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Gli economisti sono ossessionati dal denaro?

Economisti e denaro

Cosa fanno gli economisti? Come e su cosa ragionano? Esiste un immaginario secondo cui questa figura professionale si occupa solo di soldi, a scapito di ciò che realmente conta nella vita. Insomma, è diffusa l’idea che gli economisti siano ossessionati dal denaro, che badino solo ai costi mettendo in secondo piano cose molto più importanti, come la felicità umana, l’ambiente, eccetera.

E così, ci si ritrova a dover affrontare dibattiti su questioni di primaria importanza in cui una posizione è caratterizzata come quella eticamente retta. Invece, prosegue la narrazione, quella opposta è difesa da individui mal intenzionati che, ben consapevoli di violare una scala condivisa di valori etici, antepongono i frivoli interessi economici a un interesse comune di ben altra serietà.

Dunque, qualcuno sarà stupito dal leggere ciò che sto per argomentare. Ovvero, nella grande maggioranza della teoria economica, la moneta è totalmente assente o irrilevante. Gli economisti ragionano raramente sul denaro di per sé. Infatti, quando menzionano valori in euro o in dollari, non hanno in mente banconote o numeri elettronici sui conti bancari online, bensì l’idea che le risorse a disposizione abbiano usi alternativi, così da poter potenzialmente soddisfare una moltitudine di bisogni e desideri diversi e in competizione tra loro.

Di conseguenza, ogni utilizzo di queste risorse per generare beni e servizi di valore, comporta un mancato utilizzo per generare valore altrimenti. E il costo è proprio questo: la mancata produzione del bene o servizio che si decide di sacrificare a scapito di un altro.

Non è questione di soldi, ma di risorse limitate

Molto di ciò a cui attribuiamo valore richiede l’utilizzo di risorse scarse affinché sia usufruibile. Per scarse intendo che la quantità di queste è inferiore rispetto a quella che vorremmo utilizzare per soddisfare tutti i nostri interessi. Sono scarse ad esempio le materie prime che utilizziamo per costruire oggetti di uso quotidiano. Sono scarsi il tempo e l’energia di chi lavora per offrire servizi o per collezionare e trasformare queste materie prime in beni di cui ci piace disporre.

La scarsità di risorse è condizione necessaria affinché la moneta esista. Per capire questo punto, è utile concentrarsi su una risorsa non scarsa. L’ossigeno che respiriamo è a nostra immediata disposizione, ed è più abbondantemente presente di quanto troviamo utile consumarne. E infatti, nonostante questo abbia valore immenso per noi siccome necessario alla vita, il suo valore monetario è zero; ne usufruiamo gratis. Questo non è più vero quando ad esempio facciamo attività subacquea, o ci lanciamo in missioni nello spazio: in tal caso paghiamo denaro per ottenere bombole di ossigeno, ma questo avviene proprio perché in tali circostanze l’ossigeno diventa risorsa scarsa.

Quindi, il valore della moneta, tra le altre cose, riflette la scarsità dei beni e servizi che ci servono o piacciono, e di conseguenza delle risorse necessarie per produrli.

E cosa fa un economista? Si concentra principalmente sullo studio di come le persone utilizzano le varie risorse limitate per soddisfare i propri bisogni e desideri. Questa è la sostanza della disciplina. La moneta è semplicemente un mezzo a nostra disposizione per facilitare alcuni dei passaggi intermedi, tra i quali quello dello scambio.

Perché sentiamo continuamente parlare di moneta

Ma allora, perché quando parliamo della produzione di qualcosa ne attribuiamo un costo in termini monetari? Questo lo si fa per semplicità. Si utilizza la moneta come unità di misura, non come fine ultimo della nostra esistenza. Sostenere che intraprendere una determinata azione costa una certa cifra in euro spesso è molto più rapido e utile che elencare tutte le risorse che vengono utilizzate per tale scopo e gli usi alternativi che se ne potrebbero fare.

Anzitutto, sarebbe troppo confusionario produrre un elenco sterminato di modalità di utilizzo alternativo di tali risorse. In secondo luogo, a meno che non trattiamo di risorse specifiche con un paio di possibili utilizzi soltanto, nessuna persona è in grado di quantificare neanche approssimativamente tutti i possibili usi di queste risorse. Né, tanto meno, sarebbe in grado di determinare gli effetti di certe azioni sulle quantità di tutti i beni e servizi. In particolar modo, questo compito è reso ancora più arduo dal fatto che le quantità di risorse disponibili e la capacità di trasformazione di queste in beni e servizi cambiano in continuazione. Infine, le quantità di beni e servizi diversi non sono paragonabili: non ha senso sommare un computer, un’automobile, e un biglietto del cinema. Serve una misura che dia un’idea di quanti computer sacrifichiamo ogni volta che decidiamo di produrre una macchina.

La moneta svolge, seppur in modo imperfetto, tutte queste funzioni. Se si stima che un piano di investimenti pubblici verrebbe a costare, ad esempio, 4 miliardi di euro, riusciamo a farci un’idea di ciò che si potrebbe fare altrimenti con una cifra simile. Se invece si elencasse ciascuna fonte di spesa, ciascuna risorsa necessaria, e ciascun utilizzo alternativo, ci ritroveremmo con una mole di informazioni di cui non sappiamo cosa fare. Da qui si capisce l’utilità di attribuire un valore monetario alle cose.

Qual è il problema principale? Laddove la moneta è un’unità di misura omogenea, le risorse non sono perfettamente sostituibili. Ma il grado di sostituibilità in un’economia complessa che utilizza migliaia di risorse diverse per produrre un insieme altrettanto vasto di beni e servizi è sufficientemente elevato da permetterci, con qualche eccezione, di utilizzare la moneta come unità di misura in maniera utile. D’altronde, qualcuno conosce alternative migliori?

Quindi, gli economisti non pensano al denaro?

Qualcuno obietterà, la moneta non è totalmente assente dal campo di analisi degli economisti. Esiste infatti una branca dell’economia che si chiama economia monetaria. Chi si occupa di economia monetaria si interroga su domande del tipo: quali sono le cause e gli effetti dell’inflazione? Come è meglio condurre la politica monetaria per raggiungere una serie di obiettivi? Quali strumenti fungono meglio da moneta?

Queste sono senza dubbio domande importanti, a cui molti economisti dedicano la loro carriera. Ciò che mi preme far capire è che questo ambito di analisi rappresenta solo una parte dello studio dell’economia. Invece, a differenza di quello che presumono molti, l’analisi della moneta non è il fondamento dell’intera disciplina, la quale si concentra su un ambito molto più vasto e generale: comprendere gli effetti dei comportamenti umani in ambito di scarsità di risorse.

Perché c’è chi sostiene che gli economisti siano ossessionati dal denaro?

Quanto spiegato sopra potrà sembrare una banalità. Ma è proprio a causa di una mancata comprensione di questo concetto che nei dibattiti il contributo degli economisti riceve scarsa considerazione. Infatti, alcuni soggetti abili nell’arte della retorica sfruttano il fatto che si utilizzi la moneta come unità di misura per rappresentarla come fine ultimo dell’interlocutore, caratterizzando così il dibattito come una sfida tra idee moralmente superiori da una parte, e intenzioni nefaste dall’altra.

Quante volte si sentono discorsi che contrappongono un certo obiettivo nobile al mero denaro per rimarcare la distinzione morale tra le due parti? È un efficace trucco retorico ribadire che bisogna, ad esempio, prediligere l’ambiente ai soldi. Oppure, come si è visto in periodo covid, che bisogna implementare qualsiasi misura che salvi anche solo una vita, perché la vita umana non ha prezzo. Oppure, che bisogna investire sulla scuola, la sanità o qualsiasi altra cosa senza badare troppo alle spese.

Eppure, senza andare nel dettaglio, ciò che è responsabile nello sporcare l’ambiente è anche responsabile per un certo benessere non attualmente riproducibile altrimenti. Lo stesso discorso vale per gli altri esempi. Qual è il problema? Che contrapponendo altre attività utili alla cura dell’ambiente, alla salute, e quant’altro, cade tutto l’artificio retorico che rende le frasi elencate nel paragrafo precedente così potenti.

E data la delicatezza di certi temi, mi tocca aggiungere un elemento: questo discorso non implica necessariamente che bisogna sacrificare la difesa dell’ambiente a favore di altri interessi. O che avremmo dovuto accettare un impatto maggiore, in termini di vite umane, durante il covid per consentire lo svolgimento di altre attività.

La questione centrale è un’altra: alcune scelte sono difficili. La soluzione a questi problemi non è far sì che il bene (la causa nobile) prevalga sul male (gli economisti che si interessano solo al denaro). Questa è una falsa dicotomia. E, a mio avviso, il fatto che l’utilizzo di questa falsa dicotomia sia così diffuso è indice di quanto soddisfare i nostri bisogni e desideri nel migliore dei modi sia una questione tutt’altro che banale.

Invece, per quanto sia complesso, l’unica soluzione consiste nel trovare il giusto equilibrio. Un equilibrio che tenga in considerazione le varie preferenze individuali e i principi etici di ciascuno. Si tratta di riuscire a capire che compromesso vogliamo tra le varie attività a cui attribuiamo valore. Il dibattito su questi temi non può quindi prescindere dall’affrontare il discorso di cosa si guadagna e cosa si sacrifica con un certo tipo di scelta, ovvero l’informazione prodotta dal lavoro dell’economista.

Proprio in virtù della sopracitata delicatezza di questi temi, auspico che essi vengano affrontati con serietà, evitando la demagogia. Auspico che, data la natura interdisciplinare di certi problemi, si comprenda il tipo di contributo che ciascuna figura professionale può offrire. E uno dei passi necessari affinché questo accada è riconoscere che gli economisti non sono ossessionati dal denaro, ma il loro mestiere consiste anzitutto nel ricordarci che non si può avere tutto.

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