“Non ho parole. Cosa bisogna fare per finire in galera in Italia? Mi vergogno di chi permette che in questo Paese arriva il primo delinquente dall’estero e disubbidisce alle leggi e mette a rischio la vita dei militari che fanno il loro lavoro. Se stasera una pattuglia intima l’alt su una strada italiana chiunque è tenuto a tirare diritto e speronare un’auto della polizia. Pessimo segnale signor giudice.”
Non l’ha detto un quivis de populo al bar dopo la seconda Tennent’s, ma il Ministro degli Interni, il quale, evidentemente, o non ha avuto modo di leggere la decisione del GIP oppure – molto più verosimilmente – è in malafede. Infatti, in base a quanto si apprende dalle notizie di cronaca, il Giudice, oltre ad escludere che Carola abbia commesso il delitto di resistenza e violenza a nave da guerra (di cui all’articolo 1100 del Codice della Navigazione) ha ritenuto di non poterle addebitare nemmeno il reato di resistenza a pubblico ufficiale (di cui all’articolo 337 del Codice Penale), in quanto ha riconosciuto che il Capitano della Sea Watch III ha commesso il fatto per adempiere ad un dovere imposto da una norma giuridica. Per i più duri di comprendonio, il GIP non ha mai lasciato intendere che chiunque è libero di forzare un posto di blocco della polizia e di speronare la macchina, ma si è limitato ad applicare la scriminante prevista dall’articolo 51 del Codice Penale, secondo cui “l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità esclude la punibilità“. Il nostro Codice Penale, quindi, è talmente mitico che – alla sua maniera – tutela le moderne Antigoni che infrangono le leggi di Creonte per obbedire a norme superiori.
Ad ogni modo, il magistrato non ha detto che resistere ad un pubblico ufficiale è giusto, ma ha dichiarato che è lecito farlo per rispettare un obbligo imposto dalla legge. Potrà non piacere a molti, l’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso obbligo degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Non lo dico io, non lo dice certa magistratura di sinistra, non ce lo chiede l’Europa matrigna, ma lo prevede la Costituzione quando stabilisce – in base agli articoli 10, 11 e 117 – che il diritto internazionale e le Convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese non possono essere derogati da scelte discrezionali dell’autorità politica, nemmeno quelle del capitano (uso la minuscola di proposito per distinguerlo dal Capitano Rackete).
Il ragionamento del GIP, in verità, è molto semplice e lineare, tanto da poter essere compreso anche dopo la seconda Tennent’s:
- la nave della Guardia di Finanza non è una nave da guerra, quindi non è possibile che Carola abbia opposto resistenza o violenza a una nave da guerra;
- Carola ha effettivamente opposto resistenza a dei pubblici ufficiali, ma lo ha fatto per adempiere ad un dovere imposto dal diritto internazionale e, pertanto, non è punibile.
Peraltro, per fugare ogni dubbio, il Giudice ha voluto precisare che la Libia e la Tunisia non costituiscono porti sicuri e che, di conseguenza, il Capitano non avrebbe potuto adempiere all’obbligo di salvataggio portando i migranti in uno di quei due Paesi.
Devo dire che trovo molto suggestive, leggendo i commenti dei naviganti del web mentre naufragano nella schiuma della loro rabbia, le mal formulate invettive contro i giudici che “non fanno rispettare la legge”, chiedendo in certi casi, addirittura, che vengano destituiti o rimossi. La verità è che la legge applicata dai magistrati non piace ai naufraghi del Mar dell’Odio. E pensare che sono gli stessi che amano riempirsi la bocca di espressioni del tipo “se non ti piacciono le nostre leggi tornatene al tuo Paese”!
Da ultimo, a chi mi chiede se tutto questo voglia dire che è giusto accoglierli tutti, rispondo che le migrazioni dei popoli sono fenomeni complessi, che richiedono risposte articolate e condivise a livello sovranazionale e che non si risolvono disertando le 22 riunione per rinegoziare il regolamento di Dublino.
Alla salute, Capitano!