Operazione Weserübung: dalla sera alla mattina il Terzo Reich si espanse ufficialmente e prepotentemente nel Nord Europa: molti osservatori del tempo dissero che era destino, dal momento che la ricerca di Lebensraum (lo “spazio vitale”, il pretesto ufficiale del pre e post-Blitzkrieg) aveva già portato i suoi frutti – con l’appeasement di Gran Bretagna e Francia – in Renania, Austria, territorio dei Sudeti, Boemia e Moravia, nonché poi Polonia. Il 9 aprile di settantacinque anni fa la Germania nazista volgeva lo sguardo anche verso la Scandinavia.
Colse tutti di sorpresa: prima la Danimarca, poi la Norvegia. Attaccate in un solo giorno. Il piano di conquista era noto come “operazione Weserübung”, ideato da Alfred Rosemberg (uno dei massimi ideologi del Nazionalsocialismo, responsabile degli Esteri del NSDAP, quindi Ministro per il Territori Occupati dell’Est dal 1941) e messo in pratica dal generale Nikolaus von Falkenhorst. Un’operazione studiata a tavolino dai migliori strateghi nazisti, che in una giornata, aggiunsero diverse migliaia di chilometri quadrati di terreno all’impero della svastica.
L’invasione certo, ma poi il consolidamento del potere: in altri termini, la politica di integrazione nel territorio occupato. Integrare il pensiero dell’occupante nella testa dei sottomessi locali era vitale per la dittatura nazista.
L’indottrinamento avvenne sin da subito, sia in Danimarca che in Norvegia — i rispettivi popoli, occorre dirlo, erano d’altra parte in larghissima maggioranza refrattari e non simpatizzanti nei confronti dei nazisti. Punto primo: nell’ottica nazista bisognava occupare il territorio e assicurare uno stretto controllo militare dello stesso; punto secondo: creare una figura ad hoc che supervisionasse – e possibilmente conoscesse – la terra invasa (egli doveva essere gli occhi, le orecchie e la bocca del Führer nel “protettorato”); punto terzo: la soppressione degli indesiderati (la politica antiebraica).
Firmata la capitolazione imposta dal Ministro degli Esteri Joachim von Ribbentrop, Re Cristiano X di Danimarca aveva assicurato il quasi non-spargimento di sangue danese sull’altare della folle e massiccia espansione tedesca. Iniziò quindi l’occupazione della Danimarca, del tutto impreparata a fronteggiare la macchina da guerra nazista che, ovunque giungesse, imponeva la sua Judenpolitik, nonostante di ebrei ce ne fossero relativamente pochi nell’Europa del Nord. La quasi totalità degli ebrei danesi è sopravvissuta: molti si sono rifugiati in Svezia, mentre altri rimasero nascosti. Si trattava di poche migliaia a principio, vero, ma Copenaghen è rimasta in controtendenza rispetto agli altri paesi europei, che i vagoni verso Auschwitz e Bergen Belsen li riempivano come si riempiono i carri di bestiame (tremendi furono i casi di Ungheria e Romania). È dal Seicento che gli ebrei erano in Danimarca: agli inizi del diciannovesimo secolo vennero “parificati” a tutti gli altri cittadini; rispettati nella comunità multietnica come quella danese.
Re Cristiano restò nella capitale del suo regno: non andò a Londra come avevano fatto molti leader del tempo in esilio (tra cui Edvard Beneš, capo del governo della mutilata Cecoslovacchia e successivamente Guglielmina dei Paesi Bassi); oppose resistenza, per quanto fosse possibile, al nemico che da Sud, tra l’altro, faceva pressioni per una diretta annessione del paese proprio a partire dal contesissimo Schleswig-Holstein. Il figlio di Federico VIII ha guidato il suo popolo come fanno i migliori Re: con l’esempio e la vicinanza al suo popolo nei momenti di crisi. È per piccoli – ma significativi – gesti che Cristiano X sarebbe stato ricordato ben oltre la sua morte, avvenuta nel 1947. Con i militari della Wermacht nelle piazze di Copenaghen, il Re era solito girare per il centro città a cavallo senza scorta. Il popolo danese era la sua difesa: e ciò gli conferì un’immensa popolarità e l’autorevolezza più ferma nei confronti del nemico.
Ben diversa era la situazione in Norvegia: sempre il 9 aprile 1940 la Wermacht si diresse verso Oslo, dove – con un colpo di stato – il capo del partito nazionalsocialista Nasjonal Samling, Vidkun Quisling (già Ministro della Difesa, era entrato in contatto con Rosenberg), si autoproclamava Primo Ministro. Egli spronò dunque il popolo norvegese attraverso un annuncio radiofonico: arrendersi ai nazisti.
Fu un tradimento patriottico di dimensioni storiche tanto è vero che nel linguaggio corrente essere un “quisling” (lettera minuscola) vuol dire essere un traditore, un collaborazionista.
Nelle ore dell’invasione della Norvegia, il Führer in persona aveva chiesto la resa al governo democratico di Oslo con tredici punti: cosa che venne rifiutata.
L’Esecutivo, parte del Parlamento e la famiglia reale non avevano altra scelta che lasciare la capitale. Anche Re Haakon VII, fratello di Cristiano X, dovette espatriare, per oltre un quinquennio, fino alla fine della guerra, quando sarebbe tornato nel paese come un eroe. Sebbene Quisling ammirasse il governo di Berlino – il suo partito era nato pochi mesi dopo la presa del potere dei nazisti in Germania nel 1933 – il Führer stesso non si fidava troppo del fanatico tirapiedi del Nord. E di fatti, il 25 settembre 1940 avrebbe fatto insediare ufficialmente Josef Terboven, Reichskommissar che per tutto il corso dell’occupazione supervisionò lo Stato fantoccio del Reich; Terboven che tra l’altro incontrò ad Oslo un anziano Edvard Munch, ma il contenuto della loro conversazione, nonché il motivo della visita dell’ex Gauleiter di Essen, non sono noti.
L’invasione della Norvegia – che registrò un massimo di quattrocentomila soldati tedeschi sul suo territorio durante l’occupazione – fu rapida e feroce: colse di sorpresa tutti. Alle quattro del mattino del 9 aprile 1940 le forze armate norvegesi riuscirono ad affondare il Blücher, importante pezzo della marina tedesca a Oscarsborg; cosa che rallentò l’avanzata tedesca, consentendo ai reali di evacuare prima ad Elverum, dunque in Regno Unito, dopo che Re Haakon si rifiutò di appuntare Quisling a capo del governo, come chiesto dai nazisti. Dopo una resistenza dignitosa, Oslo, nel vicolo cieco della baia norvegese, venne presa. Altro che Blitzkrieg: nello stupore dei gerarchi e dei generali nazisti che organizzarono l’estensione del Lebensraum verso Nord, la cattura della Norvegia impiegò oltre sessanta giorni. La topografia norvegese non era molto idonea ai tank teutonici, anche se la Luftwaffe ebbe quasi subito la meglio sulle forze di Oslo. Cominciava una delle più lunghe occupazioni naziste di tutta Europa.
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bello