco, prima viene  Quota 100, i prepensionamenti di massa, poi se resta qualche briciola la diamo alle borse di studio. Bello, eh?

Così gli Under 30 più accorti, capito l’andazzo,  vanno a studiare e lavorare all’estero. Chi resta può accontentarsi del birignao sui NEET scansafatiche, e delle altre classificazioni da sociologhese sciocco. Una manica di morti di sonno incapaci di intendere e di volere, dunque. Ovviamente non è così. O almeno non sempre.

Si prenda l’area liberale che non vuol morire salviniana, grillina o rifondarola (nel senso della vecchia e nuova sinistra, PD+5S). Nei giorni scorsi è saltato fuori un appello breve conciso e compendioso, Per una Alternativa Europeista, nel quale un gruppo di giovani attivisti e militanti di diverse forze politiche, quasi un migliaio di persone, che, udite udite, fanno anche fundraising, hanno lanciato l’ultimatum ai leader dell’area incriminata.

I leader in questione sono mesi che tergiversano, lasciando intendere che potrebbe nascere qualcosa, qualcosa che però più passa il tempo e giochiamo alle belle statuine più somiglia all’araba infelice – fuor di metafora una area centrista alternativa ai signori del debito che ci hanno mandato in rovina.

I leader dell’area liberaldemocratica, riformista, popolare, impegnatissimi a twittare, continuano però a dibattere, mandano avanti gli sherpa, annunciano novità dirompenti ma poi si ingolfano, bloccati in primis dalla proverbiale unità del mondo liberale, ma soprattutto da una infinità di distinguo, non possumus e dai tanti protagonismi individuali. E così non decidono.

E gli elettori che non votano più e potrebbero farlo, gli elettori che sono in libera uscita da questo o quell’ex partito maggioritario, scappano, prevalentemente verso Matteo Salvini, neanche fosse il nuovo De Gasperi. Cosa che non è, né per intelligenza politica (vedi l’agosto scorso), né per visione del Paese. A meno che per visione non si intenda farsi un selfie in divisa.

Ecco che allora questi giovanotti, che evidentemente si sono fracassati a dir poco quello che potete immaginare, cioè di aspettare al palo i grandi che si mettano d’accordo, che avete capito?!, hanno lanciato l’amo. E il senso dell’appello è appunto datevi da fare signori, perché se siete così seri come dite, e come dite ci tenete tanto al futuro di questo paese bislacco, avete il dovere morale (uau!) di dare una risposta alla nostra generazione, ed anche a breve.

“Ci appelliamo ai dirigenti dei movimenti di cui facciamo parte, per chiedere di promuovere insieme un nuovo partito che unisca tutti i liberali, i riformisti, gli europeisti, e che raccolga nuove energie e talenti da mettere a servizio del Paese”, hanno scritto con riferimento a quell’area che va, diciamo così, dalla destra di Zingaretti alla sinistra di Salvini, “Se non ci alleiamo noi, come possiamo pretendere che i ventotto Stati dell’Unione continuino a condividere sovranità per realizzare un progetto più grande e ambizioso?”. Esatto!

Quale è stata la risposta dei leader liberali chiamati all’appello? Occhio e croce intestarsi la proposta dei giovani insoddisfatti, per poi riprendere tranquillamente a nicchiare. Peccato però che ormai il “dialogo”, come lo chiamano, sta a zero, e servono fatti.

Così, rimasti appesi ad un tweet, gli estensori dell’appello devono essersi guardati in faccia e si saranno detti ma vogliono prenderci per scemi? Ed è saltata fuori un’altra idea, quella di vedersi al più presto, di incontrarsi da qualche parte che non sia solo lo schermo di un PC o di un telefonino connesso ai social network.

Vedersi e invitare i leader pensierosi e più  recalcitranti all’appuntamento, perché sai che c’è, se i leader continueranno a tergiversare, visto che noi siamo quasi mille e tutti motivatissimi, l’evento ce lo facciamo da soli e arrivederci (NB, questa è una nostra modesta interpretazione personale).

Insomma la generazione nuova c’è e sta battendo non uno ma dieci colpi. Riusciranno i nostri eroi a dare la sveglia a chi sta in cattedra ma non dà il buon esempio? Riusciranno a mobilitare chi da troppi anni non vota più e sta alla finestra? Oppure anche questo appello finirà affogato malamente nel mare magnum dei post su Facebook?

Giacché ci siamo, nel nostro piccolo proviamo a fare da ambasciatori, ai vari Calenda, Carfagna, Della Vedova, Parisi, Renzi, in ordine alfabetico così nessuno si ingrugna: se l’appello di Alternativa Europeista dovesse trasformarsi in un grande happening giovanile ricco di idee ed iniziativa politica, voi ci andrete, vero? 

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