Non preferire niente. Non adunarti con quelli che la pensano come te, migliaia di no isolati sono
più efficaci di milioni di no in gruppo. Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato,
strumentalizzato. Alle urne metti la tua scheda bianca sulla quale avrai scritto: No. Sarà un
modo segreto di contarci. Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì. I quali si
chiederanno che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo.
Ennio Flaiano – Filosofia del rifiuto (da “diario degli errori”)
L’accordo tra +Europa/Azione e il Partito Democratico mi dà l’occasione di elaborare su un tema su cui mi sono interrogato diverse volte al momento di esprimere il voto. Tale accordo sembra essere una ottima trovata per Calenda e soci, in virtù del meccanismo di funzionamento della legge elettorale, in cui i collegi uninominali (che, de facto, svolgono la funzione di una sorta di premio di maggioranza, seppur a livello “locale”) giocano un ruolo
abbastanza di peso nella composizione del parlamento. Coalizzandosi col PD, +E/A sembrerebbe aver ottenuto una quota di collegi (il 30%) decisamente ampia, che presumibilmente gli consentirà di avere più eletti nelle nuove camere, a meno di catastrofi elettorali. Quindi, in una prospettiva meramente numerica, la scelta risulta quasi ineccepibile: si guadagnano presumibilmente alcuni parlamentari grazie agli uninominali, mentre i sondaggi sembrano non prevedere una perdita di elettori nonostante l’alleanza col PD.
Ma è proprio questo il punto su cui vorrei riflettere. Non sono mai stato particolarmente legato alla figura di Carlo Calenda che, proprio su queste pagine avevo definito un criptopopulista (epiteto che ancora oggi non mi sento di ritrattare), e le varie vicende accadute in seno a +Europa mi hanno generato un profondo senso di delusione verso un partito in cui avevo molto creduto. Tuttavia, vedevo in questo soggetto unitario la possibilità di fungere da aggregatore per iniziare un terzo polo in Italia che porti avanti dei valori (ovvero quelli di Renew Europe) che sono forse abbastanza sentiti in certe fasce della popolazione italiana, ma mancano di una rappresentanza unitaria in parlamento. Del resto, tutti i soggetti che negli ultimi anni hanno provato a costruire tale polo, si sono infranti contro la soglia di sbarramento. E anzi, se +E è riuscita ad eleggere qualche parlamentare alla scorsa tornata è proprio grazie alla alleanza col PD che ha permesso di avere dei candidati vincenti agli uninominali (a cui si aggiunge un eletto nella circoscrizione estera). Per cui, mi si dirà, ben venga questa alleanza se porta ad avere più eletti.
Tuttavia, da una alleanza ci si aspetterebbe un qualcosa di più di una mera ottimizzazione del numero di eletti. In una democrazia rappresentativa si presuppone che il parlamento rispecchi in una qualche misura le opinioni dei votanti e che i suoi membri siano in grado di portare avanti le istanze degli elettori. Invece nel centrosinistra che va formandosi, mi sembra che la retorica dominante sia quella della alternativa alla destra: “se non state con noi” si dice “allora fate un regalo a Meloni”. Per cui abbondano gli appelli all’unità contro questo mostro informe che rischia di dominare il paese, e che anzi rischia di poter cambiare da solo la costituzione. Per cui, anche a questa tornata, si invita al voto utile contro il centrodestra.
Chi scrive non ha la minima stima di Meloni o Salvini e non nutre alcuna speranza che FI possa limitare la deriva populista dei suoi compagni di coalizione (essendone in primo luogo un partito ontologicamente populista, come Berlusconi ci ricorda grazie alle sue ultime uscite). Tuttavia, una coalizione costruita sull’opposizione ad un nemico, non può avere lunga vita (come ci insegnano le varie esperienze degli anni ‘90 e ‘00 nate nel nome dell’anti-berlusconismo) e soprattutto non può portare avanti un programma coerente nel caso salisse al governo. E entrare in una coalizione con quel dichiarato intento significa inevitabilmente dover scendere a compromessi (come è giusto che sia) per raggiungere qualche minima intesa che giustifichi l’appartenenza ad un soggetto comune. Ma il fatto che ciò avvenga prima delle elezioni, e non dopo come sarebbe più naturale, non può che minare la fiducia degli elettori, soprattutto quando un partito che si presenta come nuovo (almeno nelle proposte, essendo a guardar bene stracolmo di vecchie figure della prima e della seconda repubblica [inclusi gli ex FI che si sono recentemente uniti ad azione]) si trova a condividere il campo con un partito che è stato protagonista delle tristi vicende politiche degli ultimi trent’anni.
Spostando la discussione su un piano ancora più generale, ritengo che tutte questi appelli al voto utile e gli inviti ad accettare il meno peggio a discapito di ogni richiesta identitaria (più o meno legittima) che un elettore vorrebbe richiedere, giochino e abbiano giocato un ruolo fondamentale nel disegnare questa situazione politica disperata. Se gli elettori continueranno a non punire elettoralmente queste condotte, non potranno mai votare davvero per quello che vogliono. Chi, anche in buona fede, vota PD pur non approvando la sua politica economica, perché ritiene di trovare sui diritti civili (e ora, anche sulla questione Ucraina) una certa affinità, è sicuro di aver contribuito ad avanzamenti sostanziali di questi grazie al suo voto cosiddetto utile? Dove sono la cannabis legale, i diritti del fine vita, il matrimonio egualitario (le unioni civili sono state ottenute, è vero, ma proprio dal tanto osteggiato Renzi)? Capisco il pragmatismo come metodo di condotta, soprattutto se opposto a un idealismo inconcludente, ma non vedo (proprio nei fatti) i segni che identifichino il PD (e chi gli orbita intorno) con questo progressismo che dovrebbe rappresentare. Ma del resto, perché mai un partito dovrebbe esporsi su questi come su molti altri temi (che sono comunque controversi per una parte dell’elettorato, per quanto minoritaria) quando le persone che supportano queste battaglie continuano a votarlo anche in mancanza di risultati su quei temi?
Per questo ritengo che sia opportuno votare chi almeno sulla carta, ha possibilità di rappresentare certe istanze (quali che siano) forte di una propria indipendenza. Forse, questo voto inutile non porterà ad un risultato elettorale, ma non sarà certamente sprecato per supportare un meno peggio che continuerà la discesa in cui l’Italia si è imbarcata anni fa: forse la percorrerà più lentamente dell’alternativa, ma non si prospetta alcuna inversione di rotta. Questa apologia del voto inutile non vuole essere un mero virtuosismo dialettico, ma un sincero invito a non proseguire sulla stessa strada di compromessi al ribasso e di alleanze inefficaci e inefficienti. Per chi ancora crede nella democrazia (incluse tutte le sue storture) ritengo che sia giunto il momento di usare lo strumento del voto in base un principio di rappresentanza più autentico di questo incerto supporto ad un polo anonimo e acefalo, per far vedere che una minoranza riformista, progressista, liberale (o qualsiasi termine vogliate usare) ma soprattutto immoderata esiste ed è in grado di radunarsi attorno ad un programma qualora gli venisse proposto, per quanto parziale, per quanto imperfetto.
Ma, ne sono convinto, è solo con questo voto inutile che si potranno cambiare le cose.
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1 comment
è già saltato tutto :D
Meglio, direi, perché ci saran Calenda e Renzi come uniche cose sensate. Peccato che non prenderanno voti – ma, per me che sogno LA FINE DELL’ITAGLIA, è ok così!!