Il 26 febbraio 2023 Elly Schlein vince le primarie del Partito Democratico e ne diventa segretaria. Molti festeggiano il risultato gioendo per la grande impresa, ma qualcosa non torna nella retorica dell’outsider.
Il 27 febbraio 2023, il giorno dopo le primarie del PD, i giornali danno la notizia della clamorosa vittoria di Elly Schlein; lo Spiffero titola: “Valanga Schlein, ribaltone nel Pd. L’outsider sbanca il Piemonte: 67%“, mentre il Corriere di Bologna arriva addirittura a “Elly Schlein e la notte dell’impresa impossibile“. Leggendo vari giornali non si vedono che titoli del genere e i sostenitore della vincitrice sono in visibilio per quello che viene ormai definito un evento quasi rivoluzionario.
Il riferimento a un’impresa “impossibile” e l’utilizzo della parola “outsider“, tuttavia, risultano quantomeno impropri, se ci si addentra in un’attenta lettura degli avvenimenti.
Concentrandoci, in primis, sulla parola outsider, sembra utile il riferimento a tre distinte definizioni tra quelle adottate dalle più autorevoli istituzioni in materia: (I) “a person who is not involved with a particular group of people or organization or who does not live in a particular place“; (II) “a person who is not liked or accepted as a member of a particular group, organization, or society and who feels different from those people who are accepted as members“; (III) “a person […] with only a slight chance of winning“.
Essenzialmente, per essere un outsider, per quanto qui rileva, è necessario essere estranei a un determinato gruppo umano, oppure, in una competizione, avere possibilità di vittoria irrisorie.
Elly Schlein era estranea agli ambienti del Partito Democratico? Certamente non era iscritta al partito all’inizio della campagna, ma ciò non può esaurire l’analisi. Da Wikipedia è possibile apprendere i sommi capi della sua vita politica, a partire dalla campagna “#OccupyPD” del 2013, che comportò l’occupazione di innumerevoli sedi del partito, per dare voce al malumore di parte della base giovanile circa la scelta dei vertici nazionali di far nascere il governo Letta con una maggioranza basata sulle larghe intese. A ciò seguì l’ingresso nella direzione nazionale del partito in seguito alle primarie del medesimo anno, come esponente della corrente facente capo all’On. Civati.
Nel corso delle elezioni europee del 2014, Elly Schlein viene eletta nel Parlamento Europeo nelle liste del PD, salvo abbandonare il partito nel 2015.
Le elezioni regionali del 2020 in Emilia-Romagna vedono la sua elezione nel Consiglio Regionale con 22.098 preferenze e, immediatamente dopo, viene financo nominata vicepresidente della regione, proprio dal suo futuro avversario alle primarie, Stefano Bonaccini.
Nel 2022, il Partito Democratico la inserisce nelle sue liste come candidata indipendente, ma soprattutto come capolista in un collegio storicamente sicuro come quelli che compongono l’Emilia Romagna e poco tempo dopo l’elezione viene annunciata la sua candidatura alla segreteria.
Quanto esposto basterebbe per sostenere che non fosse propriamente un personaggio mal visto o anche solo effettivamente esterno al Partito Democratico, ma la lista dei suoi sostenitori rivela ulteriori dettagli: a sostenerla, infatti, c’è Andrea Orlando, già vicesegretario del partito, guardasigilli di un governo in cui il PD era assolutamente la prima forza e, in seguito, anche ministro del lavoro; anche Giuseppe Provenzano, parimenti vicesegretario e ministro in passato, la sostiene, così come il segretario uscente, Enrico Letta, e il suo predecessore, Nicola Zingaretti, oltre al più volte ministro Dario Franceschini e a Francesco Boccia, membro rilevante del partito sin dalla sua fondazione. Ancora, a sostenerla vi sarebbero stati i fuoriusciti del 2017, coloro che poi fondarono Articolo 1, salvo poi tornare sui loro passi. Si leggono i sostenitori della mozione di Elly Schlein intenti a sostenere di aver gloriosamente e inaspettatamente sconfitto “l’apparato”, ma, in ultima analisi, l’outsider non sembra tale, né pare che gli esponenti del “vecchio PD” siano stati sconfitti.
In secondo luogo, la “grande impresa” e le risibili probabilità di vittoria dell’outsider. Per capire quanto sia improprio il riferimento a imprese impossibili è necessario partire dal voto dei soli iscritti al PD di poche settimane fa; in tale occasione i risultati furono i seguenti:
- Bonaccini: 52,87%;
- Schlein: 34,88%;
- Cuperlo: 7,96%;
- De Micheli: 4,29%.
Il voto aperto ai non iscritti, invece, ha restituito il seguente risultato:
- Schlein: 53,75%;
- Bonaccini: 46,25%.
Il risultato è stato senz’altro ribaltato, ma, alla luce della maggior vicinanza del terzo e della quarta classificata alla futura vincitrice e della sparizione dell’ala più centrista dell’elettorato del PD, più propensa a votare Bonaccini, spostatasi verso il Terzo Polo, la retorica dell’impresa “impossibile” appare senz’altro esagerata.
Inoltre, nel tempo il partito democratico ha perso buona parte dell’elettorato e oggi mantiene soltanto il c.d. zoccolo duro, elettori di sinistra che hanno sempre votato i grandi partiti dell’area di sinistra e che rivogliono una sinistra d’altri tempi che Bonaccini non avrebbe potuto dare loro. Tali sono gli iscritti, in buona parte, e tali sono gli elettori, ormai lontani dalla realtà.
Se si considerano gli ultimi sondaggi, infine, la distanza tra i due candidati non sembrava sufficientemente ampia da giustificare lo slancio retorico cui il paese sembra essersi abbandonato. Come si apprende dalle rilevazioni, “Al netto degli indecisi, nell’improbabile caso che rimangano tutti tali anche domenica, Stefano Bonaccini otterrebbe il 55% contro il 45% per cento di Elly Schlein“; se tale sondaggio è il più vicino, tra i tanti, al risultato finale, è necessario segnalare come nessuna previsione possa considerarsi poi così precisa in presenza di una percentuale di indecisi pari al 38,2%.
Dunque, in assenza di outsiders e di imprese impossibili, eliminata tutta la vuota retorica dal discorso, resta un evento magari pronosticato da pochi e forse addirittura insperato da tanti, ma ben lontano da quel che si vuole far sembrare.
Non si è certo trattato di Davide contro Golia.
1 comment
Tutto vero. Peraltro, come dico sempre, inutile cambiare leader se non cambia la gente. Tutta.