Forse è davvero cambiato qualcosa nel Paese, negli ultimi anni. Lo spostamento del PD da partito di centrosinistra, braccio mancino del fu “bipolarismo muscolare”, a partitone egemone di centro della nuova Democrazia Renziana ha comportato anche questo.
Quest’anno per la prima volta ho sfilato con alcuni amici nella Brigata Ebraica, per le celebrazioni milanesi del 25 aprile, e mi sono promesso che lo farò tutti gli anni. Perché era l’unica macchia cromaticamente originale rispetto alla marea rossa che si vedeva. Perché se c’è un gruppo che ha più motivi di tutti per festeggiare, questo è costituito dagli ebrei: non la libertà della democrazia, ma la libertà di esistere come esseri umani. Perché era una piccola testuggine di dignità e silenzio rispetto alle bestie che sbavavano e insultavano ai suoi lati. Perché era un’oasi di civiltà e di Occidente rispetto a un fiume di retorica novecentesca sempre uguale, ancora incapace di una matura riflessione su se stessa. Nessun ringraziamento agli amerikani, nessun atto di contrizione per un Paese che ha visto 40 milioni di fascisti e di antifascisti nel giro di un paio di anni, nessuna memoria per le vittime innocenti di una guerra civile che ha prodotto anche tanta ingiustizia (come è normale e umano che sia), nessuna diversificazione fra i partigiani che combattevano per un’altra dittatura e quelli (la maggior parte) che combattevano per la sola libertà. Chissà se mai ci arriveremo un giorno.
Di sicuro molti media sono arrivati a riconoscere la prepotenza che ogni anno si scaglia contro la Brigata Ebraica. I volontari del PD che organizzavano il corteo hanno provveduto a circondare di precauzioni la brigata per evitare scontri. Il candidato sindaco di Milano del centrodestra, Stefano Parisi, ha marciato per tutta la manifestazione con loro. Giuseppe Sala, candidato del centrosinistra, è passato a salutare all’inizio e alla fine. Tutti i telegiornali e giornali hanno parlato degli insulti ricevuti dagli antisionisti comunisti, in quell’orrendo tripudio di bandiere della Palestina mischiate a Falci e Martelli. Eppure quando ho chiesto al consigliere Matteo Forte o ad altri amici in marcia se tutti gli anni fosse stato così la risposta era sempre la stessa: “Gli anni passati era molto peggio. Un insulto continuo, fischi e attacchi da chiunque vedesse la bandiera di Israele”. Praticamente hanno scoperto la violenza contro gli ebrei (nascosta sempre dall’odio per Israele) nell’anno in cui la violenza è stata meno del solito. Non male. Ma è già qualcosa di cui sorridere.
Perché per la prima volta a essere isolati sono stati gli altri: i fascisti rossi, gli odiatori, i nemici dell’Occidente, le bestie bavose. Perché il partito di maggioranza e la parte civile del centrodestra milanese stavano con loro, con la forza del silenzio e della dignità. Forse è davvero cambiato qualcosa nel Paese, e fra i tanti risvolti del caos politico degli ultimi anni c’è anche qualche frutto positivo.
Un’ultima nota dolceamara. Ho apprezzato il comportamento del PD milanese, ma il centrodestra (ammesso che ne esisterà uno anche dopo le amministrative) ha una sfida culturale da affrontare, contro la destra e in parte contro il PD stesso. C’è una gran parte di destraccia troglodita (vedi anche le ultime salvinate) che non ha mai saputo affrontare il 25 aprile: alla cultura rossa non ha nessuna propria cultura da opporre. Nessun valore, figurarsi poi di libertà: solo le sempre più imbarazzanti formuline “BUONISTI/ IPOCRITI/ FIGLI DI PAPA’/ EUROPA CHE CI AFFAMA” da dare in pasto ai suoi analfabeti funzionali. E lo sappiamo. Ma poi c’è una fiammella di centrodestra, almeno a Milano, su cui invece sappiamo ancora poco. Un centrodestra liberale, democratico, riformista, occidentale, garbato, colto: quello che aveva molto da dire anche l’altro ieri, proprio nella Brigata Ebraica. Non potrà mai avere il successo di massa del salvinismo, ma deve provare ad ottenere la leadership del centrodestra, dettandone in gran parte la base programmatica. Come forse sta accadendo a Milano.
Ma qual è la sfida al PD? Non essere più trattati da “ospiti” in occasioni come il 25 aprile. Mi ha fatto sorridere e ho apprezzato quando la De Cesaris (ex vicesindaco di Pisapia) salutando Parisi gli abbia detto “Benvenuto!” e lui ha risposto sorridendo “Benvenuta tu”. Mi hanno infastidito le domande dei giornalisti e gli articoli dell’Unità volti a sottolineare come “i volontari del PD abbiano protetto anche Parisi e permesso alla Brigata Ebraica di manifestare”. A parte che nella Brigata c’era anche molta gente di sinistra, ben ha fatto Parisi a rispondere “Non c’è nessun bisogno di protezione, questa non è la casa del PD: è la casa di tutti”. È veramente mafiosa la mentalità per cui dovremmo ringraziare la sinistra per averci concesso la libertà di manifestare in un appuntamento che dovrebbe essere aperto a tutti. Ma Parisi dovrà dimostrare che davvero il centrodestra non è fuori luogo in un contesto democratico e antifascista. Che davvero anche il centrodestra ha una propria cultura di libertà da portare in quella piazza, per arricchirla visibilmente. E, guardando ai suoi alleati, direi che c’è molto da lavorare.
2 comments
Immagino che sappia di avere scelto d’essere minoranza, bravo!
Un articolo ottimo, anzi straordinario, per il ventenne Stefano. Si vede che non è nato in un nido di vipere ma tra gente colta ed equilibrata. Essere minoranza è una grande fatica, un impegno smisurato, ma occorre difendere la libertà, anzitutto occorre difendere la verità. Salvini è un autentico troglodita. Ma la sinistra – escluse eccezioni, ed io mi sento tale – è un marchio allucinato, dove le parole d’ordine subìte e mai contraddette hanno portato a un nuovo, potenziale, fascismo.