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Diritti civiliSpeaker's Corner

L’aborto non è un dogma

rocella aborto

Qualche giorno fa al Salone del Libro di Torino la ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Eugenia Roccella è stata contestata duramente da alcune associazioni (ad esempio l’associazione femminista Non Una di Meno) nel corso della presentazione di un suo libro, al punto da spingerla ad andarsene prima della fine del suo discorso. I motivi che hanno mobilitato le associazioni contro Roccella sono presto detti: la ministra ha più volte espresso posizioni fortemente anti-abortiste e critiche verso l’autodeterminazione della donna, definendo l’aborto un “purtroppo diritto della donna” (corsivo mio). Con tutta probabilità la ministra non era al Salone del libro per fare propaganda pro-vita, dato che il libro pubblicato era incentrato sulla storia del padre (politico radicale peraltro favorevole all’aborto) ma non lo sapremo mai perché l’evento è stato per l’appunto interrotto.

L’accaduto ha avuto ampia eco mediatica e ha suscitato un acceso dibattito pubblico sulla liceità o meno della contestazione della quale la ministra è stata “vittima”. Personalmente vorrei evitare pronunciamenti in merito anche per non rinforzare il vittimismo sbandierato dall’attuale governo ad ogni occasione di dissenso manifesto, e affrontare solo un aspetto filosofico della vicenda, che ruota intorno al problema: dove si situa il limite di una contestazione? Impedire a qualcuno (chiunque esso sia) di parlare ed esprimere il proprio punto di vista è lecito in talune occasioni?

Popper e l’introlleranza

Una risposta a questa domanda viene spesso trovata nel noto paradosso della tolleranza del filosofo austriaco Karl Popper (1902-1994), contenuto ne La società aperta e i suoi nemici, testo di filosofia politica pubblicato in due volumi nel 1945. Il paradosso enuncia l’idea che sembra assurdo che una società tollerante tolleri gli intolleranti perché, così facendo, dà loro l’occasione per reprimere le idee o i comportamenti che considerano non tollerabili. Chi cita il paradosso si dimentica spesso di riportare il passo esatto in cui viene enunciato, laddove Popper ci tiene a specificare che “in questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni” aggiungendo comunque che qualora il gruppo di intolleranti dovesse essere totalmente sordo all’argomentazione razionale o al pubblico dibattito “noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti”.

All’epoca della composizione dell’opera la mente di Popper e dei suoi lettori non poteva che andare ai totalitarismi che avevano afflitto l’Europa, conducendola verso una disfattistica guerra mondiale dopo essere passati per la soppressione di diritti e libertà fondamentali. Ma non c’è dubbio che si possa applicare il medesimo ragionamento anche su gruppi che non detengono il potere, minoranze organizzate, sette religiose o altro.

Un’argomentazione molto diffusa in area progressista, tra gli attivisti o tra i semplici cittadini, portata a difesa delle modalità in cui si è svolta la contestazione, ha fatto appello a una versione più o meno esplicita del paradosso di Popper: le opinioni espresse da Roccella sono anti-democratiche e intolleranti e non è possibile quindi discuterne: il rischio per la tenuta dello stato di diritto è troppo grande per permettere a chi può esprimerle di esercitare il suo diritto di parola.

La domanda è allora: ma davvero le posizioni pro-vita anti-abortiste sono da ritenere intrinsecamente “intolleranti”?

Aborto e vita

Roccella ha partecipato più volte ai famigerati Family Day. Tali manifestazioni sono sostenute da movimenti come il Movimento per la Vita o Comunione e Liberazione, che hanno una idea molto chiara di cosa intendono per aborto. Per questi movimenti l’aborto è un omicidio e come tale va trattato, vale a dire andrebbe proibito per legge. Questo perché il feto, e finanche l’embrione, è per loro una Persona.

La definizione di “persona” ha sia una dimensione giuridica che una puramente etica e in questo secondo caso non può essere stabilita una volta per tutte da un tribunale o da un’organizzazione terza; va inoltre – com’è ovvio – tenuta distinta dal concetto di “vita biologica” (tecnicamente anche il rinovirus è vita biologica, nondimento non sembra essere moralmente illecito “ammazzarlo” curandoci il raffreddore). Molti bioeticisti allargherebbero il concetto di persona anche agli animali: ad esempio Peter Singer fa notare in Animal Liberation che cani e maiali sono più senzienti di un bambino anencefalico e andrebbero quindi tutelati maggiormente, in questo caso, di un membro della nostra specie; c’è quindi in questo caso sia un allargamento che una restrizione, poiché il filosofo sta escludendo dalla categoria di persone i bambini anencefalici. Cosa sia o meno una persona è insomma oggetto di dibattito etico. L’aborto è uno dei casi che presenta maggiori ambiguità ovviamente, perché costringe a chiedersi dove e quando iniziare ad applicare l’appellativo di persona a un individuo.

Diritto alla vita contro diritto della donna?

Va da sé che ritenere che i feti siano persone spinge a considerare come prioritario il loro diritto alla vita rispetto all’autodeterminazione delle donne; questo perché in una società libera libertà e diritti non sono “illimitati” ma sono frutto di trade off, devono continuamente essere oggetto di negoziazioni etiche e limitazioni laddove contrastino tra loro. Ritenere che un diritto valga più di un altro non è di per sé intollerante, perché non implica sempre e solo vietare un comportamento a un gruppo di individui ma scegliere che il diritto violato da tale comportamento sia da difendere primariamente. In breve voler limitare l’autodeterminazione di qualcuno non è di per sé argomento sufficiente per affibbiare l’appellativo di “intollerante” o “anti-democratico” (se sia o meno argomento necessario rimanderei ad altra sede).

Dibattere, non contestare

Personalmente non ho mai trovato convincenti gli argomenti anti-abortisti, e in letteratura si trovano molti controesempi alle loro tesi principali. Ma il punto resta: non esiste una dimostrazione scientifica di cosa sia o meno una persona, questione che appartiene alla bioetica e all’etica pratica. Ergo non è possibile stabilire una volta per tutte che su questo specifico punto l’opinione di un anti-abortista non ha fondamento e tende a limitare inutilmente e ingiustificatamente i diritti di un individuo (in particolare di una donna). Per poter contrastare efficacemente una posizione come quella di Roccella è quindi necessario dibattere, argomentare razionalmente (anche col supporto di dati scientifici che, per quando non definitivi, possono avere un certo peso “filosofico”) e nel caso in cui non si raggiunga un accordo contrastare attivamente.

Ritenere che un’opinione differente dalla nostra vada censurata perché intollerante, sulla base del paradosso di Popper, non mi sembra per questo motivo un atteggiamento democratico. Non che le opinioni di Roccella non abbiano occasione di esprimersi, ma nel momento in cui questo possa avvenire in un territorio franco, e non nella solita “bolla” della piazza tra bandiere e cartelloni amici, sarebbe auspicabile permettere che avvenga. O quantomeno nel momento in cui si impedisce di esprimerla evitare di argomentare ex post che fosse lecito farlo perché “non si può far altro con gli intolleranti”. Il tema dell’aborto, nello specifico, non è risolto in via definitiva dagli esperti in materia e, nonostante su molti punti si siano raggiunti dei compromessi teorici, probabilmente non lo sarà mai (esistono persino posizioni laiche contro l’aborto). A tal proposito rimando a testi riassuntivi, anche se ammetto essere tutti viziati dal mio bias ateo e pro-choice, come quelli di G. Fornero (Bioetica cattolica e bioetica laica) e Maurizio Mori (Aborto e morale). 

Sembreranno banalità quelle dette finora ma la mia impressione è che sia necessario ripeterle perché l’aborto è divenuto una specie di dogma per i movimenti progressisti, una posizione indiscutibile sia all’interno degli stessi movimenti che fuori. Di per sé ogni associazione che faccia riferimento a una ideologia è normale abbia dei dogmi, cioè dei valori non negoziabili (così come sono non negoziabili per la Chiesa certi altri valori), ma ci deve essere consapevolezza che tali sono e non si può pretendere che non se ne possa dibattere e che ogni posizione avversa sia da censurare preventivamente con la scusa dell’avvento di un futuro orwelliano (fallacia dalla china pericolosa) o della natura oggettivamente scorretta e infondata dell’opinione “intollerante” (cosa che abbiamo visto non essere vera). Questa deriva è probabilmente ascrivibile alla polarizzazione ormai inarrestabile del dibattito pubblico, ma il pericolo sta proprio nel fatto che polarizzarsi e ritenersi nel giusto “oggettivamente” porta a episodi di forte intolleranza i quali, lungi dal preservare la tenuta delle società democratiche, finiscono per minarne i valori alla base, e scardinarne alcune principi come la libertà di espressione e la risoluzione pacifica e razionale delle controversie.

Una piccola proposta: il continuo emergere di situazioni simili dovrebbe far riflettere forse sull’uso dell’argomento di Popper e sul concetto stesso di “opinione intollerante”. Con tutta probabilità l’enorme ampliamento dei diritti individuali che ha visto la società occidentale ha allargato anche lo spettro di ciò che riteniamo “intollerante” e l’accrescersi ulteriore dei valori irrinunciabili è perciò direttamente proporzionale a ciò che riteniamo debba essere censurato o a cui non debba essere dato spazio di libera circolazione. Forse è il caso di rivedere questi concetti fondamentali, se non il paradosso stesso, e evitare di far coincidere necessariamente il progressismo (meglio: l’insieme dei valori progressisti di un determinato periodo storico) con la democrazia, dato che sinonimi non sono.

3 comments

dario greggio 04/06/2023 at 19:21

“introlleranza” :)

ps tutti pugliesi qua? :D

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chris 26/06/2023 at 18:47

scrive su un “giornale” che si chiama”immoderati” e procede a dire la cosa più moderata possibile

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Bleah 27/06/2023 at 17:50

Forse era meglio se ti limitavi a parlare di “Algebraic Logic, Quantum Logic e Categorical Ontology”, ci facevi più bella figura

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